«Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo».
La nave di Medici senza frontiere allontanata da un’area del Mediterraneo dove c’era un’imbarcazione in difficoltà e decine di migranti riportati in Libia. La denuncia arriva da Msf che racconta come, ieri, alle 10.32, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma abbia allertato la nave Aquarius, gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere (MSF) e SOS Mediterranee, e la Guardia costiera libica, di un gommone in difficoltà con a bordo circa 120 persone, in acque internazionali a 23-24 miglia nautiche dalla costa libica.
Il gommone è stato identificato per primo da un aereo militare europeo. Sebbene la Aquarius sia arrivata sulla scena per prima, intorno alle 11.00, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo ha informato la nave che sarebbe stata la Guardia costiera libica a occuparsi del soccorso, per questo alla Aquarius è stato indicato di rimanere in standby e di non avviare nessuna operazione.
Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.
L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili - tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie - che sono stati evacuati sull’Aquarius.
«Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale.
Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.
L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili - tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie - che sono stati evacuati sull’Aquarius.
«Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale.
Mentre siamo riusciti a negoziare l’evacuazione sulla Aquarius di 39 casi medici e vulnerabili, per la sicurezza delle persone a bordo e del team dell’Aquarius, non abbiamo potuto completare il soccorso».Alle 13.52 la Guardia costiera libica ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi dalla scena, con decine di persone ancora sul gommone. Alle 14.09 queste persone sono state prese dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia.
Msf ribadisce ancora una volta che la Libia «non è un luogo sicuro e per nessun motivo rifugiati e migranti dovrebbero esservi riportati». L’organizzazione «continua ad appellarsi ai Governi europei per dare priorità alla sicurezza di rifugiati e migranti invece di rafforzare attivamente politiche di deterrenza e contenimento in Libia».
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