(da New York) Nello stesso giorno in cui Papa Francesco ha lanciato con la Caritas internazionale la campagna “Share the journey – Condividi il viaggio”, l’amministrazione statunitense ha deciso di diminuire da 75mila a 45mila il numero dei rifugiati che verranno accolti nel Paese nel 2018, la più bassa dal 1980, anno in cui il programma di accoglienza è stato varato.
“Siamo turbati e delusi dalla risoluzione del presidente”, dichiara monsignor Joe S. Vásquez, vescovo di Austin, Texas, e presidente della Commissione sulla migrazione per la Conferenza episcopale Usa.
Proprio nel momento in cui tutte le comunità cattoliche americane hanno aperto le loro braccia per accogliere i rifugiati e i profughi, la decisione presidenziale sembra non tener conto “delle conseguenze umane sulle persone e sulle famiglie che non possono vivere in sicurezza nei loro Paesi di origine a causa di guerre e persecuzioni”.
Il vescovo, a nome dei suoi confratelli, sottolinea poi che gran parte dei rifugiati accolti negli Stati Uniti sono sottoposti ad un rigido programma di controlli e molti cercano di ricongiungersi a familiari già presenti nel Paese.
“La maggior parte comincia subito a lavorare per ricostruire la propria vita – continua mons. Vásquez – e contribuisce in questo modo anche alla forza e alla ricchezza della nostra società, capace di accogliere coloro che hanno un bisogno disperato, anche di sicurezza”. Infine, il vescovo esorta l’Amministrazione ad andare oltre lo scetticismo e la chiusura sul programma dei rifugiati e ricorda che gli Usa sono stati leader nell’accoglienza di chi fuggiva dalla persecuzione. “Dobbiamo e possiamo fare meglio”, ha concluso.
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