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venerdì 25 maggio 2018

Malaysia - Pena di morte per Maria Exposto nonna di Sydney, vittima di un inganno, ha trasportato droga

Corriere della Sera
Maria Exposto fu fermata nel 2014 all’aeroporto con oltre un chilo di «ice» nella borsa che le avrebbe dato un «fidanzato conosciuto online». I giudici: «Doveva controllare».



Una donna (e nonna) australiana di 54 anni, Maria Elvira Pinto Exposto, è stata condannata a morte in Malaysia per traffico internazionale di droga: tre anni e mezzo fa fu arrestata all’aeroporto di Kuala Lumpur mentre rientrava a Melbourne con oltre 1 chilo di metanfetamine, meglio note come «ice», in un compartimento segreto di una borsa che però, ha sempre sostenuto la difesa, lei non sapeva cosa contenesse. 


I tre giudici della Corte d’appello della capitale malese l’hanno ritenuta colpevole e per la legge del Paese sul traffico di droga, introdotta nel 1983, chi viene beccato con più di mezzo chilo «dev’essere impiccato». C’è ancora una speranza per Maria Exposto: che almeno l’ultimo grado di giudizio, come aveva fatto il primo, creda alla sua innocenza.l raggiro del «fidanzato online»
Sul fatto che nella valigia della signora ci fosse la droga non ci sono dubbi. Ma secondo il giudice di primo grado Maria era stata raggirata: non sapeva cosa trasportava. La valigia le era stata consegnata da un «fidanzato conosciuto online, che sosteneva di essere il capitano Daniel Smith delle forze speciali Usa». Secondo il giudice la signora si era «ingenuamente innamorata» di quest’uomo incontrato su internet, con cui ha avuto una relazione soltanto online per due anni, prima che lui la convincesse ad andare a trovarlo a Shanghai. Lì l’uomo le ha dato la borsa: «Dentro ci sono dei vestiti che dovresti portare a Melbourne». Lei ci ha creduto e si è imbarcata per fare ritorno a casa.
L’accusa e i documenti per la pensione
Allo scalo di Kuala Lumpur la sua ingenuità ha abbattuto un altro limite: la signora — sottolinea la difesa a sostegno della sua innocenza — si è offerta di passare la valigia nello scanner degli agenti di controllo, quando l’operazione era ancora facoltativa. «Lì hanno scoperto che in una parte nascosta dello zaino c’era la droga». 

E così Maria è stata arrestata, ha perso il visto e ha affrontato il processo. Assolta in primo grado a dicembre, sembrava aver evitato la pena capitale. «Siamo di fronte a un caso di adescamento online: volevano trasformarla in un mulo della droga a sua insaputa, è evidente», ha detto all’Afp la sua avvocata Tania Scivetti. 

Ma la Corte d’Appello è di un’altra opinione. «Avrebbe avuto tutto il tempo per controllare cosa c’era nella borsa che le aveva dato un uomo conosciuto da così poco. Avrebbe dovuto avere dei sospetti, e sappiamo che la signora prima del volo aveva incontrato qualcuno per ottenere i documenti per la pensione», come se sapesse che con i soldi della partita si sarebbe sistemata a vita. Ora l’Alta Corte è l’ultima chance che le resta per evitare la fine toccata già a tre australiani in Malaysia negli ultimi 30 anni, tutti impiccati per traffico di stupefacenti. Gli avvocati dicono che Maria «è ancora fiduciosa. Non aveva mai visto della droga in vita sua».

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