Il rapporto denuncia le sofferenze quotidiane della popolazione scampata ai combattimenti ma che è esposta ai peggiori tipi di sfruttamento
E dopo la guerra, «costretti a tutto per sopravvivere». E' la sorte dei sopravvissuti alla guerra civile siriana che, costretti a una quotidianità di sofferenza continua, finiscono per essere vittime dei peggiori tipi di sfruttamento. Lo denuncia il rapporto di Caritas italiana intitolato: "Sulla loro pelle. Costretti a tutto per sopravvivere".
Un recente report delle Nazioni Unite ha mappato più di 4mila villaggi e quartieri in tutta la Siria, ma anche in Giordania e Turchia per registrare i fenomeni più gravi. «Nelle aree in cui si registra una riduzione delle ostilità - afferma il rapporto Onu - i civili soffrono gli effetti di sette anni di conflitto: disintegrazione delle strutture sociali, delle reti di protezione e del rispetto delle regole e della legge, prolificazione di armi, continuo deterioramento delle risorse e alto livello di traumi e stress psicologici». Una violenza pervasiva che si somma all’abbandono forzato dei propri contesti abitativi e la frequente separazione delle famiglie creano «un ambiente sociale molto rischioso per i più vulnerabili».
Il rapporto di Caritas italiana individua così 13 situazioni tipo a cui le persone maggiormente vulnerabili sono esposte in Siria. Situazioni che innescano nelle stesse vittime delle risposte nel lungo periodo ancora più dannose in un circolo vizioso capace di condurre anche alla morte. Le 13 situazioni analizzate sono il lavoro minorile che impedisce la frequenza scolastica, i bambini soldato, le violenze domestiche, i matrimoni precoci, lo sfruttamento economico, i rischi causati da ordigni inesplosi, la separazione familiare, molestie, problemi legati alle proprietà immobiliari, rapimenti, perdita o assenza di documenti personali, molestie e violenze sessuali.
Una società siriana, fra i sopravvissuti alla guerra, fortemente provata se il 97% delle comunità intervistate dichiara la presenza di almeno una di queste 13 voci e tutte le situazioni di rischio presentano un’alta frequenza. Le due voci più frequenti, con una percentuale che supera l’80%, sono «la perdita, o l’assenza, della documentazione relativa all’identità personale, del nucleo familiare o dei beni di proprietà» e «il lavoro minorile che impedisce la frequenza scolastica». Percentuali molto alte sono pure registrate per i matrimoni precoci (riportati dal 69% delle comunità intervistate), le violenze domestiche (51% del totale), il reclutamento di bambini soldato (47%), la violenza sessuale (27%) e i rapimenti (24%). Alcuni fenomeni, come ad esempio le violenze domestiche e i matrimoni precoci, si incrociano disegnando un quadro di ulteriore vulnerabilità. Le strategie di risposta a queste situazioni di gravissimo bisogno, osserva il rapporto di Caritas italiana, possono essere risposte sane - come rivolgersi a strutture o servizi comunitari - oppure non sane - come mandare i bambini a lavorare o intraprendere attività illegali. Nelle risposte positive si evidenzia una forte dipendenza dagli aiuti umanitari mentre si fa poco ricorso a forme di aiuto interne alle comunità stesse (famiglia,vicinato, istituzioni pubbliche). Nelle risposte negative, si evidenziano le situazioni che colpiscono direttamente i bambini o gliadolescenti, come l’abbandono scolastico in favore di attività lavorative, segnalato dall’82% delle comunità intervistate, e i matrimoni precoci dal 57%.
«Bambino soldato nei combattimenti o schiavi sessuali»
Un’altra terribile forma di sfruttamento dei minori è quella dell’arruolamento nelle fila dei gruppi combattenti. Molto spesso gli adolescenti maschi sono impiegati in attività belliche vere e proprie, subendo un addestramento militare e partecipando alle battaglie sulle varie linee del fronte. Sono pure stati segnalati bambini-kamikaze oppure impiegati come scudi umani. Più spesso sono utilizzati in attività di supporto alle truppe combattenti, come nelle cucine da campo, in ruoli di portantini o corrieri.
Spesso, soprattutto le bambine ma anche i maschi, diventano schiavi sessuali delle truppe. Molti referti ospedalieri parlano di bambini feriti o mutilati in battaglia, ma anche a causa delle torture subite dopo essere caduti nelle mani delle fazioni sia governative che dell'opposizione. Un numero, conclude il rapporto Caritas, impossibile da stimare, ma il 47% delle comunità intervistate indica questo fenomeno come presente. I più colpiti sono ragazzini tra i 12 e i 17 anni (47%) seguiti dalle ragazze della stessa fascia di età (25%) e infine ragazzi e ragazze più piccoli di 12 anni. Tutte situazioni che, se anche i combattimenti finissero immediatamente, continueranno a provocare danni per anni.
Luca Geronico
Luca Geronico
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