Indagata per associazione a delinquere: la vicenda della nave spagnola sbarcata a Pozzallo con 218 esseri umani in condizioni disperate racconta perfettamente quel che siamo diventati. Un Paese che giustifica le proprie inefficienze fino a negare la propria umanità.
218 esseri umani, molti dei quali con segni di sevizie, tra cui 31 donne, di cui due in gravidanza, e 28 minori, tra cui una bambina di tre mesi, concepita e nata chissà come e chissà dove. Questo il carico umano sbarcato a Pozzallo due giorni fa, a bordo della nave dell’Ong spagnola “Proactiva Open Arms”, sequestrata ieri dalla procura di Catania con l’accusa di associazione a delinquere.
Rea, per il procuratore Carmelo Zuccaro, di non aver consegnato alla guardia costiera libica quei 218 esseri umani. Guardia costiera libica che, con una sua motovedetta, aveva inseguito la nave spagnola per almeno un paio d’ore, minacciando apertamente di aprire il fuoco e ammazzare tutti, se i migranti non fossero stati consegnati. Nave spagnola che, per essersi rifiutata di consegnare i migranti ai libici - secondo gli accordi presi è questo quel che dovrebbero fare - non aveva diritto di attraccare in nessun porto e che è riuscita a farlo solo grazie alla richiesta formale del governo spagnolo a quello italiano.
La storia dei 218 sbarcati a Pozzallo racconta benissimo cosa siamo diventati: nel 2018, l’Italia, l’Europa, l’Occidente mettono sotto inchiesta per associazione a delinquere chi salva vite e firmano accordi con chi minaccia di sparare a bambini e donne incinte.
E se lo fanno è perché la nostra opinione pubblica è convinta che quei 218 esseri umani siano una minaccia, se non la principale minaccia, al nostro benessere e alla nostra sicurezza. Che un Paese di 60 milioni di abitanti non possa materialmente gestire un flusso di transito di richiedenti asilo o presunti tali - leggete bene le labbra: è gente a cui non frega nulla di stare in Italia, sono diretti altrove - di circa 120mila anime l'anno. Uno ogni 500 di noi.
La storia dei 218 sbarcati a Pozzallo racconta benissimo cosa siamo diventati: nel 2018, l’Italia, l’Europa, l’Occidente mettono sotto inchiesta per associazione a delinquere chi salva vite e firmano accordi con chi minaccia di sparare a bambini e donne incinte. E se lo fanno è perché la nostra opinione pubblica è convinta che quei 218 esseri umani siano una minaccia, se non la principale minaccia, al nostro benessere e alla nostra sicurezza
Dovessimo fidarci dei risultati delle elezioni dello scorso 4 marzo, lo pensa il 18% degli elettori che ha votato Lega, ovviamente, più il 4% di chi ha votato Fratelli d’Italia. Ma anche il 14% di chi ha votato Forza Italia e Silvio Berlusconi e pure buona parte del 19% del Pd, visto che gli accordi con la Libia li ha firmati il ministro dell’interno del governo Gentiloni Domenico Minniti. E, ovviamente, pure buona parte del 32% di chi ha votato Movimento Cinque Stelle, visto che proprio il procuratore Zuccaro, quello che mette sotto indagine chi salva vite, fu issato a eroe civico da Luigi Di Maio, che contestualmente definì le navi delle Ong come “taxi del mare”.
Alla spicciola, fa l’87% degli italiani, uno più uno meno. E allora, forse, qualche domanda dovremmo farcela pure noi. Perché non siamo in grado di organizzare un’azione decente di salvataggio, identificazione e smistamento dei richiedenti asilo. Perché siamo disposti ad andare contro ai basilari valori della nostra civiltà per giustificare, minimizzare, discolpare le clamorose inefficienze e manchevolezze della nostra gestione dei richiedenti asilo. Perché non abbiamo ancora capito che fare della richiesta dello status di rifugiato l’unico mezzo per entrare in Italia - come prevede la legge Bossi-Fini - è parte del problema, non della soluzione. Perché scaricare le colpe del proprio malessere su dei disperati che scappano da guerre, carestie e da un livello di miseria che noi nemmeno riusciamo a immaginare non è solo folle e stupido, ma anche e soprattutto disumano. E che di questa disumanità dovremo rendere conto, prima o poi.
Francesco Cancellato
La storia dei 218 sbarcati a Pozzallo racconta benissimo cosa siamo diventati: nel 2018, l’Italia, l’Europa, l’Occidente mettono sotto inchiesta per associazione a delinquere chi salva vite e firmano accordi con chi minaccia di sparare a bambini e donne incinte. E se lo fanno è perché la nostra opinione pubblica è convinta che quei 218 esseri umani siano una minaccia, se non la principale minaccia, al nostro benessere e alla nostra sicurezza
Dovessimo fidarci dei risultati delle elezioni dello scorso 4 marzo, lo pensa il 18% degli elettori che ha votato Lega, ovviamente, più il 4% di chi ha votato Fratelli d’Italia. Ma anche il 14% di chi ha votato Forza Italia e Silvio Berlusconi e pure buona parte del 19% del Pd, visto che gli accordi con la Libia li ha firmati il ministro dell’interno del governo Gentiloni Domenico Minniti. E, ovviamente, pure buona parte del 32% di chi ha votato Movimento Cinque Stelle, visto che proprio il procuratore Zuccaro, quello che mette sotto indagine chi salva vite, fu issato a eroe civico da Luigi Di Maio, che contestualmente definì le navi delle Ong come “taxi del mare”.
Alla spicciola, fa l’87% degli italiani, uno più uno meno. E allora, forse, qualche domanda dovremmo farcela pure noi. Perché non siamo in grado di organizzare un’azione decente di salvataggio, identificazione e smistamento dei richiedenti asilo. Perché siamo disposti ad andare contro ai basilari valori della nostra civiltà per giustificare, minimizzare, discolpare le clamorose inefficienze e manchevolezze della nostra gestione dei richiedenti asilo. Perché non abbiamo ancora capito che fare della richiesta dello status di rifugiato l’unico mezzo per entrare in Italia - come prevede la legge Bossi-Fini - è parte del problema, non della soluzione. Perché scaricare le colpe del proprio malessere su dei disperati che scappano da guerre, carestie e da un livello di miseria che noi nemmeno riusciamo a immaginare non è solo folle e stupido, ma anche e soprattutto disumano. E che di questa disumanità dovremo rendere conto, prima o poi.
Francesco Cancellato
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