Mezzi blindati, apparecchi per la sorveglianza, tecnologia anti-cecchini, navi per il pattugliamento delle frontiere. I fondi dell'Unione europea al presidente turco Tayyp Erdogan sono stati usati non solo per aiutare i profughi siriani ma per l'acquisto di attrezzatura militare.
Un'inchiesta esclusiva del consorzio EIC.
Il volto dell'Unione Europea è un muro di ferro e cemento. Alto tre metri, lungo più di 800 chilometri, pattugliato notte e giorno da mezzi militari pagati anche con fondi di Bruxelles. È così che si presenta oggi il confine lungo l'intera Turchia a chi cerca di fuggire alle stragi in corso in Siria.
Un'inchiesta condotta dai media danesi Politiken e Danwatch, in collaborazione con L'Espresso e il consorzio investigativo Eic, può rivelare come l'Unione abbia fornito oltre 80 milioni di euro ad Ankara per l'acquisto di mezzi militari blindati, apparecchi per la sorveglianza e navi per il pattugliamento delle frontiere.
Fra le centinaia di contratti legati alla gestione dei profughi siriani e all'avvicinamento del paese agli standard Ue, infatti, non ci sono solo aiuti umanitari. Ma anche il supporto tecnico per quella che si presenta ora come una frontiera invalicabile. E che rischia di diventare un monumento imbarazzante per l'Europa dei diritti.
Perché quei sistemi bellici regalati alla Turchia sono ora al centro di un fronte di guerra. Nelle mani dello stesso esercito impegnato ad attaccare i curdi, alleati dell'Occidente, in un'operazione estranea a ogni regola internazionale e che sta provocando centinaia di morti. Come ad Afrin, nella Siria settentrionale, dove le milizie appoggiate dai turchi stanno operando un massacro.
Non solo. Se il governo turco ha affermato che è possibile per i rifugiati siriani attraversare la frontiera, report di Human Rights Watch, dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, e le voci degli abitanti nella zona di confine, mostrano una realtà diversa: a chi tenta di avvicinarsi si spara. Fino ad uccidere. E quel muro è pattugliato con dei "Cobra II" pagati anche dalla Ue. "In base alla convenzione di Ginevra è vietato respingere rifugiati", commenta Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 stelle esperta di questioni migratorie: "ma chiaramente l'Unione non lo può controllare, questo, in territorio turco".
Il volto dell'Unione Europea è un muro di ferro e cemento. Alto tre metri, lungo più di 800 chilometri, pattugliato notte e giorno da mezzi militari pagati anche con fondi di Bruxelles. È così che si presenta oggi il confine lungo l'intera Turchia a chi cerca di fuggire alle stragi in corso in Siria.
Un'inchiesta condotta dai media danesi Politiken e Danwatch, in collaborazione con L'Espresso e il consorzio investigativo Eic, può rivelare come l'Unione abbia fornito oltre 80 milioni di euro ad Ankara per l'acquisto di mezzi militari blindati, apparecchi per la sorveglianza e navi per il pattugliamento delle frontiere.
Fra le centinaia di contratti legati alla gestione dei profughi siriani e all'avvicinamento del paese agli standard Ue, infatti, non ci sono solo aiuti umanitari. Ma anche il supporto tecnico per quella che si presenta ora come una frontiera invalicabile. E che rischia di diventare un monumento imbarazzante per l'Europa dei diritti.
Perché quei sistemi bellici regalati alla Turchia sono ora al centro di un fronte di guerra. Nelle mani dello stesso esercito impegnato ad attaccare i curdi, alleati dell'Occidente, in un'operazione estranea a ogni regola internazionale e che sta provocando centinaia di morti. Come ad Afrin, nella Siria settentrionale, dove le milizie appoggiate dai turchi stanno operando un massacro.
Non solo. Se il governo turco ha affermato che è possibile per i rifugiati siriani attraversare la frontiera, report di Human Rights Watch, dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, e le voci degli abitanti nella zona di confine, mostrano una realtà diversa: a chi tenta di avvicinarsi si spara. Fino ad uccidere. E quel muro è pattugliato con dei "Cobra II" pagati anche dalla Ue. "In base alla convenzione di Ginevra è vietato respingere rifugiati", commenta Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 stelle esperta di questioni migratorie: "ma chiaramente l'Unione non lo può controllare, questo, in territorio turco".
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