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martedì 31 luglio 2018

Nave italiana soccorre e riporta nel "porto sicuro" della Libia 108 migranti. Violazione del diritto di asilo

La Repubblica
L'atto in violazione della legislazione internazionale che garantisce il diritto d'asilo e che non riconosce la Libia come un porto sicuro. Il vicepremier: "Nostre navi non sono intervenute nelle operazioni". Fratoianni (LeU): "Ci sono le prove della violazione".

Per la prima volta una nave italiana ha riportato in Libia migranti soccorsi nel Mediterraneo. La Asso 28, nave di supporto a una piattaforma petrolifera, è stata coinvolta nelle operazioni di soccorso di un gommone con 108 persone a bordo. Come avviene ormai da settimane, la sala operativa di Roma ha dato indicazioni di coordinarsi con la Guardia costiera libica e, prese a bordo le persone, la Asso 28 ha seguito le indicazioni e le ha sbarcate nel porto di Tripoli.

Un fatto senza precedenti in violazione della legislazione internazionale che garantisce il diritto d'asilo e che non riconosce la Libia come un porto sicuro in cui, secondo la convenzione di Ginevra, devono essere sbarcati i migranti soccorsi. Nessuno dei migranti riportati a Tripoli, infatti, ha avuto la possibilità di chiedere asilo come garantito dalla legge.

[...]
Ieri è stata una nuova giornata di soccorsi nel Mediterraneo. Sei i gommoni avvistati dall'aereo della Ong francese Pilotes Volontaires con almeno 600 persone a bordo, 350 quelle di cui si ha notizia perché riportate in Libia dalla Guardia costiera libica ma anche dalla nave italiana.

La fonte >>>

Razzismo? Giustizia fai da te? Le parole del candidato Salvini nel 2017 ...

Blog Diritti Umani - Human Rights
Si inseguono varie voci e smentite se i gravi episodi di questi giorni siano o meno episodi di razzismo. Il clima ostile verso i migranti è stato alimentato da tanti interventi pubblici dove,  a più riprese, sono state dette frasi gravi e che non hanno bisogno di commento.

Un video ci aiuta a ricordare le frasi che ci hanno accompagnato durante la campagna elettorale della Lega di cui Salvini ne è stato il principale portavoce: 
"C'è bisogno di una pulizia di massa, anche in Italia, via per via, quartiere per quartiere, piazza per piazza, con le maniere forti se serve perchè ci sono interi pezzi di città, interi pezzi d'Italia che sono fuori controllo"
Matteo Salvini




lunedì 30 luglio 2018

Daisy Osakue, campionessa azzurra di origine nigeriana, ferita in sospetto atto di razzismo

La Repubblica
La denuncia di Enrico Mentana su Instagram. Da un'auto di passaggio sono state lanciate uova contro il gruppo in cui c'era l'atleta che è stata colpita a un occhio ed ha avuto una lesione alla cornea. A rischio la partecipazione agli Europei di Berlino.
Colpita al volto mentre tornava a casa a Moncalieri. Presa di mira da un gruppo di giovani forse per il colore della sua pelle. E’ l’ennesimo gravissimo caso avvenuto nelle ultime settimane, e questa volta la vittima è una campionessa italiana dell’atletica leggera, nata da genitori nigeriani ma da sempre cresciuta in Piemonte.
Daisy Osakue, 22 anni, è la primatista italiana Under 23 di lancio del disco. Ma rappresenta i colori azzurri anche nel getto del peso. Secondo quando avrebbero accertato gli inquirenti, è stata colpita in pieno volto da un uovo lanciato da un'auto in corsa. Trasportata all'ospedale Oftalmico di Torino, ha riportato una lesione alla cornea e dovrà essere operata per rimuovere un frammento di guscio dell'uovo.

L’atleta si stava preparando agli Europei di Berlino, ma ora la sua partecipazione alla rassegna continentale è fortemente a rischio. Gli aggressori sono ricercati dai carabinieri.
Dopo l’aggressione, la sua foto con un occhio pestato e le lacrime che le solcano il viso è stata pubblicata su Instagram da Luca Paladini, un attivista per i diritti Lgbt e subito rilanciata da altri utenti, fra i quali il direttore di La7 Enrico Mentana.

Daisy Osakue è nata a Torino da genitori nigeriani emigrati in Italia. Inizia la carriera con le prove ad ostacoli, dove riesce ad ottenere un titolo cadetti nel 2011. Benché principalmente ostacolista, il suo talento come discobola e pesista è visibile fin dai primi anni e i buoni risultati portano la giovane Daisy a focalizzarsi in queste due discipline.

