Ginevra - “Urge difendere la democrazia e i diritti umani nelle Filippine: la ‘guerra contro la droga’ del presidente Duterte ha generato migliaia di assassini extragiudiziali, impunità e segni incombenti di ascesa dell'autoritarismo”: lo afferma un forum di organizzazioni della società civile filippina, riunite sotto la piattaforma “Ugnayan Bayan” che, in questi giorni, in concomitanza con la 36a sessione del Consiglio per i diritti umani all'Onu, ha organizzato un presidio e una manifestazione davanti al quartier generale della Nazioni Unite a Ginevra.
Come appreso da Fides, contemporaneamente migliaia di fedeli hanno partecipato a Manila a una solenne concelebrazione eucaristica nella chiesa di St. Agustin e hanno poi indetto un corteo di pacifica protesta al Luneta Park (nel centro di Manila) per esprimere ferma opposizione alla “politica degli omicidi” promossa dal Presidente Rodrigo Duterte nella “guerra contro la droga”, rifiutando nel contempo ogni tentativo di imporre la legge marziale nel paese.
Del forum fanno parte diversi religiosi cattolici, impegnati per la difesa della vita, tra i quali il gesuita Albert Alejo, che spiega a Fides: “Le esecuzioni extragiudiziali sono il segno distintivo della guerra alla droga dell'amministrazione di Duterte. I morti, dal giugno 2016, sono almeno 12.000, inclusi 54 minori. Il problema della diffusione della droga è più che un problema criminale. È anche un problema di salute pubblica ed è frutto anche della povertà”.
La piattaforma della società civile filippina, condivisa da molte associazioni cristiane, chiede allora “di porre fine al'impunità: domandiamo indagini imparziali sulle uccisioni ed il perseguimento dei killer, garantendo così lo stato di diritto”.
“Il presidente Duterte – recita il comunicato inviato a Fides – dovrebbe essere considerato responsabile per le migliaia di esecuzioni. Il suo continuo incoraggiamento pubblico alla polizia perché si elimino quanti commettono reati di droga ha alimentato la spirale degli omicidi”.
Le comunità cattoliche nelle Filippine hanno deplorato con rabbia i ripetuti omicidi di alcuni adolescenti: tra loro Kian de los Santos 17enne cattolico, Carl Angelo Arnaiz (19 anni) e Reynaldo de Guzman (14 anni), uccisi mentre erano in custodia cautelare degli agenti.
Nel caso di Kian de los Santos, la polizia ha dichiarato che il ragazzo era un corriere della droga ucciso durante un raid anti-droga, ma la registrazione di una telecamera mostra che, ben prima di essere ucciso, era stato già arrestato e preso in custodia dalla polizia.
Le organizzazioni lanciano un allarme sulla difesa dei diritti umani nelle Filippine: “Il presidente spesso denigra i diritti umani come un ostacolo alla pace e allo sviluppo, minacciando gli attivisti per i diritti umani che criticano il suo governo”.
Per questo, affermano, “urge proteggere e rafforzare le nostre istituzioni democratiche”, condannando ogni forma di autoritarismo e il ritorno alla “legge marziale”, che ancora è in vigore sull’isola di Mindanao. (PA)
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