“Morite in silenzio nel vostro continente”. Questo è ciò che si vuole ottenere con le politiche europee di chiusura dei confini. La situazione dell’Eritrea, come di altri paesi africani, viene volutamente ignorata dall’occidente e nell’incontro che si è tenuto durante l’ultimo giorno del Festival Internazionale 2017, si cerca di portare alla luce la problematica storia di un regime sanguinario che terrorizza la popolazione e obbliga migliaia di giovani a fuggire ogni giorno.
Il risultato è che la gente è spaventata e non si riesce a costruire una vera opposizione che non sia in qualche modo controllata dal governo. Ogni tentativo viene duramente represso con il carcere e le torture. “Non si può neanche dire ‘ho fame’, perché qualcuno potrebbe sentire e interpretarla come una critica al governo. Gli insegnanti non possono bocciare gli alunni per paura di essere arrestati. E il vero problema è che non ci sono solo gli abusi. Stiamo creando una generazione di ignoranti”.
Il servizio di leva obbligatorio in Eritrea, istituito nel 1995, impedisce ai giovani di ricevere un’istruzione e costringe anche chi ha una professione a dedicarsi esclusivamente alle armi, non importa se si tratti di un medico o un insegnante.
Secondo Amnesty International, l’obbligo di leva che dovrebbe durare 18 mesi viene nella maggioranza dei casi portato a una durata illimitata e non esiste alcuna norma per svolgere attività alternative per obiezione di coscienza o motivazioni religiose.
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