Nel gennaio dello scorso anno si trasferisce alla Angelo State University, nel Texas, per proseguire gli studi. Due mesi dopo, in un meeting ad Abilene stabilisce un nuovo primato italiano under 23, scagliando il disco a 57,49 metri.L'8 aprile 2018 gareggiando nella sua facoltà, porta il suo personale a 59,72 m, record italiano promesse e quarta migliore prestazione di sempre tra le discobole italiane.

A 83 anni organizza un sit-in solitario: dico sì agli immigrati.

La Stampa
La donna fotografata sulla piazza di Arco con un cartello: benvenuti nel mio Paese e nella mia casa. E assicura che è pronta a rifarlo domenica prossima.


Di lei al momento si sa pochissimo: ha 83 anni e vive ad Arco, in provincia di Trento. La donna è stata fotografata questa mattina davanti alla chiesa del suo comune dove ha messo in atto un sit-in in solitaria. Uno scatto destinato ad alimentare il dibattito sul tema di accoglienza e immigrazione.


Tra le nove e le undici la pensionata si è accomodata su una sedia all’ombra, proprio davanti alla chiesa, ed ha retto in mano un cartello in cui ha scritto: «Io cristiana dico sì ai migranti, nel mio paese e nella mia casa». Una protesta che non è passata inosservata e che è finita sulla pagina Facebook di un gruppo di concittadini, mai così divisi tra sostenitori dell’iniziativa e contrari («Se li vuole tutti a casa sua va bene. Io non li voglio! Anzi che andassero via anche chi c’è già»).

Chi ha conosciuto la nonnina e postato la foto in rete racconta perché la pensionata abbia deciso di manifestare la propria posizione in modo così plateale. «Ho parlato con lei ed è stato un piacere – ha raccontato in rete l’autrice dello scatto - ammiro persone così che esprimono le loro idee alla luce del sole e autonomamente. Mi ha raccontato dell’inizio del fascismo, dei pro e dei contro, e di come la xenofobia piano piano si insinuasse nel cuore delle persone. Ha fatto dei paragoni con quello che sta succedendo adesso e di come sia facile portare un essere umano a rifiutarne altri perché diversi trasmettendo paura e promuovendo odio. Mi ha detto: siamo tutti di questa terra. Io sono d’accordo con lei e volentieri ho postato la sua foto».

Ma non basta, perché l’autrice dello scatto ha anche avuto rassicurazioni dalla pensionata con il cartello che ha annunciato che anche la prossima domenica sarà in piazza ad Arco. Inevitabile il fiume di commenti ma altrettanto inevitabile che qualcuno abbia preso posizione a sostegno della donna, facendo già sapere di voler andare a conoscerla e a supportarla domenica prossima.

Andrea Zambenedetti

Sudan, libero Matar Younis Ali Hussein l’insegnante di religione, difensore dei diritti umani, che rischiava la pena di morte

Presenza
Matar Younis Ali Hussein, insegnante e difensore dei diritti umani tra i più coraggiosi del Sudan, è salvo.

(Foto di https://iranians.global/)
Rischiava la pena di morte per aver preso posizione in favore della popolazione del Darfur – dal 2003 vittima collettiva di un’offensiva militare per la quale il presidente sudanese Omar al-Bashir è imputato presso il Tribunale Penale Internazionale per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio – ma dal 26 luglio è libero.

Matar Younis Ali Hussein era stato arrestato il 1° aprile dopo aver criticato il governo sudanese per gli omicidi, i rapimenti, le devastazioni e i saccheggi dei villaggi, la violenza sessuale e altro ancora in corso da 15 anni in Darfur. Più volte, aveva denunciato il falso “processo di pace” promosso dal governo e aveva sollecitato protezione per gli sfollati del conflitto.

Il 24 giugno era stato incriminato per “guerra contro lo stato”, “tentativo di sovvertire il sistema costituzionale” e “spionaggio”. Se giudicato colpevole anche di uno solo di questi reati, sarebbe stato messo a morte.

E invece, grazie a un’enorme mobilitazione interna e internazionale, è stato assolto e rilasciato. Ora si spera che Matar Younis Ali Hussein possa riprendere a insegnare la religione coranica e a chiamare alla preghiera dalla moschea di Zalingei, nel Darfur centrale, senza temere ulteriori persecuzioni e rappresaglie giudiziarie.

Mattarella, migranti sono nuovi schiavi. Nessun paese è immune da questa violazione della dignità umana

Ansa
"La schiavitù ha rappresentato una delle maggiori vergogne dell'umanità. Oggi, Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani ci impone di ribadire la condanna e la battaglia contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova". 


Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ponendo l'accento sul fatto che "terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio". 

 "Nessun Paese - avverte - è immune da questa sistematica violazione della dignità umana" e nessuno deve avere "la tentazione di guardare altrove".

domenica 29 luglio 2018

Aprilia, lo credono un ladro: marocchino di 43 anni inseguito e pestato a morte

Blog Diritti Umani - Human Rights
Pubblicano con molta preoccupazione questa notizia che conferma il clima avvelenato che si è diffuso nel paese, si moltiplicano episodi sempre più gravi in cui sono vittime sopratutto i migranti.
Non ci dimentichiamo che la pena, in uno Stato di diritto, viene comminata dalla magistratura dopo un regolare processo e ... non è prevista la pena di morte per nessun reato e tanto meno per un tentato furto. Non è consentito farsi "giustizia" da sé  e tantomeno mettere in opera un linciaggio. 

La Repubblica
Due uomini di 40 anni sono stati denunciati dai carabinieri per omicidio preterintenzionale. Convinti che l'uomo alla guida di un'auto sottocasa volesse rubare, gli hanno dato la caccia e ucciso.



Aprilia - Inseguito e pestato a morte. La caccia ad un uomo, presunto ladro, è sfuggita di mano la notte scorsa ad Aprilia, nel nord della provincia di Latina, e i giustizieri della porta accanto si sono all'improvviso trasformati in assassini. Ne sembrano convinti i carabinieri, che dopo alcune indagini hanno denunciato due uomini di 40 anni, del posto, ipotizzando l'omicidio preterintenzionale.

A far scattare la giustizia fai da te sarebbe stata un'auto, una Renault Megane che si aggirava attorno alle 2 in via Guardapasso, una zona periferica. I residenti, sicuri che si trattasse di ladri, hanno prima dato l'allarme al 112 e poi, senza aspettare l'arrivo di una pattuglia, si sono messi direttamente all'inseguimento dell'utilitaria. Il conducente della Megane, dopo aver tentato la fuga, è finito fuori strada nei pressi di via Nettunense e quando i militari dell'Arma sono giunti sul posto vicino all'auto hanno trovato il corpo senza vita di un uomo di 43 anni, di nazionalità marocchina, con attrezzi da scasso in uno zaino.

Visionate le immagini di alcune telecamere di sorveglianza e convinti alcuni testimoni a parlare, i carabinieri ritengono che il presunto ladro sia stato aggredito e ucciso. Sono così scattate le due denunce a piede libero. Uno degli indagati era rimasto sul luogo della tragedia, mentre l'altro si è infine costituito.

Ormai è tragicamente palese! Salvini rilancia le frasi sciagurate di Mussolini: "tanti nemici tanto onore" per sdoganare il fascismo.

Globalist
Il ministro [...] si appropria degli slogan del Duce. Tra i 'nemici' c'erano gli ebrei. Tra gli amici Hitler.


Ormai il gioco è fin troppo chiaro: sdoganare il fascismo e i fascisti. Fino ad appropriarsi delle più sciagurate citazioni del Duce Benito Mussolini: tanti nemici tanto onore.
 

Detta - e questo è un segnale che le 'camicie nere' hanno compreso benissimo - proprio nel giorno del compleanno del dittatore sanguinario.

Peccato che i ‘tanti nemici e il tanto onore’ si siano tradotti nella tragedia della seconda Guerra mondiale, nella distruzione di un paese, in migliaia di morti della sciagurata spedizione in Russia, in frasi retoriche come ‘spezzeremo le reni alla Grecia’ che si sono tradotte in disfatta.

Nella guerra dichiarata alla Francia mentre il popolo bue gioiva a piazza Venezia pensando che fosse tutto un gioco.


E poi Salvini dimentica che tra i tanti ‘nemici’ c’erano gli ebrei mandati a morire dal Duce dopo la vergogna delle leggi razziali e tra gli amici c’era Hitler.


Uno degli artefici del governo del Cambiamento che cita il più buio passato.
E infatti è il governo della Restaurazione.

Ventimiglia, la denuncia di Save the Children: "Minori costrette a prostituirsi per pagare il passaggio della frontiera"

AnsaMed
"Survival sex", sono indicate così le minorenni costrette a prostituirsi per pagare il passaggio del confine a Ventimiglia o reperire cibo e un posto dove dormire.
E' la nuova tappa dell'orrore della tratta dei minori, denunciata nell'ultimo rapporto di Save the Children.



