di Andrea Riccardi
Spesso il dibattito politico, quando è gridato, crea caricature. Così è avvenuto per le parole di papa Francesco riguardo ai migranti. Il suo messaggio è stato ridotto a un’esortazione morale all’accoglienza. Ma il suo pensiero è più complesso: conosce articolazioni e sviluppi.
Spesso il dibattito politico, quando è gridato, crea caricature. Così è avvenuto per le parole di papa Francesco riguardo ai migranti. Il suo messaggio è stato ridotto a un’esortazione morale all’accoglienza. Ma il suo pensiero è più complesso: conosce articolazioni e sviluppi.
Papa Francesco accoglie dei profughi siriani da Lesbo arrivati con i corridoi umanitari |
Certo si muove dall’esigenza di non chiudere le porte ai drammi dei rifugiati. C’è però un dopo, in cui l’integrazione è passaggio decisivo e condizione essenziale. Per Francesco, va preservata assolutamente l’identità dei Paesi ospitanti. Così si è espresso ieri con chiarezza di fronte a una basilica di San Pietro piena di «stranieri» durante la Giornata mondiale del migrante.
Ecco i passi salienti riportati anche nell’articolo di cronaca qui a fianco. «Per i nuovi arrivati — dice Bergoglio — , accogliere, conoscere e riconoscere significa conoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti». Il rispetto delle leggi e dell’identità culturale europea sono la base per partecipare alle società che accolgono. Il rispetto fa la differenza tra l’immigrazione e l’invasione.
Il Papa non pensa allo sviluppo di comunità separate in futuro, ma alla fusione di culture a partire dall’identità del Paese ospitante. Si mette anche dalla parte degli europei e guarda in faccia la paura: «Le comunità locali, a volte, hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, ‘rubino’ qualcosa di quanto si è faticosamente costruito».
Il Papa non pensa allo sviluppo di comunità separate in futuro, ma alla fusione di culture a partire dall’identità del Paese ospitante. Si mette anche dalla parte degli europei e guarda in faccia la paura: «Le comunità locali, a volte, hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, ‘rubino’ qualcosa di quanto si è faticosamente costruito».
Non va demonizzata la paura dell’uomo globale di fronte a un mondo senza frontiere che appare invasivo e di cui l’immigrato è quasi la metafora: «Queste paure sono legittime... Avere dubbi e timori non è un peccato».
Il Papa non è un «fondamentalista» dell’accoglienza o un fustigatore dei timori europei. Auspica però che le paure non «“condizionino le nostre scelte»: «alimentino l’odio e il rifiuto». Altrimenti «rinunciamo all’incontro con l’altro — continua — e alziamo barriere per difenderci». È la scelta praticata dai Paesi (cattolici) dell’Est europeo.
Il futuro non si costruisce però con la paura. Il rispetto delle leggi e dell’identità delle società ospitanti da parte dei nuovi arrivati è una garanzia per tutti. E poi «aprirsi alla ricchezza della diversità» è una chance per l’Europa (si pensi solo ai vuoti creati dalla crisi demografica). Il pensiero del Papa raggiunge quello del rabbino britannico Jonathan Sacks: l’integrazione è costruire insieme la casa di domani, le cui fondamenta sono già chiare. Per noi, la Costituzione, le leggi e la nostra identità storico-culturale.
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