In Veneto (ma anche in Lombardia ed Emilia) la disoccupazione è scesa ai livelli della Germania. L’allarme dalle Pmi: «Insufficiente la manodopera italiana, serve quella straniera»
Primo punto (sorretto dai numeri): nel Nordest ma anche in Lombardia e in Emilia la ripresa economica è ormai un fatto consolidato e la disoccupazione è scesa ai livelli della Germania. Secondo punto (un timore per il momento): fatichiamo a trovare manodopera sufficiente a sorreggere questo boom «dunque speriamo che gli immigrati non decidano di tornare nei loro paesi di origine».
La mappa del 2017 di Eurostat
Il punto di partenza di Valerio è uno studio condotto dalla sua associazione sulla base di dati di Eurostat: nel 2017 - ecco il punto focale della ricerca - la disoccupazione in Veneto si è attestata al 6,3%, simile al 6,4 della Lombardia e al 6,6 dell’Emilia. Un dato che spinge il nuovo triangolo industriale italiano fuori dalla crisi lo mette al passo con la germania anche se l’Est Europa fa ancora meglio (Romania 4,6%, Ungheria 3,9, Repubblica Ceca 2,3). Se si prende poi Padova come punto d’osservazione si scopre che nell’ultimo anno sono nati 6.370 nuovi posti di lavoro, 2.000 dei quali appannaggio di cittadini stranieri. «Da queste statistiche - osserva Valerio - discendono due considerazioni: La prima: la ripresa è in essere. La seconda: ci sono settori interamente occupati da stranieri. Cosa accadrebbe se queste persone rientrassero nei loro paesi di origine dove oggi esiste quell’offerta di lavoro che ieri mancava? Il tema è scomodo e può non piacere ma credo vada affrontato con più programmazione e meno demagogia».
«Il nuovo boom diverso dagli anni ‘90»
Carlo Valerio è titolare di un’azienda che produce materiali per l’edilizia il 90% dei quali vengono venduti all’estero. Primo interrogativo: la ripresa dunque c’è davvero? «Da noi c’è di sicuro e per il 2018 le aspettative sono per un’ulteriore crescita. Alcuni settori, come la meccanica di precisione si stano rivelando trainanti». Ma c’è differenza rispetto al boom che negli anni ‘90 fece conoscere al mondo ilo fenomeno del Nordest? «Eccome. Stavolta è molto più legato alla qualità del prodotto, poggia su basi più solide che derivano dal fatto che le aziende hanno investito molto in tecnologia e hanno ampliato l’orizzonte dei loro mercati».
I timori della grande fuga
Ma da dove nasce il timore che il nuovo boom possa essere frustrato dalla fuga dei lavoratori stranieri? «Da un ragionamento semplice. Le imprese fanno già oggi fatica a trovare gli operai sufficienti a sostenere la ripresa poiché i giovani, sbagliando, rivolgono le loro scelte altrove. Occorre far ricorso agli stranieri ma nei loro Paesi stanno accadendo due cose: anche lì la ripresa è in atto e la richiesta di manodopera è ancora più alta che da noi. Dunque potrebbero decidere di fare ritorno a casa loro, aprendo ulteriori falle nel nostro sistema». Insomma, c’è ancora bisogno di immigrati in veneto e nel Nord in generale? «Se si parla di immigrati tutti si agitano, se le chiamiamo risorse lo stesso. Allora diciamo che sono persone, lavoratori che se arrivano qui con volontà di integrarsi e di rispettare le nostre regole troveranno un futuro». Anche perché i livelli di stipendio che garantisce il Nordest non sono certo quelli della Romania o della Repubblica Ceca...«Per il momento è così, ma la dinamica potrebbe presto cambiare».
Claudio Del Frate
Carlo Valerio, presidente della Confapi di Padova (vale a dire l’associazione che raggruppa le piccole e medie imprese del suo territorio) si spinge a dire ciò che fino a oggi nessuno aveva osato e cioè che l’economia italiana potrebbe avere presto bisogno di chi arriva dall’estero. Il tutto, inutile girarci attorno, in un territorio a forte trazione leghista e che ha contribuito in modo determinante al successo elettorale di Salvini.
La mappa del 2017 di Eurostat
Il punto di partenza di Valerio è uno studio condotto dalla sua associazione sulla base di dati di Eurostat: nel 2017 - ecco il punto focale della ricerca - la disoccupazione in Veneto si è attestata al 6,3%, simile al 6,4 della Lombardia e al 6,6 dell’Emilia. Un dato che spinge il nuovo triangolo industriale italiano fuori dalla crisi lo mette al passo con la germania anche se l’Est Europa fa ancora meglio (Romania 4,6%, Ungheria 3,9, Repubblica Ceca 2,3). Se si prende poi Padova come punto d’osservazione si scopre che nell’ultimo anno sono nati 6.370 nuovi posti di lavoro, 2.000 dei quali appannaggio di cittadini stranieri. «Da queste statistiche - osserva Valerio - discendono due considerazioni: La prima: la ripresa è in essere. La seconda: ci sono settori interamente occupati da stranieri. Cosa accadrebbe se queste persone rientrassero nei loro paesi di origine dove oggi esiste quell’offerta di lavoro che ieri mancava? Il tema è scomodo e può non piacere ma credo vada affrontato con più programmazione e meno demagogia».
«Il nuovo boom diverso dagli anni ‘90»
Carlo Valerio è titolare di un’azienda che produce materiali per l’edilizia il 90% dei quali vengono venduti all’estero. Primo interrogativo: la ripresa dunque c’è davvero? «Da noi c’è di sicuro e per il 2018 le aspettative sono per un’ulteriore crescita. Alcuni settori, come la meccanica di precisione si stano rivelando trainanti». Ma c’è differenza rispetto al boom che negli anni ‘90 fece conoscere al mondo ilo fenomeno del Nordest? «Eccome. Stavolta è molto più legato alla qualità del prodotto, poggia su basi più solide che derivano dal fatto che le aziende hanno investito molto in tecnologia e hanno ampliato l’orizzonte dei loro mercati».
I timori della grande fuga
Ma da dove nasce il timore che il nuovo boom possa essere frustrato dalla fuga dei lavoratori stranieri? «Da un ragionamento semplice. Le imprese fanno già oggi fatica a trovare gli operai sufficienti a sostenere la ripresa poiché i giovani, sbagliando, rivolgono le loro scelte altrove. Occorre far ricorso agli stranieri ma nei loro Paesi stanno accadendo due cose: anche lì la ripresa è in atto e la richiesta di manodopera è ancora più alta che da noi. Dunque potrebbero decidere di fare ritorno a casa loro, aprendo ulteriori falle nel nostro sistema». Insomma, c’è ancora bisogno di immigrati in veneto e nel Nord in generale? «Se si parla di immigrati tutti si agitano, se le chiamiamo risorse lo stesso. Allora diciamo che sono persone, lavoratori che se arrivano qui con volontà di integrarsi e di rispettare le nostre regole troveranno un futuro». Anche perché i livelli di stipendio che garantisce il Nordest non sono certo quelli della Romania o della Repubblica Ceca...«Per il momento è così, ma la dinamica potrebbe presto cambiare».
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