Si tratta di ragazze provenienti per lo più dal Corno d'Africa e dall'Africa-sub-sahariana che devono versare ai "passeurs" tra i 50 e i 150 euro per il viaggio in auto.
La situazione, sottolinea Save the children, si è aggravata anche dopo lo sgombero, ad aprile 2018, dell'accampamento nell'area lungo il fiume Roja. Da allora, gli operatori di Save the Children hanno rilevato la permanenza in strada di molti minori "in condizioni degradanti, promiscue e pericolose".

Il fenomeno colpisce in particolare i minori eritrei a Ventimiglia nei primi mesi del 2018 ha fatto registrare un notevole incremento rispetto all'anno precedente, quando rappresentava appena il 10% dei transitanti. Nel rapporto di Save the Children si evince che degli oltre 750 migranti transitati a Ventimiglia a marzo 2018, più della metà erano eritrei, di cui più di uno su cinque minorenne.

L'Egitto condanna a morte 75 manifestanti pro-Morsi

HuffPost
Pena capitale per i sostenitori, tra cui anche alcuni Fratelli Musulmani, che nel 2013 manifestarono a favore dell'ex presidente egiziano.


Il tribunale del Cairo ha condannato 75 persone alla pena di morte, tra cui alcuni alti esponenti dei Fratelli Musulmani, il movimento messo al bando in Egitto, per le violenze compiute durante lo sgombero del sit-in pro-Morsi nella capitale egiziana nel 2013. La sentenza è giunta al termine di un maxi processo che si trascina da due anni, mentre il verdetto su altri 660 imputati è previsto per l'8 settembre.

La decisione del tribunale penale del Cairo sarà ora rimandata al Gran Mufti, la principale autorità teologica del Paese, per il suo parere non vincolante sulle sentenze, che di fatto solitamente approva le decisioni della Corte.

Il caso coinvolge 739 imputati tra cui Mohamed Badie, la Guida suprema dei Fratelli musulmani, il movimento messo al bando in Egitto in seguito a una deriva terroristica di sue frange per reazione alla rivoluzione popolar-militare che proprio cinque anni fa portò alla caduta del governo islamista, guidato dall'ex presidente Mohamed Morsi. Tra gli imputati anche il fotoreporter Mahmoud Abu Zeid.

Lo sgombero dei sit-in di protesta della Fratellanza a Rabaa e in un'altra piazza del Cairo, al-Nahda, causò la morte di centinaia di manifestanti (tra 600 e oltre mille a seconda delle stime).

Spagna salva mille migranti in 48 ore. Lo scorso anno l'Italia era elogiata dall'Europa per l'accoglienza ai migranti

HuffPost
Il servizio marittimo spagnolo ha salvato in 48 ore quasi mille migranti che tentavano di attraversare il mar Mediterraneo per raggiungere l'Europa. I soccorsi hanno recuperato stamane 206 migranti da dieci imbarcazioni diverse dopo aver salvato ieri 774 persone su 52 gommoni.


Il giro di vite in Libia ha reso più difficile raggiungere le coste italiane e dunque molti migranti tentano altre rotte come l'Algeria e il Marocco per raggiungere la Spagna dove sono almeno 20 mila gli arrivi registrati nel 2018.

sabato 28 luglio 2018

Sgombero Camping River: Associazione 21 luglio, “pagina buia per i diritti umani in Italia”

SIR
“L’azione di oggi segna un’altra pagina buia dei diritti umani in Italia una gravissima violazione dei diritti, un gesto scellerato che oltretutto offende in maniera sprezzante l’autorità e le funzioni della Corte europea”


ha commentato così Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, le operazioni di sgombero forzato del Camping River messe in atto dal Comune di Roma nonostante la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) di sospendere lo sgombero dell’insediamento rom Camping River fino a domani, sospensione che aveva l’obiettivo di monitorare la situazione del “campo” e garantire che non venissero violati i diritti umani fondamentali delle circa 300 persone rom che risiedono nell’insediamento dal 2005. 

Rappresentanti di Associazione 21 luglio seguono da questa mattina le operazioni e si sono recati sul posto in quanto Osservatori dei diritti umani, ma non è stato consentito loro (né alla stampa) di entrare. Secondo l’associazione “alle famiglie residenti non è stata notificata alcuna proposta scritta di soluzione abitativa alternativa e solo a una ristretta minoranza è stato offerto un alloggio alternativo. Per quanti lo hanno accettato ciò ha comportato la divisione del nucleo famigliare. Un centinaio di persone rimaste escluse si trovano attualmente in prossimità del campo”.

“Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità – denuncia Stasolla – saranno esposte a un’ancora maggiore vulnerabilità. Da oggi vivere in Italia, e nella città di Roma, non significa vedersi garantiti i diritti umani fondamentali”. Associazione 21 luglio sta valutando le azioni più opportune per rispondere allo sgombero forzato organizzato in data odierna in deroga alla decisione assunta nei giorni scorsi dalla Corte europea.

Siria, Assad inizia a fornire i nomi dei primi 400 "desaparecidos" che Amnesty stima siano 82.000

Corriere della Sera
Le liste dei deceduti affisse al governo contano 400 nomi ma le persone scomparse e uccise secondo Amnesty International sarebbero almeno 82 mila. 


Il certificato di morte porta la data 15 gennaio 2013, per cinque anni i famigliari hanno continuato a sperare senza sapere che non avesse più senso. L'hanno scoperto solo pochi giorni fa, quando la burocrazia del regime siriano ha sancito che quel ricordo di Islam Dabbas - con la felpa rossa e la scritta "libertà e basta" - sarebbe stato l'ultimo da conservare. 

Islam è finito nel buco nero della prigione di Sednaya, che inghiotte gli oppositori in una tradizione della repressione passata di padre in figlio, da Hafez a Bashar: i tre edifici sono stati costruiti dal capostipite della dinastia Assad e affidati ai servizi segreti dell'esercito. Incarcerato assieme agli altri che hanno partecipato nella primavera del 2011 alle prime manifestazioni pacifiche per chiedere le riforme. Amnesty International calcola che in queste celle siano stati ammazzati in 13 mila.

Considerati scomparsi: il clan al potere si è rifiutato di fornire notizie alle famiglie, molti non hanno neppure potuto sapere se i fratelli, i padri, le sorelle, le madri fossero stati arrestati e dove fossero detenuti, i "desaparecidos" siriani stima sempre Amnesty sono almeno 82 mila. 

Adesso il governo comincia ad ammettere che non torneranno - le liste dei deceduti affisse nelle città contano già 400 nomi - perché Bashar Assad si sente forte, non teme le proteste, la rivolta dei parenti. 

Le bugie e il silenzio sono serviti a tenerli ostaggio della speranza. Non ce n'è più bisogno. 

Con l'appoggio di russi e iraniani il presidente ha riconquistato i centri principali del Paese, invita i rifugiati a tornare. Non si sa con quali garanzie per gli oppositori, viste le sue minacce ai Caschi Bianchi, i gruppi di soccorso locali che hanno cercato di frenare la distruzione causata dai suoi bombardamenti: "Li liquideremo". 

L'obiettivo è ora riprendersi la provincia di Idlib, verso il confine con la Turchia, rimasta sotto il controllo dei rivoltosi. Un'operazione che - avvertono le organizzazioni per i diritti umani - rischia di essere ancora più devastante per i civili degli assedi negli scorsi mesi.Davide Frattini

venerdì 27 luglio 2018

Vicenza - Altro colpo di arma da fuoco che colpisce un immigrato. 7 in un mese e mezzo.

Blog Diritti Umani - Human Right
Ennesimo episodio dove con un arma ad aria compressa si spara contro un immigrato o un Rom.
La predicazione dell'odio li ha fatti diventare dei "bersagli"



Vicenza, spara dal terrazzo e ferisce immigrato: denunciato
Colpito un operaio di origine capoverdiana che lavorava su un ponteggio. Lo sparatore ai carabinieri: "Volevo prendere un piccione". La dinamica simile a quella della bimba rom di Roma. Nell'ultimo mese escalation di colpi contro gli stranieri

Tuttavia l'episodio è solo l'ultimo di una serie: sono sette nell'ultimo mese e mezzo, da Forlì a Caserta, i casi di immigrati colpiti in strada con armi ad aria compressa. Il primo avvenuto a Caserta, dove due ragazzi maliani sono stati feriti da una banda al grido "Salvini, Salvini", passando per Roma e Latina, con due stranieri colpiti mentre aspettavano il bus alla fermata. Interviene sul caso Emanuele Fiano, della presidenza del gruppo Pd della Camera: "I leader di governo dovrebbero conoscere il peso delle parole, ma cercano solo consenso. Macerata, Forlì, Caserta, adesso Vicenza, la vicenda della bimba rom da chiarire. Non sono più casi #noindifferenza", scrive Fiano su Twitter.

Gaza: Unrwa, mancanza fondi da parte di USA e paesi terzi. Licenzia 1000 dipendenti, proteste.

