Samim Bigzad è un ragazzo afgano di 22 anni che ha presentato richiesta di asilo in Gran Bretagna dove vive dal 2015. Lo scorso luglio le autorità britanniche hanno deciso il suo rimpatrio nonostante lui abbia ricevuto minacce di morte in Afghanistan.
Samim Bigzad |
Così alla fine di agosto Samin stava per essere imbarcato a forza su un volo della Turkish Airline ma, a sorpresa, il pilota alla guida dell’aereo si è rifiutato di decollare dopo aver saputo che 3.600 persone avevano firmato una petizione al governo per dare più tempo al ragazzo di provare la bontà della sua richiesta:
“Se lo fate salire a bordo io non decollo – ha detto il pilota alle guardie che stavano imbarcando il ragazzo in lacrime -. La vita di qualcuno è in pericolo. Non mi prendo questa responsabilità”.Ad avvisare il pilota erano stati i passeggeri che, prima di salire a bordo, erano stati informati della situazione dagli attivisti dei diritti umani che si occupano del caso.
“Abbiamo chiesto alle persone di fare quello che potevano per non far partire Samim” ha raccontato all’Independent Bridget Chapman, presidente del Network contro il razzismo del Kent.
In Afghanistan Bigzad lavorava per una compagnia di costruzioni che aveva contratti con gli americani e con il governo afgano. Per questo aveva ricevuto minacce di morte e aveva deciso di lasciare il Paese: “Sappiamo dove vivi, ti taglieremo la testa” avevano detto. A quel punto il ragazzo ha deciso di tentare il tutto per tutto ed è partito per la Gran Bretagna dove è arrivato, dopo un viaggio periglioso, nel novembre del 2015. Bigzad si è stabilito in Kent dove si è preso cura del papà malato che, nel frattempo, è diventato cittadino britannico.
“Voglio ringraziare quel pilota – ha detto Bigzad all’Independent -, mi ha salvato la vita”.
Ora Samim è di nuovo nel centro di detenzione in attesa di una nuova deportazione.
“Cerco di essere forte, so che molta gente mi appoggia. Spero di avere una possibilità di rimanere qui” è il suo appello al ministero dell’Interno.
Monica Ricci Sargentini
In Afghanistan Bigzad lavorava per una compagnia di costruzioni che aveva contratti con gli americani e con il governo afgano. Per questo aveva ricevuto minacce di morte e aveva deciso di lasciare il Paese: “Sappiamo dove vivi, ti taglieremo la testa” avevano detto. A quel punto il ragazzo ha deciso di tentare il tutto per tutto ed è partito per la Gran Bretagna dove è arrivato, dopo un viaggio periglioso, nel novembre del 2015. Bigzad si è stabilito in Kent dove si è preso cura del papà malato che, nel frattempo, è diventato cittadino britannico.
“Voglio ringraziare quel pilota – ha detto Bigzad all’Independent -, mi ha salvato la vita”.
Ora Samim è di nuovo nel centro di detenzione in attesa di una nuova deportazione.
“Cerco di essere forte, so che molta gente mi appoggia. Spero di avere una possibilità di rimanere qui” è il suo appello al ministero dell’Interno.
Monica Ricci Sargentini
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.