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mercoledì 28 febbraio 2018

Israele: deportazioni forzate di rifugiati africani, schiavitù degli immigranti dall’Est Europa

L'Indro
Gli africani deportati in Rwanda e Uganda vengono derubati e successivamente espulsi; i migranti ucraini e georgiani sfruttati dalle ditte israeliane.


Nonostante l’opposizione interna e internazionale, le autorità israeliane hanno messo in pratica le politiche razziali e le deportazioni forzate contro i rifugiati eritrei e sudanesi, addirittura prima del ultimatum fissato per il 1° aprile 2018. 


L’associazione in difesa dei rifugiati Hotline for Refugees and Migrants denuncia l’arresto di 16 rifugiati eritrei che hanno rifiutato di essere deportati in Ruanda e Uganda. I rifugiati sono stati prelevati dal centro detenzione di Holot per essere trasferiti in prigione. I rifugiati del centro Holot hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro queste politiche razziali.

Secondo l’associazione Hotline, altri 600 rifugiati africani hanno ricevuto la notifica di immediata deportazione in Ruanda e Uganda. 

Dovranno lasciare Israele ricevendo 3.500 dollari come assistenza al loro reinserimento nei Paesi africani. Ai governi di Kigali e Kampala verranno versati 5.000 dollari per ogni rifugiato accolto. Se il piano di deportazioneisraeliano verrà completato, i due governi africani si spartiranno un considerevole bottino: 200 milioni di dollari.

L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, UNHCR, ha recentemente accusato il Governo ruandese di non offrire alcuna assistenza ai rifugiati etiopi e sudanesi deportati da Israele e di non facilitare il loro inserimento nel tessuto socio economico autoctono. 

L’accusa si basa su indagini UNHCR sulle precedenti deportazioni da Israele segretamente avvenute tra il 2014 e il 2016.

La politica israeliana di controllo dei flussi migratori verso l’Africa “ha raggiunto dei livelli di xenofobia e razzismo che tristemente ricordano gli inizi delle persecuzioni della comunità ebraica negli anni Trenta in Germania”, sostiene una nostra fonte ugandese. 

Un parallelo di certo non amato dal Governo israeliano, ma sempre più condiviso da varie associazioni ebraiche comprese quelle legate alla Memoria del Olocausto. 

Parallelamente ai tentativi di deportazione forzata e agli arresti di rifugiati eritrei e sudanesi, il Governo di Tel Aviv lo scorso gennaio ha approvato un decreto che offre asilo politico ai soldati e ufficiali eritrei che disertano. 

Una decisione apparentemente contraddittoria, ma, secondo alcune fonti, legata al tentativo di carpire segreti militari e di arruolare mercenari per la repressione contro i palestinesi o nella guerra segreta condotta in Siria.

La politica migratoria israeliana sta anche creando un vero e proprio mercato di sfruttamento dei richiedenti asilo e un florido traffico di esseri umani, come riportò l’Associazione Hotline for Refugees and Migrants in un dettagliato rapporto del settembre 2017. 

Vittime di questi traffici sono migranti ucraini e georgiani. Le indagini di Hotline fecero emergere una fitta rete di imprese e agenzie di collocamento al lavoro israeliane che speculano sugli immigratiprovenienti dalla Ucraina e dalla Georgia tramite una calcolata propaganda e disinformazione sulla possibilità di ottenere un lavoro legale in Israele, condotta nei due rispettivi Paesi della ex Unione Sovietica. 

Sfruttando le complicazioni create dal dipartimento speciale, PIARSDU (Population and Immigration Authority’s Refugee Statud Determination Unit), le ditte coinvolte nel traffico e sfruttamento di esseri umani promettono un lavoro legale facilitando le pratiche per ottenere permessi di lavoro o statuto di rifugiato. Queste ditte esercitano il traffico di esseri umani alla luce del sole senza che il Governo intervenga. Pubblicano sui media israeliani, ucraini e georgiani annunci offrendo servizi per ottenere permessi di residenza, promettendo regolari contratti di lavoro.

Le ditte si avvalgono di intermediari (complici) ucraini e georgiani che fungono da ufficiali di collegamento tra l’aspirante immigrato e le agenzie di collocamento israeliane. Questi complici chiedono alla vittima di media dai 400 ai 550 dollari americani per il servizio reso. Altri 1.200 dollari vengono pagati all’agenzia israeliana per le pratiche burocratiche per ottenere il visto e il lavoro in Israele. Alcune ditte israeliane addirittura incoraggiano l’immigrazione clandestina dando precise informazioni su come eludere i controlli alle frontiere. Si sospetta la complicità delle autorità di Immigrazione comprese quelle dell’Aeroporto internazionale di Ben-Gurion.

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