AnsaMed
Gaza - Giornata di tensione oggi a Gaza, in seguito al licenziamento da parte dell'Unrwa - l'agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi - di mille dipendenti temporanei. Con la distribuzione stamane delle lettere di licenziamento, riferiscono fonti locali, una manifestazione di protesta ha subito avuto luogo di fronte all'Ufficio centrale dell'Unrwa a Gaza City. 


Due giorni fa il suo direttore era stato costretto a barricarsi nell'ufficio per 14 ore, mentre in strada la polizia tratteneva a stento i dimostranti. La decisione dell' Unrwa è una conseguenza diretta del taglio da parte degli Usa di aiuti finanziari e anche dal mancato arrivo di altri aiuti promessi da Paesi terzi.
In breve tempo un migliaio di dimostranti si sono raccolti di fronte agli uffici dell'Unrwa a Gaza City ed hanno fatto appello ai dipendenti fissi affinchè scioperino e si uniscano alla loro lotta, nella convizione che presto o tardi saranno anch'essi sottoposti a licenziamenti.
Ad accrescere la esasperazione della popolazione di Gaza sono giunti ieri nuovi tagli alla erogazione della corrente elettrica, con la sospensione delle attività della centrale della Striscia. In giornate di grande afa gli abitanti ricevono adesso corrente solo per 4-6 ore al giorno.

Gli sgomberi a Roma. La perfidia del male

HuffPost
di Paolo Ciani
Martedì sono state sgomberate dall'ex Fiera di Roma 36 persone. Tra loro 20 minori, 2 disabili adulti, 4 donne incinta. Non è stato uno sgombero improvviso: le famiglie si trovavano lì dal 2012, dove erano state collocate dal Comune di Roma durante "l'emergenza neve", in alcuni container forniti dall'amministrazione comunale unitamente ad alcuni bagni chimici.



Erano state avvertite da tempo dall'amministrazione che avrebbe dovuto restituire l'area libera da "persone e cose". E così si è avviata una fase di interlocuzione: "proviamo a trovare un'area alternativa" si sono sentiti ripetere le persone, "potremmo fare così; a no c'è quest'altra possibilità, vabbè vedremo..."; ma la conclusione di fondo era sempre la stessa: "state tranquilli, nessuno rimarrà per strada".

In realtà volevano solo ottenere che le famiglie lasciassero "docilmente" il luogo dove avevano vissuto – poveramente, ma dignitosamente – negli ultimi sei anni. E questo è avvenuto: nessuna sceneggiata, nessun giornalista, nessun ricorso. Le famiglie che preparano le povere cose e l'ennesimo funzionario del Comune che rassicura: "ora uscite da qui, poi venite in ufficio e troviamo una soluzione; potrebbe essere questa... o forse quest'altra...".

Tutto avviene in tranquillità, le famiglie escono, si recano al Dipartimento Politiche Sociali (sic.!) e dopo rapidi colloqui ne escono con un nulla di fatto: l'unica proposta è quella di dividere le famiglie. Donne e bambini da una parte, uomini dall'altra.

Una proposta che è una non proposta: sarebbe facile dire "da papà" (va molto di moda...) "non lo farei mai"; ma è una proposta stupida perché va contro la ragionevolezza e contro il diritto. E ogni operatore sociale sa, che è una proposta che i Rom non hanno mai accettato: serve solo a poter dire "abbiamo offerto, ma loro non hanno accettato".

Ciò che il Comune ha puntualmente comunicato via agenzia ieri sera. Ma a che servono "buone soluzioni proposte" se non risolvono le cose? Le soluzioni se non risolvono, non sono buone. Nel caso specifico, sono finte. Serve poi a riproporre un classico: "è colpa loro".

Ma le famiglie non si dividono, è sempre stata l'unica loro forza: stare insieme. "Il Comune di Roma non ha strutture di accoglienza per famiglie", mi è stato detto. E allora non sgomberiamole le famiglie! Soprattutto quando non è necessario. La perfidia del male è anche questo: l'inganno, la denigrazione e anche l'umiliazione.
Stanotte infatti quelle persone hanno dormito in strada (e chi sa quanto ancora dovranno dormirci), mentre le loro casette erano chiuse dietro a un cancello incatenato. Perché per restituire l'area "libera da persone e cose" si è partiti dagli esseri umani? Bambini, anziani, una donna con sindrome di down. Perché? Qualcuno oggi o un domani dovrà rispondere.

Yemen: allarme Unicef, la guerra continua a distruggere le risorse idriche, rischio epidemie per milioni di bambini

AnsaMed
"Un grande impianto idrico a Sa'ada, nel nord-ovest del Paese, è stato attaccato questa settimana. Questo è il terzo attacco di questo tipo contro lo stesso impianto: più della metà della struttura è ora danneggiata, impedendo a 10.500 persone di accedere all'acqua potabile e sicura". 


