Sono almeno seimila le persone che vivono nei centri di detenzione in Libia. Ci sono 1 milione 300mila persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria, ha spiegato Roberto Mignone, rappresentante dell'Acnur in Libia. Ho perso tutto, non si può vivere in Libia, è diventato troppo pericoloso", ha detto ai soccorritori della nave "Aquarius" un giovane libico di 26 anni.
Anche i libici scappano dalla Libia. Non sono solo i migranti subsahariani a tentare di abbandonare il Paese nordafricano. Le condizioni di instabilità e di violenza spingono gli stessi cittadini libici a cercare Paesi più sicuri.
La nave della Ong Sos Mediterranée lunedì ha infatti tratto in salvo 20 naufraghi-tutti libici, fra loro anche quattro donne e due bambini da una piccola imbarcazione a 25 miglia dalla costa libica, a nord di Sabrata.
"L'imbarcazione è stata individuata via radar e binocolo - fanno sapere dalla organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca. Dopo aver telefonato ripetutamente senza ottenere risposta alla sala operativa della Guardia Costiera Libica, la coordinatrice dei soccorsi ha chiesto ed ottenuto dal Mrcc di Roma l'autorizzazione di trasportare nella clinica a bordo della nave Aquarius un bambino con difficoltà respiratorie e alcune persone che presentavano segni di disidratazione. Poi tutti i passeggeri a bordo della imbarcazione in difficoltà sono stati trasferiti a bordo della nave".
Sono tutti libici in fuga. "In Libia non c'è più lavoro e si rischia di continuo di essere aggrediti", ha detto ai soccorritori un giovane libico di 26 anni. Una giovane coppia di studenti ha raccontato di essere stata costretta a fuggire dalla Libia a causa del generalizzato clima di violenza. "Il mondo deve sapere cosa sta succedendo in Libia, la situazione è drammatica. Le persone rischiano di essere uccise per niente e, se non succederà qualcosa, moriranno tutti".
Anche i medici dell'associazione Medu (Medici per i diritti umani) denunciano le terribili violenze sui migranti di passaggio in Libia. E lo fanno attraverso un video-racconto nel quale vengono pubblicate le testimonianze raccolte negli ultimi quattro anni. Storie terribili, fatte con le parole ma anche con gli occhi di chi le ha vissute sulla propria pelle. "Il 90% delle persone curate negli ultimi tre anni risultavano vittime di torture" spiegano i medici dell'associazione umanitaria impegnata negli sbarchi e nei centri di identificazione in Sicilia e nell'assistenza dei migranti in transito a Roma.
Sono almeno 6mila le persone che vivono nei centri di detenzione in Libia. Ci sono un milione e 300mila persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. "Questo numero include gli sfollati interni, che sono quasi mezzo milione", ha spiegato Roberto Mignone, rappresentante dell'Acnur in Libia, in audizione dalla Commissione diritti umani del Senato. Per quanto riguarda i centri di detenzione, l'Agenzia ha accesso a 27 di questi.
"Quest'anno abbiamo svolto 700 visite: nel migliore dei casi ci sono problemi di sovraffollamento, in altri, gravi violazioni di diritti umani". Per quanto riguarda i centri "non ufficiali", invece, Mignone parla di situazioni "preoccupanti". E proprio per superare il "modello" dei centri, Roma sta mettendo a punto un bando per l'assistenza umanitaria in Libia. Lunedì serali ministro degli Esteri Angelino Alfano ha presieduto un primo incontro con le Ong potenzialmente interessate ad operare. In totale sono 231e organizzazioni che hanno confermato la loro disponibilità.
Medici senza frontiere non parteciperà invece al bando. "Questi ragionamenti si dovevano fare prima di "intrappolare" le persone in Libia - commenta Marco Bertotto, responsabile Msf Italia - operiamo in Libia e continueremo a farlo con risorse nostre. In questi centri stiamo operando da più di un anno, con accesso limitato e con personale locale. La realtà oggettiva è ben diversa rispetto all'ottimismo dell'operazione".
di Daniela Fassini
Sono tutti libici in fuga. "In Libia non c'è più lavoro e si rischia di continuo di essere aggrediti", ha detto ai soccorritori un giovane libico di 26 anni. Una giovane coppia di studenti ha raccontato di essere stata costretta a fuggire dalla Libia a causa del generalizzato clima di violenza. "Il mondo deve sapere cosa sta succedendo in Libia, la situazione è drammatica. Le persone rischiano di essere uccise per niente e, se non succederà qualcosa, moriranno tutti".
Anche i medici dell'associazione Medu (Medici per i diritti umani) denunciano le terribili violenze sui migranti di passaggio in Libia. E lo fanno attraverso un video-racconto nel quale vengono pubblicate le testimonianze raccolte negli ultimi quattro anni. Storie terribili, fatte con le parole ma anche con gli occhi di chi le ha vissute sulla propria pelle. "Il 90% delle persone curate negli ultimi tre anni risultavano vittime di torture" spiegano i medici dell'associazione umanitaria impegnata negli sbarchi e nei centri di identificazione in Sicilia e nell'assistenza dei migranti in transito a Roma.
Sono almeno 6mila le persone che vivono nei centri di detenzione in Libia. Ci sono un milione e 300mila persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. "Questo numero include gli sfollati interni, che sono quasi mezzo milione", ha spiegato Roberto Mignone, rappresentante dell'Acnur in Libia, in audizione dalla Commissione diritti umani del Senato. Per quanto riguarda i centri di detenzione, l'Agenzia ha accesso a 27 di questi.
"Quest'anno abbiamo svolto 700 visite: nel migliore dei casi ci sono problemi di sovraffollamento, in altri, gravi violazioni di diritti umani". Per quanto riguarda i centri "non ufficiali", invece, Mignone parla di situazioni "preoccupanti". E proprio per superare il "modello" dei centri, Roma sta mettendo a punto un bando per l'assistenza umanitaria in Libia. Lunedì serali ministro degli Esteri Angelino Alfano ha presieduto un primo incontro con le Ong potenzialmente interessate ad operare. In totale sono 231e organizzazioni che hanno confermato la loro disponibilità.
Medici senza frontiere non parteciperà invece al bando. "Questi ragionamenti si dovevano fare prima di "intrappolare" le persone in Libia - commenta Marco Bertotto, responsabile Msf Italia - operiamo in Libia e continueremo a farlo con risorse nostre. In questi centri stiamo operando da più di un anno, con accesso limitato e con personale locale. La realtà oggettiva è ben diversa rispetto all'ottimismo dell'operazione".
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