Colpito a morte da un killer padre Tito Paez, 72 anni, responsabile locale dei Rural Missionaries che si battono in difesa dei più poveri nelle periferie del Paese.
Padre Tito Paez, 72 anni |
Ancora un prete ucciso nelle cattolicissime Filippine. Un altro sacerdote impegnato da decenni in battaglie per la giustizia sociale nelle aree rurali del Paese. È successo l’altra sera nel distretto di Nueva Ecija, nella parte centrale della grande isola di Luzon: un killer a bordo di una moto ha sparato a padre Marcelito (Tito) Paez, prete di 72 anni della locale diocesi di San José che è morto poco dopo in ospedale.
Padre Tito era stato il responsabile della pastorale sociale nella sua diocesi e attualmente era il coordinatore locale dei Rural Missionaries, organismo che nelle Filippine riunisce religiose e religiosi di diverse congregazioni impegnati nelle battaglie per la difesa dei diritti dei più poveri nelle periferie agricole delle Filippine.
A destare scalpore è il fatto che proprio ieri padre Tito fosse riuscito a ottenere la scarcerazione di un’attivista dei movimenti contadini locali che protestano contro l’avanzata delle compagnie minerarie e delle grandi piantagioni nella zona: Rommel Tucay - arrestato a marzo con l’accusa di fiancheggiare la guerriglia maoista degli Npa - era stato rilasciato dopo quasi nove mesi, grazie alla battaglia legale portata avanti in suo favore dal sacerdote. Alla sera qualcuno deve aver deciso di colpire padre Paez proprio per questo.
«Condanniamo con forza l’uccisione ingiusta e brutale di padre Tito Paez - ha scritto in una nota il vescovo di San José, monsignor Roberto Mallari -. Chiediamo alle autorità di indagare e fare giustizia per la sua morte».
Non è la prima volta che nelle Filippine viene ucciso un prete in circostanze del genere: sono molte, ad esempio, le somiglianze tra questo omicidio e la morte di padre Fausto Tentorio, il missionario italiano del Pime ucciso a Mindanao nel 2011 . Anche padre Tentorio era legato ai Rural Missionaries; e anche lui - per il suo impegno in difesa dei diritti delle popolazioni manobo nella valle dell’Arakan - era additato come un fiancheggiatore degli Npa, in un contesto dove gruppi paramilitari al soldo di interessi economici e politici corrotti non vanno troppo per il sottile.
Va aggiunto che a preoccupare è anche il contesto generale in cui si inserisce l’omicidio di padre Paez. Lo scorso 23 novembre il presidente filippino Rodrigo Duterte ha formalmente dichiarato chiusi i negoziati di pace con il National Democratic Front, la formazione considerata il braccio politico della guerriglia maoista. Il dialogo era frutto di una mediazione della diplomazia norvegese e all’inizio del suo mandato Duterte si era detto disposto a rilanciarlo. Invece è arrivata la rottura, scandita anche da rinnovati scontri tra l’Npa e l’esercito filippino, soprattutto nelle aree rurali che sono le roccaforti dei miliziani.
Duterte ha quindi ordinato una lotta a tutto campo contro la guerriglia maoista; ma il timore è che possa diventare il pretesto per togliere di mezzo anche tante altre voci scomode nelle aree rurali.
A destare scalpore è il fatto che proprio ieri padre Tito fosse riuscito a ottenere la scarcerazione di un’attivista dei movimenti contadini locali che protestano contro l’avanzata delle compagnie minerarie e delle grandi piantagioni nella zona: Rommel Tucay - arrestato a marzo con l’accusa di fiancheggiare la guerriglia maoista degli Npa - era stato rilasciato dopo quasi nove mesi, grazie alla battaglia legale portata avanti in suo favore dal sacerdote. Alla sera qualcuno deve aver deciso di colpire padre Paez proprio per questo.
«Condanniamo con forza l’uccisione ingiusta e brutale di padre Tito Paez - ha scritto in una nota il vescovo di San José, monsignor Roberto Mallari -. Chiediamo alle autorità di indagare e fare giustizia per la sua morte».
Non è la prima volta che nelle Filippine viene ucciso un prete in circostanze del genere: sono molte, ad esempio, le somiglianze tra questo omicidio e la morte di padre Fausto Tentorio, il missionario italiano del Pime ucciso a Mindanao nel 2011 . Anche padre Tentorio era legato ai Rural Missionaries; e anche lui - per il suo impegno in difesa dei diritti delle popolazioni manobo nella valle dell’Arakan - era additato come un fiancheggiatore degli Npa, in un contesto dove gruppi paramilitari al soldo di interessi economici e politici corrotti non vanno troppo per il sottile.
Va aggiunto che a preoccupare è anche il contesto generale in cui si inserisce l’omicidio di padre Paez. Lo scorso 23 novembre il presidente filippino Rodrigo Duterte ha formalmente dichiarato chiusi i negoziati di pace con il National Democratic Front, la formazione considerata il braccio politico della guerriglia maoista. Il dialogo era frutto di una mediazione della diplomazia norvegese e all’inizio del suo mandato Duterte si era detto disposto a rilanciarlo. Invece è arrivata la rottura, scandita anche da rinnovati scontri tra l’Npa e l’esercito filippino, soprattutto nelle aree rurali che sono le roccaforti dei miliziani.
Duterte ha quindi ordinato una lotta a tutto campo contro la guerriglia maoista; ma il timore è che possa diventare il pretesto per togliere di mezzo anche tante altre voci scomode nelle aree rurali.
Giorgio Bernardelli
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.