E' l'allarme dell'Unicef che, in una nota, "deplora, con la massima fermezza, l'ennesimo attacco". 

"I continui attacchi ai sistemi idrici nello Yemen stanno tagliando fuori i bambini e le loro famiglie dall'acqua, aumentando la probabilità che le malattie legate all'acqua si diffondano nel paese dilaniato dalla guerra", prosegue sottolineando che il conflitto "ha già colpito duramente il sistema idrico e igienico-sanitario dello Yemen, lasciando 8,6 milioni di bambini senza accesso regolare all'acqua potabile e a rischio di malattie legate all'acqua, tra cui il colera e la diarrea acquosa acuta".

giovedì 26 luglio 2018

"Ciò che c'è da fare. Rom: parole gravi e fatti necessari" Editoriale di Marco Impagliazzo

Avvenire
Nel discorso pubblico, come in ogni momento della vita, le parole sono importanti. Hanno un valore e un peso. Se si tratta di personaggi pubblici, addirittura figure istituzionali, l’uso delle parole è ancora più delicato perché vengono diffuse, amplificate, giungono alle orecchie di un pubblico vasto. 


Queste parole possono influenzare le opinioni pubbliche e spesso sono dette proprio a questo scopo. Per questo lascia perplessi il linguaggio di un importante ministro della Repubblica a proposito di una minoranza variegata presente in Italia da tempo, quella dei rom (mi si perdoni la semplificazione). Parlare, come ha fatto ieri il ministro Salvini, in sorprendente risposta a un efficace intervento del presidente Mattarella che ricordava le persecuzioni subite da questa minoranza a causa delle leggi razziste del 1938, di «30.000 persone che si ostinano a vivere nell’illegalità » definendoli «sacca parassitaria», suona pregiudiziale verso un’intera comunità, oltre che non corrispondente alla realtà.

Forse ci si è dimenticati che la definizione «parassiti » nella storia del Novecento è stata utilizzata per gli ebrei, quando venivano accusati di praticare l’usura. 

Chi conosce la storia sa che da questa e altre definizioni si è passati a emarginare e poi considerare nemica quella minoranza con le conseguenze tragiche che sappiamo. Fosse soltanto per questo, mentre facciamo memoria degli ottant’anni delle leggi razziste, quest’espressione va bandita quando si parla di persone. 

Il punto è che stiamo parlando di 150mila persone appartenenti a comunità rom, sinte, camminanti e altre denominazioni, di cui per metà cittadini italiani e buona parte di Paesi comunitari come la Romania e la Bulgaria. 

Va ricordato il dato più evidente: si tratta di una popolazione molto giovane. Il 35,7% dei rom in Italia ha meno di 15 anni, mentre i loro coetanei non rom in Europa raggiungono soltanto il 15%. C’è poi un altro dato che ridiscute le categorie vecchie con cui si guarda ai rom considerandoli nomadi: l’80% sono ormai stabili. I rom chiedono stabilità.

La Commissione europea nel 2011 delineò quattro assi portanti della politica del continente sui rom: inserimento nel mondo del lavoro, politica di alloggi, accesso alle cure e all’istruzione. Segnano la strada pero una politica di integrazione che si misura sulla realtà e non guarda gli stereotipi o gli antichi pregiudizi. L’integrazione appare l’unica strada per evitare fenomeni di antigitanismo e combattere l’illegalità nel popolo rom. La prima integrazione deve partire dalla scuola poiché più di un terzo della popolazione rom è in età scolare.

Quindi concordiamo con il ministro che si debba fare di tutto perché i bambini rom frequentino la scuola. Chi scrive è impegnato a far sì che questo processo coinvolga il maggior numero di minori rom. Chi scrive conosce anche le difficoltà legate a questa frequenza quando si vive nei campi, in cui spesso mancano acqua e elettricità, l’immondizia non viene raccolta e per i bambini è difficile lavarsi e presentarsi decentemente ai loro compagni di scuola. Tanto si è fatto in questi ultimi anni per garantire una normale frequenza scolastica, ma la soluzione è nel superamento dei campi. È su questo che si deve misurare la politica nazionale e le politiche comunali.

Dove ci sono problemi d’illegalità li si affronti come prevede la legge, soprattutto quando dell’illegalità sono vittime i minori. Quella rom è una questione di lungo periodo, che la politica nazionale e locale hanno spesso rinviato. Laddove lo si è fatto, la situazione è radicalmente cambiata. Non mancano gli esempi positivi di integrazione in grandi città come Torino e Milano. 

