Ghouta est, sobborgo di Damasco sotto assedio interno ed esterno dal 2013, vive una delle peggiori escalation della guerra civile: con migliaia di miliziani islamisti arroccati all’interno e l’aviazione siriana che ha intensificato i raid da domenica (per Damasco la risposta a lanci di missili verso zone residenziali), la conta dei morti sale di ora in ora.
Difficile dare un bilancio, anche questo sporcato dalla guerra dei numeri: le opposizioni parlano di 300 morti da domenica, centinaia i feriti. Ieri media vicini al governo e fonti delle opposizioni parlavano di un negoziato in corso per l’evacuazione dei jihadisti, guidati dai qaedisti dell’ex al-Nusra.
Ma non è detto funzioni: Ghouta est rientra tra le quattro de-escalation zone (dove dovrebbe vigere il cessate il fuoco) previste nel 2016 dall’accordo di Astana tra Iran, Russia e Turchia.
Ma il conflitto è tornato con tutta la sua violenza. Impossibile per le agenzie umanitarie portare aiuti: una settimana fa è riuscito ad entrare un convoglio, in grado di distribuire cibo solo al 2,7% dei 400mila civili assediati. E a Ghouta est si muore. Di missili islamisti, di bombe governative e di fame: acqua e cibo sono ormai quasi introvabili.
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