I dati contenuti nel rapporto Unicef. Il direttore esecutivo Anthony Lake: «Sono testimoni di atrocità che nessun bambino dovrebbe vedere». Hanno bisogno di «cibo, vaccini, educazione, speranza».
Nell’ultima settimana sono circa 12mila i bambini rohingya arrivati in Bangladesh per sfuggire alle atrocità della pulizia etnica nello Stato di Rakhine, in Myanamr. Ogni giorno varcano il confine tra i 1.200 e i 1.800 piccoli.
Finora, dall’inizio della crisi alla fine di agosto, su oltre 500mila profughi della minoranza musulmana in fuga dalle persecuzioni dell’esercito del Myanmar, i bambini sono 320mila. È la drammatica denuncia contenuta nell’ultimo rapporto dell’Unicef “Outcast and Desperate: Rohingya refugee children face a perilous future”.
Un rapporto che mette in evidenza le «disperate condizioni di vita» di questi piccoli, «testimoni di atrocità che nessun bambino dovrebbe vedere», rimarca il direttore esecutivo dell’Unicef Anthony Lake. «Questi bambini hanno urgente bisogno di cibo, acqua pulita, servizi sanitari e vaccini per proteggersi dalle malattie che si creano in una situazione di emergenza. Hanno bisogno di educazione, di counseling, di speranza».
La maggioranza dei rifugiati, si ricorda nel rapporto, vive in rifugi insani e sovraffollati, spesso costruiti con le proprie mani. «Vivere all’aperto, con scarsità di cibo, acqua potabile e servizi sanitari aumenta il rischio di contrarre nuove malattie», rileva Edouard Beigbeder, rappresentante Unicef in Bangladesh. Sono alti, infatti, i livelli di malnutrizione dei bambini e mancano servizi per mamme incinte e neonati. C’è anche bisogno di sostegno psicologico per i bambini traumatizzati. E alto è il rischio che, nella situazione caotica dei campi, trafficanti senza scrupoli cerchino di sfruttarli e manipolarli.
Per tutte queste ragioni, l’Unicef lancia un appello «per porre fine alle atrocità contro i civili nello Stato di Rakhine e permettere l’accesso immediato agli operatori umanitari», finora impedito perfino all’Unicef. Nel report si chiede anche «una soluzione a lungo-termine alla crisi» che porti al riconoscimento e alla fine delle discriminazioni contro i Rohingya. In vista della conferenza dei donatori a Ginevra il prossimo 23 ottobre l’Unicef ricorda la necessità di 434 milioni di dollari per l’emergenza, di cui 76,1 milioni di dollari per i bisogni immediati dei bambini.
La maggioranza dei rifugiati, si ricorda nel rapporto, vive in rifugi insani e sovraffollati, spesso costruiti con le proprie mani. «Vivere all’aperto, con scarsità di cibo, acqua potabile e servizi sanitari aumenta il rischio di contrarre nuove malattie», rileva Edouard Beigbeder, rappresentante Unicef in Bangladesh. Sono alti, infatti, i livelli di malnutrizione dei bambini e mancano servizi per mamme incinte e neonati. C’è anche bisogno di sostegno psicologico per i bambini traumatizzati. E alto è il rischio che, nella situazione caotica dei campi, trafficanti senza scrupoli cerchino di sfruttarli e manipolarli.
Per tutte queste ragioni, l’Unicef lancia un appello «per porre fine alle atrocità contro i civili nello Stato di Rakhine e permettere l’accesso immediato agli operatori umanitari», finora impedito perfino all’Unicef. Nel report si chiede anche «una soluzione a lungo-termine alla crisi» che porti al riconoscimento e alla fine delle discriminazioni contro i Rohingya. In vista della conferenza dei donatori a Ginevra il prossimo 23 ottobre l’Unicef ricorda la necessità di 434 milioni di dollari per l’emergenza, di cui 76,1 milioni di dollari per i bisogni immediati dei bambini.
Le priorità, al momento, sono aumentare gli approvvigionamenti di acqua, servizi sanitari e migliorare l’igiene, per impedire che i bambini si ammalino di gastroenterite e altre malattie, tra cui il morbillo.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.