Il Presidente della Repubblica del Sudan, Omar Hassan al-Bashir, ha emesso martedì un decreto repubblicano che libera tutti i detenuti politici nel Paese.
La decisione è arrivata in risposta agli appelli dei partiti politici e delle forze del Dialogo Nazionale, riferisce l'agenzia di stampa nazionale sudanese Suna. Il decreto ha stabilito che il rilascio dei detenuti politici ha lo scopo di rafforzare lo spirito di accordo nazionale e di pace, determinato dal dialogo nazionale, politico e sociale, per creare il clima appropriato per il lavoro nazionale e aprire le porte per la partecipazione di tutte le forze politiche in deliberazione su questioni nazionali per il futuro, nonché sui passaggi per redigere la Costituzione permanente del Paese.
Suna ha sottolineato che il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento a tali questioni nella sua dichiarazione davanti all'assemblea nazionale, all'inizio di questo mese. Nel frattempo, il ministro dello Stato e il direttore degli uffici presidenziali, Hatem Hassan Bakheet, ha dichiarato che le autorità competenti hanno immediatamente adottato la decisione del presidente sul rilascio dei detenuti politici.
Tale decisione viene da un regime, con a capo proprio al-Bashir, salito al potere nel 1989 in seguito ad un colpo di Stato islamista, accusato per decenni di aver perpetrato violazioni dei diritti umani sulla propria popolazione, specialmente nell'ormai autonomo ed indipendente Sudan del Sud, il Darfur. Per tale ragione, infatti, su Bashir pende un'accusa per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale. Tuttavia, da alcuni mesi, si intravede uno spiraglio di apertura democratica nel Paese, con la nomina di un vice presidente, e la volontà di Bashir di non presentarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2020.
Molti gruppi hanno tuttavia boicottato l'iniziativa, chiedendo a Bashir di abrogare prima quei provvedimenti che descrivono come sicurezza repressiva e leggi sulla stampa e liberare i detenuti politici. Suna non ha specificato quanti prigionieri politici la decisione avrebbe interessato, tantomeno i nomi di nessuno di quelli che dovrebbero essere rilasciati.
Il mese scorso Bashir ha ordinato la liberazione di circa 80 detenuti politici, alcune settimane dopo essere stati arrestati a causa delle proteste in tutto il Paese per l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e le misure di austerità in corso. I gruppi di opposizione hanno detto che circa 50 detenuti politici rimangono in prigione, tra cui il famoso politico Mohamed Mokhtar al-Khatib, il leader del Partito Comunista del Sudan.
Centinaia di Darfuri sono tuttora detenuti in detenzione dal Servizio nazionale di intelligence e sicurezza (NISS), nonostante l'ordine emesso dal presidente Al Bashir lo scorso mercoledì. La prigione di Kober a Khartoum e il carcere di Port Sudan detengono ancora 61 detenuti del Maaliya che sono stati lì per più di nove mesi, insieme ad altri sette studenti dell'UPC che sono stati arrestati dopo aver organizzato discorsi nel mercato Bahri di Khartoum l'anno scorso.
Da anni, tuttavia, le cancellerie occidentali collaborano con il regime di Bashir, nell'ottica di politiche bilaterali di prevenzione del terrorismo internazionale e di controllo dei flussi migratori che, attraverso l'Egitto e la Libia, giungono sulle coste meridionali dell'Europa. Trump ha infatti già rimosso una serie di sanzioni che pendevano in capo al Sudan, ed ha promesso di rimuoverlo dalla blacklist degli Stati sponsor del terrorismo internazionale di matrice islamista, anche se tuttavia non è stato ancora preso nessun provvedimento in tal senso. L'Unione europea, altresì, ha sottoscritto con Khartoum un memorandum d'intesa sulle politiche di cooperazione in materia di antiterrorismo e controlli delle migrazioni, sempre in un'ottica di revoca delle sanzioni.
di Francesco Manta
Suna ha sottolineato che il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento a tali questioni nella sua dichiarazione davanti all'assemblea nazionale, all'inizio di questo mese. Nel frattempo, il ministro dello Stato e il direttore degli uffici presidenziali, Hatem Hassan Bakheet, ha dichiarato che le autorità competenti hanno immediatamente adottato la decisione del presidente sul rilascio dei detenuti politici.
Tale decisione viene da un regime, con a capo proprio al-Bashir, salito al potere nel 1989 in seguito ad un colpo di Stato islamista, accusato per decenni di aver perpetrato violazioni dei diritti umani sulla propria popolazione, specialmente nell'ormai autonomo ed indipendente Sudan del Sud, il Darfur. Per tale ragione, infatti, su Bashir pende un'accusa per crimini di guerra da parte della Corte penale internazionale. Tuttavia, da alcuni mesi, si intravede uno spiraglio di apertura democratica nel Paese, con la nomina di un vice presidente, e la volontà di Bashir di non presentarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2020.
Molti gruppi hanno tuttavia boicottato l'iniziativa, chiedendo a Bashir di abrogare prima quei provvedimenti che descrivono come sicurezza repressiva e leggi sulla stampa e liberare i detenuti politici. Suna non ha specificato quanti prigionieri politici la decisione avrebbe interessato, tantomeno i nomi di nessuno di quelli che dovrebbero essere rilasciati.
Il mese scorso Bashir ha ordinato la liberazione di circa 80 detenuti politici, alcune settimane dopo essere stati arrestati a causa delle proteste in tutto il Paese per l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e le misure di austerità in corso. I gruppi di opposizione hanno detto che circa 50 detenuti politici rimangono in prigione, tra cui il famoso politico Mohamed Mokhtar al-Khatib, il leader del Partito Comunista del Sudan.
Centinaia di Darfuri sono tuttora detenuti in detenzione dal Servizio nazionale di intelligence e sicurezza (NISS), nonostante l'ordine emesso dal presidente Al Bashir lo scorso mercoledì. La prigione di Kober a Khartoum e il carcere di Port Sudan detengono ancora 61 detenuti del Maaliya che sono stati lì per più di nove mesi, insieme ad altri sette studenti dell'UPC che sono stati arrestati dopo aver organizzato discorsi nel mercato Bahri di Khartoum l'anno scorso.
Da anni, tuttavia, le cancellerie occidentali collaborano con il regime di Bashir, nell'ottica di politiche bilaterali di prevenzione del terrorismo internazionale e di controllo dei flussi migratori che, attraverso l'Egitto e la Libia, giungono sulle coste meridionali dell'Europa. Trump ha infatti già rimosso una serie di sanzioni che pendevano in capo al Sudan, ed ha promesso di rimuoverlo dalla blacklist degli Stati sponsor del terrorismo internazionale di matrice islamista, anche se tuttavia non è stato ancora preso nessun provvedimento in tal senso. L'Unione europea, altresì, ha sottoscritto con Khartoum un memorandum d'intesa sulle politiche di cooperazione in materia di antiterrorismo e controlli delle migrazioni, sempre in un'ottica di revoca delle sanzioni.
di Francesco Manta
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