'La Turchia è la più grande prigione dei giornalisti', dove il ''sistema politico controlla quasi totalmente il sistema giuridico'' e dove chiunque si metta contro il potere finisce in carcere. E' questo il messaggio lanciato a Roma in un incontro organizzato dalla Fnsi, Federazione nazionale della stampa italiana.
Sono 150 i giornalisti attualmente in carcere - di cui 120 arrestati dopo il tentato golpe del 15 luglio 2016 - mentre 520 sono sotto processo. Le testate chiuse sono invece 180, e moltissimi i blogger finiti in prigione per una presunta affiliazione con il gruppo del religioso Fetullah Gulen.
Numeri allarmanti su cui non si può tacere. Colleghi che non possono essere dimenticati, ha detto il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti. Il nostro dovere, ha aggiunto, ''è quello di non lasciarli soli e di essere la loro voce''.
Il prossimo 2 maggio, fa sapere, ''in occasione della giornata dedicata alla libertà di informazione (che si celebra il 3 maggio), insieme ad Amnesty International, ricorderemo tutti i colleghi turchi in carcere''. Difendere chi lotta per la libertà, ha esortato, ''è nostro compito, anche rafforzando la nostra presenza come Fnsi, chiedendo anche di prendere parte ai processi dei colleghi turchi''.
Esemplare nella dura repressione delle autorità turche è il caso dello storico quotidiano di opposizione Cumhuriyet: 17 gli imputati nel processo in corso a Instabul, dove sono state chieste 13 condanne. Ad essere sotto attacco non è un singolo giornalista, ha detto Antonella Napoli, di Articolo 21 - ma ''tutto un giornale e la sua linea editoriale, nel tentativo di cancellare totalmente il quotidiano''.
Pochi giorni fa erano stati scarcerati il direttore, Murat Sabuncu, e il giornalista d'inchiesta Ahmet Sik. Tutti legati secondo l'accusa all'imam e finanziere residente negli Usa, additato da Ankara come la mente del fallito golpe.
Ad essere colpiti nella Turchia al tempo di Erdogan non ci sono soltanto esponenti del mondo dell'informazione, ma anche ''500 avvocati incarcerati e 8 mila giudici, sui 22 mila magistrati turchi, 43 sindaci, 11 parlamentari, sono stati incarcerati'', ricorda dal canto suo Murat Cinar.Il giornalista è anche curatore del libro ''Ogni luogo è Taksim. Da Gezi Park al contro-golpe di Erdogan', edito da Rosenberg & Sellier e firmato dal collega turco-tedesco, Deniz Yucel, tornato a casa dopo un anno di carcere con l'accusa di ''propaganda terroristica'' e ''incitamento all'odio e ostilità''. E' difficile, spiega Cinar, raccontare la Turchia di oggi.
''La libertà di stampa e di opinione sono praticamente inesistenti, ma la motivazione è molto più complessa di quanto troppo spesso viene raccontato dai media'', rimarca. ''Siamo davanti a un disegno politico e economico preciso, con un sistema di potere molto forte'' che controlla la magistratura, l'informazione, il tessuto economico, e che ha collegamenti con il sistema finanziario internazionale, ricorda Cinar. A lui il compito, nella postfazione al volume, di illustrare quanto accaduto nel suo Paese dal 2015 in poi.
Cristiana Missori
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