Il Manifesto
Un anno dopo. Il 24 ottobre 2016 le autorità francesi sgomberavano la più grande bidonville d’Europa. Ma i migranti non sono mai andati via
Un anno dopo. Il 24 ottobre 2016 le autorità francesi sgomberavano la più grande bidonville d’Europa. Ma i migranti non sono mai andati via
Enayatollah muove i suoi passi su una spianata di terra umida della rugiada di primo mattino, lì dove un anno fa il terreno fangoso tremava al passaggio dei bulldozer. Lui, migrante afghano, conosce bene la storia di questi luoghi.
Trecentosessantacinque giorni fa era qui, quando il governo francese radeva al suolo la «giungla» di Calais, la più grande bidonville d’Europa, che ha ospitato fino a 10.000 persone.
IL 24 OTTOBRE dello scorso anno, debuttavano all’alba le spettacolari operazioni di sgombero. Centinaia di CRS (agenti della Compagnie Républicaine de Sécurité) furono mobilitati. Più di 7.400 persone, di cui circa 2.000 minorenni, furono spostate nei CAO (Centri d’accoglienza e d’orientamento) sparsi su tutto il territorio francese. Secondo l’Ofii, l’agenzia governativa che gestisce le domande d’asilo, il 46% degli abitanti della bidonville aspetta ancora una risposta definitiva, il 42% ha ottenuto l’asilo, il 7% è stato rifiutato.
Ma cosa ne è, un anno dopo, della «giungla» di Calais? Prova a spiegarlo il prefetto del Pas-de-Calais Fabien Sudry, che constata come «la pressione migratoria è nettamente diminuita. Oggi ci sono 500 migranti, l’anno scorso ce n’erano 8.000. Non ci sono più né squat, né campi, né intrusioni nell’Eurotunnel».
Tuttavia, la situazione sembra essere differente. I migranti, in realtà, non sono mai andati via. Già due mesi dopo lo sgombero i primi esiliati cominciavano a riaffacciarsi in città, il punto più vicino al Regno Unito. Dal 24 ottobre 2016, secondo una stima delle associazioni, sono stati distribuiti più di 236.000 capi di abbigliamento, più di 7.000 scarpe e circa 8.000 sacchi a pelo.
«ERO QUI UN ANNO FA. Sono di nuovo qui un anno dopo. Prima era difficile passare, ma adesso è praticamente impossibile. La polizia ci bracca ogni giorno», sospira grave Enayatollah, incamminandosi verso il nuovo accampamento di migranti in rue des Verrotières, nella zona delle Dune, a poche centinaia di metri dalla vecchia bidonville.
La chiamano già «la nuova giungla». Secondo le associazioni 700 migranti trovano riparo in questo bosco nella zona industriale di Calais.
DOPO LO SGOMBERO della bidonville il solo a sparire è stato lo stato francese che non propone alcun dispositivo di accoglienza, nonostante le sollecitazioni del Consiglio di Stato – la più alta autorità amministrativa francese – e delle Nazioni unite, che in un recente rapporto aggiunge duramente che i migranti dispongono di «un accesso limitato all’acqua potabile, alle docce e ad altri dispositivi sanitari».
Stefano Lorusso Continua a leggere l'articolo >>>
Trecentosessantacinque giorni fa era qui, quando il governo francese radeva al suolo la «giungla» di Calais, la più grande bidonville d’Europa, che ha ospitato fino a 10.000 persone.
IL 24 OTTOBRE dello scorso anno, debuttavano all’alba le spettacolari operazioni di sgombero. Centinaia di CRS (agenti della Compagnie Républicaine de Sécurité) furono mobilitati. Più di 7.400 persone, di cui circa 2.000 minorenni, furono spostate nei CAO (Centri d’accoglienza e d’orientamento) sparsi su tutto il territorio francese. Secondo l’Ofii, l’agenzia governativa che gestisce le domande d’asilo, il 46% degli abitanti della bidonville aspetta ancora una risposta definitiva, il 42% ha ottenuto l’asilo, il 7% è stato rifiutato.
Ma cosa ne è, un anno dopo, della «giungla» di Calais? Prova a spiegarlo il prefetto del Pas-de-Calais Fabien Sudry, che constata come «la pressione migratoria è nettamente diminuita. Oggi ci sono 500 migranti, l’anno scorso ce n’erano 8.000. Non ci sono più né squat, né campi, né intrusioni nell’Eurotunnel».
Tuttavia, la situazione sembra essere differente. I migranti, in realtà, non sono mai andati via. Già due mesi dopo lo sgombero i primi esiliati cominciavano a riaffacciarsi in città, il punto più vicino al Regno Unito. Dal 24 ottobre 2016, secondo una stima delle associazioni, sono stati distribuiti più di 236.000 capi di abbigliamento, più di 7.000 scarpe e circa 8.000 sacchi a pelo.
«ERO QUI UN ANNO FA. Sono di nuovo qui un anno dopo. Prima era difficile passare, ma adesso è praticamente impossibile. La polizia ci bracca ogni giorno», sospira grave Enayatollah, incamminandosi verso il nuovo accampamento di migranti in rue des Verrotières, nella zona delle Dune, a poche centinaia di metri dalla vecchia bidonville.
La chiamano già «la nuova giungla». Secondo le associazioni 700 migranti trovano riparo in questo bosco nella zona industriale di Calais.
DOPO LO SGOMBERO della bidonville il solo a sparire è stato lo stato francese che non propone alcun dispositivo di accoglienza, nonostante le sollecitazioni del Consiglio di Stato – la più alta autorità amministrativa francese – e delle Nazioni unite, che in un recente rapporto aggiunge duramente che i migranti dispongono di «un accesso limitato all’acqua potabile, alle docce e ad altri dispositivi sanitari».
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