Aumentano le barriere che dividono i popoli: erano 15 nel 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, oggi sono diventate 63.
Nel 2015 sono stati avviati i lavori di 17 recinzioni, altre 4 nel 2016. Tanto che circa un terzo dei paesi del mondo ha oggi qualche forma di recinzione che divide i popoli.
Sono alcuni dei dati contenuti nel dossier di Caritas italiana intitolato «All’ombra del muro».
Lo studio prende in esame in particolare il muro tra Israele e Palestina, che condiziona ogni giorno la vita di 4,81 milioni di persone. In questa prospettiva, il dossier riporta anche l’esperienza dei gemellaggi avviati fra Caritas Gerusalemme, parrocchie locali e Caritas diocesane italiane. Iniziativa che ha l’intento di «costruire relazioni che siano segno di speranza e strumento per alleviare la povertà».
L’espandersi delle barriere ha toccato anche l’Europa, con 13 nuovi muri a partire dal 2013 per contenere i flussi migratori della rotta balcanica.
Lo scorso anno sono stati costruiti anche i 175 chilometri tra Ungheria e Serbia, voluti dal governo magiaro di Viktor Orbán. Nel frattempo, viene evidenziato, anche il bilancio di Frontex, l’agenzia europea per il controllo dei confini, è quasi triplicato dal 2014 a oggi (da 97 milioni di euro a 281).
In America il muro più famoso è quello tra Stati Uniti e Messico ma ce n’è anche uno meno conosciuto tra Messico e Guatemala. «Il confine tra Messico e Stati Uniti — si legge nel dossier — è il più trafficato al mondo, con 350 milioni di attraversamenti legali ogni anno, e uno dei più sorvegliati. Dal 2005 a oggi gli Stati Uniti hanno speso 132 miliardi di dollari per rafforzarne la sicurezza. Eppure il confine è così lungo che è impossibile sorvegliarlo in maniera efficace».
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