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sabato 8 luglio 2017

Reportage - Somalia, una fame da morire

Il Manifesto
Africa. La siccità peggiore dal 1950: carcasse di mucche lungo le strade, padri che seppelliscono i figli uccisi dalla carestia. Come Hamdi: a sei mesi, pesava come un neonato. Il reportage vincitore del Premio Luchetta 2017

Quest’anno in Somalia le piogge stagionali, sulle quali erano riposte le speranze della popolazione, sono iniziate con due settimane di ritardo. E sono state decisamente inferiori alla media.

INTRAPPOLATA NELLA MORSA di una siccità senza precedenti per estensione e persistenza, la Somalia è sull’orlo del baratro. I dati più recenti attestano che almeno metà della popolazione somala, 6 milioni di persone, necessita di assistenza umanitaria e che sono oggi oltre 185mila i bambini somali gravemente malnutriti, in pericolo di vita.

Carestia non significa solo fame, ma anche malattie e colera. Il numero di bambini a rischio di grave malnutrizione è destinato ad aumentare. Ma anche i casi sempre più numerosi di morbillo e colera pesano sull’allarmante picco di decessi infantili.

L’unica prospettiva è quella degli aiuti umanitari da parte dell’Onu e di altre organizzazioni: ma il loro spazio di intervento è ostacolato da questioni di sicurezza.

GLI ATTACCHI DI AL-SHABAAB hanno colpito l’intero paese, impedendo alle organizzazioni di svolgere il loro lavoro in modo efficace. Per questo a fine 2017, in Somalia, conteremo oltre un milione e 400mila bambini malnutriti, a rischio di vita.

Storie di bimbi sfollati che hanno seguito le loro famiglie, migrate prima per la guerra e poi sotto il peso della carestia. Storie come quella di Hamdi, che vorrei adesso raccontarvi.

In un ospedale somalo dove dozzine di neonati vengono portati per trattamenti d’urgenza, a Garowe, la bambina pelle e ossa giaceva apatica fra le braccia di sua madre Ayaan.

Aveva sei mesi ma pesava meno di 8 libbre, la media di un neonato in Gran Bretagna. Volgeva lentamente la testa verso di me, era coperta da chiazze bianche, la sua bocca era arrossata e piena di piaghe, gli occhi incollati e doloranti.

HAMDI ERA COSÌ AFFAMATA che il suo sistema immunitario aveva smesso di funzionare, rendendola vulnerabile alle infezioni. Sembrava sul punto di morire.

«La bimba è così malnutrita che il suo sistema immunitario davvero non risponde più – spiegava il medico, Said Hamed – Soffre in questo modo da mesi e non riesce più a mangiare. Ma sua madre non la può più allattare: anche lei è troppo malnutrita per farlo».

Dopo tre anni senza piogge, la più lunga siccità registrata dal 1950, la Somalia è schiacciata dall’emergenza. La morte corre sulle aride pianure del corno d’Africa, già duramente colpito, accanendosi sui bambini, uno dopo l’altro.
Hamdi è soltanto una dei venti milioni di persone colpite da una carestia senza precedenti che coinvolge quattro paesi: Somalia, Sud Sudan, Nigeria e Yemen.

IN SOMALIA LA SICCITÀ ha ridotto del 60% il bestiame, una risorsa fondamentale per le famiglie. Gli ultimi sondaggi denunciano dati agghiaccianti: 363mila bambini soffrono di malnutrizione e ben 71mila risultano gravi come Hamdi.

Senza bestiame o capre da barattare per un pugno di riso o farina, famiglie somale come quella di Hamdi, che vivono nel deserto roccioso di sabbia rossa, non hanno più nulla.

VAGANO PER LA LORO TERRA arida senza nessuna speranza di aiuto. La situazione è così drammatica che quando una breve pioggia è caduta su una regione costiera, nel dicembre dello scorso anno, ben 30mila nomadi si sono spostati in quella zona nella speranza di salvare il loro gregge, lasciando le mogli e i figli da soli negli accampamenti.

Non tutti, però: in una conigliera fatta di ferro ondulato nei dintorni di Garowe ho incontrato Nour Jees, 43 anni, il padre di Asluub: un uomo disperato, sua figlia non aveva nemmeno tre settimane di vita quando è rimasta uccisa da una diarrea acutissima.

AVEVA BEVUTO ACQUA contaminata dopo la lunga siccità. Nour Jees mi ha portato sulla sua tomba, un cumulo di pietre sopra un piccolo buco nella sabbia. Un pezzo di terra riservato ai bambini morti dove ho contato più di 100 tombe, 28 scavate solo nell’ultimo mese.

Nell’arida terra del Puntland, dove fino a poco tempo fa spadroneggiavano i pirati somali, il segno della siccità è visibile ovunque. Carcasse di mucche e capre stazionano in decomposizione lungo le strade, coperte da nuvole di mosche. Non c’è vegetazione, tranne pochi cespugli spinosi di acacia.

Nulla cresce nell’implacabile cocente calore desertico. Il nostro veicolo lascia dietro di sé una nube si polvere mentre ci dirigiamo verso il campo lontano di Uskure.

Dopo decenni di sommosse, ancora una catastrofe nell’arida Somalia: ancora si combatte contro la natura e le prime vittime sono i bambini indifesi come Hamdi.

Il suo pianto era così flebile che non si riusciva neanche a sentire fra i lamenti dei bambini disperati nella corsia dell’ospedale. Guardandola, così malata e sofferente, riuscivo quasi a vedere la sua vita che le stava scivolando via sotto i miei occhi.

HAMDI HA LOTTATO contro la fame da primo giorno in cui ha visto la luce, è il peggior caso di malnutrizione che io abbia mai visto. Rientrato in Gran Bretagna dopo una settimana ho ricevuto la notizia della sua morte ed è stato uno choc terribile. I medici avevano fatto l’impossibile per salvarla ma le sue condizioni erano disperate.

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