Il Senegal sa già che quest’estate sperimenterà la peggiore crisi alimentare dal 2012, a causa di una siccità che si è diffusa in sei dipartimenti nel nord del Paese. Sebbene il governo e la comunità umanitaria abbiano messo in atto misure di contenimento, il sistema sanitario nazionale avrà serie difficoltà nel trattare tutti i bambini che subiranno in prima istanza l’impatto nutrizionale della crisi. Sarà la stagione della fame più dura degli ultimi sei anni nel Sahel, una regione in cui il cambiamento climatico sta aumentando la frequenza e l’intensità delle siccità.
Milano - “Questa non è una crisi improvvisa: grazie al nostro sistema di telerilevamento e siti sentinella, già a novembre segnalavamo la mancanza di pascoli, che ha fatto avanzare i movimenti di transumanza di migliaia di pastori. Migliaia di donne hanno passato mesi da sole a prendersi cura dei loro figli, senza reddito e senza il latte delle mucche portate in pascoli lontani dai loro mariti. È un lungo processo, in cui i meccanismi di risposta si stanno esaurendo e la situazione nutrizionale, specialmente quella dei bambini, si sta deteriorando fino a diventare una malattia, spesso fatale”, spiega da Dakar Fabrice Carbonne, Direttore Paese di Azione contro la Fame.
“Gli agricoltori – continua – non hanno nemmeno raccolto quanto previsto, e questo ha avuto un impatto diretto sull’aumento dei prezzi, soprattutto nei sei dipartimenti critici nel nord del Paese: i tre dipartimenti della regione di Matam (Matam, Ranerou, Kanel) e i dipartimenti limitrofi di Podor, Tambacounda e Goudiry. Il nord del Senegal è un’area particolarmente vulnerabile: il suo tasso di insicurezza alimentarespesso scompare nelle statistiche, che prendono in considerazione i tassi di prevalenza di tutto il Paese, ma quest’anno l’impatto della fame in quello che è considerato uno degli stati più stabili e prosperi dell’Africa sarà evidente,” spiega Carbonne.
Rispondere al sistema di sanità pubblica
Azione contro la Fame sta già lavorando con il sistema sanitario nazionale su un piano di emergenza per la diagnosi precoce e il trattamento della malnutrizione nelle aree più colpite: “la nostra strategia non è quella di raggiungere una manciata di comunità, ma di lavorare mano nella mano con il sistema sanitario nazionale, rafforzando le loro capacità tecniche, in modo che possano gestire questo tipo di crisi ricorrenti in futuro. Sosterremo inoltre il trattamento della malnutrizione acuta grave in 16 distretti sanitari nel nord e nell’est del Paese”, spiega Carbonne.
La risposta coordinata della comunità umanitaria e delle agenzie governative prevede anche la distribuzione di contante tra le comunità di pastori più colpite. Azione contro la Fame sarà responsabile della distribuzione nell’area di Podor.
Inoltre, nelle comunità di pastori lontane dai centri sanitari, Azione contro la Fame sta formando persone delle comunità locali per rilevare la malnutrizione tra i bambini sotto i cinque anni e curarli nella comunità stessa, grazie all’uso di alimenti terapeutici pronti all’uso.
L’emergenza deve generare resilienza
“La nostra decennale esperienza nella regione ci ha dimostrato che esistono strategie efficaci per ridurre la malnutrizione, ma dobbiamo porre maggiore enfasi sulla prevenzione e non lavorare solo sull’emergenza. La stagione della fame è iniziata ad aprile e durerà cinque mesi: il rafforzamento a medio e lungo termine del sistema sanitario e la creazione di un’agricoltura adattata ai cambiamenti climatici devono essere una priorità”, sottolinea Carbonne.
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