Il 30 gennaio il Tribunale penale speciale istituito dagli huthi nella capitale dello Yemen Sana’a ha condannato a morte tre imputati per “collaborazione con un paese nemico nella guerra contro lo Yemen”, ossia gli Emirati arabi uniti, uno dei paesi protagonisti della coalizione a guida saudita che dal marzo 2015 bombarda il paese.
Asmaa al-Omeissy, Saeed al-Ruwaished e Ahmed Bazawer sono stati arrestati nell’ottobre 2016 a uno dei posti di blocco istituiti dagli huthi nella capitale. Successivamente è stato arrestato anche Matir al-Omeissy, padre di Asmaa.
Dal momento dell’arresto, i quattro detenuti sono stati trasferiti da una struttura detentiva a un’altra, senza poter avere contatti col mondo esterno, e hanno subito minacce, percosse, umiliazioni ed estorsioni di denaro.
“È stata una vera e propria guerra psicologica: ci accusavano di tutto, di essere terroristi, di far parte di una cellula dormiente…”, ha raccontato Matir al-Omeissy.
I tre uomini sono stati tenuti per quasi otto mesi nella prigione chiamata al-Makhli o “la prigione nascosta”. Asmaa al-Omeissy vi è stata per 60 giorni prima di essere trasferita alla prigione centrale di Sana’a.
“Gli interrogatori duravano anche 24 ore e ci torturavano costantemente. Continuavano a chiedere se facessimo parte della Coalizione araba e per chi facessimo le spie”, ha riferito Saeed al-Ruwaished.
Dopo mesi i detenuti hanno avuto il permesso di contattare i familiari e hanno dovuto chiedere di spedire o portare soldi per pagare le spese sostenute dal carcere. È iniziato così un giro di estorsioni, in base al quale i detenuti dovevano consegnare ai secondini metà delle somme ricevute.
In prigione, Bazawer si è ammalato al fegato ed è stato necessario ricoverarlo in ospedale, sempre a carico della famiglia. Successivamente si è ammalato anche Matir al-Omeissy. Nel giugno 2017 entrambi sono stati rilasciati su cauzione per motivi di salute. Dietro pagamento di una cauzione ingentissima ha potuto lasciare la prigione anche al-Ruwaished.
I tre uomini sono fuggiti in zone dello Yemen non controllate dagli huthi. Al processo, Bazawer e al-Ruwaished sono stati condannati a morte e Matir al-Omeissy a 15 anni per aver favorito “atti indecenti”, tutti e tre in contumacia.
Asmaa al-Omeissy, 22 anni, madre di due figli, era l’unica presente in aula al momento del verdetto: oltre alla pena capitale, è stata condannata a 100 frustate per gli “atti indecenti” che sarebbero stati favoriti dal padre, ossia aver viaggiato nella stessa automobile con uomini non legati da vincolo di parentela, ovvero i tre co-imputati.
Quella di Asmaa al-Omeissy è la prima condanna a morte inflitta a una donna per “reati contro la sicurezza”.
Nel gennaio 2018 il tribunale penale speciale di Sana’a ha emesso un’altra condanna a morte, nei confronti di Hamid Haydara, membro della minoranza religiosa baha’i. Per Amnesty International è un prigioniero di coscienza.
Riccardo Noury
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