È ora di superare la logica dell’emergenza e dei campi, affrontando da grande Paese europeo un problema che tocca un numero molto limitato di persone. Che sono tutte importanti, come ogni altro cittadino.

Marco Impagliazzo

Appello al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte "Difendiamo la libertà di espressione"

Articolo 21 e Progressi

Signor Presidente,
siamo cittadine e cittadini preoccupati per la serie di intimidazioni che alcuni esponenti del suo governo stanno rivolgendo a giornalisti, scrittori e professionisti dell'informazione perché critici verso le loro politiche.

Le rivolgiamo un appello affinché si pronunci in modo fermo in difesa della libertà di espressione e manifestazione del pensiero, del diritto di cronaca, di critica e di satira, principi fondanti della nostra Repubblica e della nostra democrazia.

In particolare, ci riferiamo alla querela da parte del ministro dell'Interno Matteo Salvini nei confronti di Roberto Saviano, che fa seguito alla minaccia di togliere la scorta allo scrittore, da anni nel mirino della criminalità organizzata.

Anziché rispondere in modo aperto alle critiche e alle inchieste giornalistiche che lo riguardano, il ministro intimidisce e punisce chi dissente, tradendo lo stesso mandato dell'istituzione che rappresenta. Ricordiamo che tra le funzioni principali del ministro dell'Interno c'è la tutela dei diritti civili per tutti i cittadini.

Perché è importante?
Ogni tentativo di attaccare, delegittimare e intimidire chi dissente dalle politiche di un governo indebolisce le istituzioni e con esse la coesione sociale, portandoci verso derive autoritarie che gli italiani non vogliono tornare a vivere.

Citiamo, a questo proposito, le prime righe dell'Articolo 21 della Costituzione italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato "l'importanza primaria della libertà di informazione, un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione".

Se il governo da lei presieduto consente a un ministro di minacciare un giornalista noto, che ha risorse e mezzi per difendersi, che cosa accadrà ai tanti giornalisti che non godono delle stesse possibilità?

Nelle classifiche internazionali della libertà di informazione l'Italia già occupa una posizione non degna di un paese democratico. Non facciamo altri passi indietro, difendiamo la libertà di espressione!

Roma, il campo Rom di Camping River è stato sgomberato. Salvini e la Raggi ignorano lo stop della Corte Europea per i Diritti Umani

TPI
Il comune ha avviato le operazioni per "motivi sanitari", sebbene la Corte europea avesse intimato lo stop della chiusura della struttura
Il Camping River, campo rom a nord di Roma, è stato sgomberato.




Le operazioni sono iniziate nelle prime ore della mattinata di giovedì 26 luglio quando sul posto, in via della Tenuta Piccirilli in zona Tiberina, sono arrivati agenti della polizia locale e assistenti sociali del comune di Roma, intervenuti per offrire soluzioni alloggiative alternative ai residenti del campo.

Secondo il Campidoglio, sarebbero 43 le famiglie che hanno accettato la presa in carico presso le strutture del circuito di accoglienza proposte da Roma Capitale.

“Altri nuclei familiari, dopo quelli che hanno già accettato negli ultimi mesi, si stanno ora trasferendo presso le strutture di accoglienza di Roma Capitale: continuiamo a mettere a loro disposizione soluzioni che consentono alle famiglie di restare unite”, ha scritto su Facebook la sindaca Virginia Raggi.

“Sempre più persone, inoltre, stanno chiedendo ai nostri operatori informazioni riguardo le misure di inclusione abitativa e lavorativa, e i rientri volontari assistiti nei Paesi di origine. È inaccettabile continuare a finanziare luoghi come questi dove si favorisce la ghettizzazione e, soprattutto, dove le condizioni di vita non tutelano i diritti di bambini, donne e uomini”, ha concluso.

Le operazioni di sgombero sono state avviate nonostante lo stop della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che le aveva bloccate fino a venerdì 27 luglio.

Il Campidoglio, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, ha proceduto ad avviare la chiusura del campo Rom per motivi igienico-sanitari, le stesse motivazioni citate nell’ordinanza di sgombero firmata la scorsa settimana dalla sindaca.


“Io sapevo che la sospensione dello sgombero era fino a domani e invece non gliene frega niente. Non ce lo aspettavamo, stavamo tutti dentro tranquilli. C’è stata violenza, hanno messo le mani addosso alle donne con spinte e usato lo spray al peperoncino su una signora, mi pare”, ha detto un uomo di 31 anni che vive nel campo.

“C’è gente che è svenuta, le donne strillavano ma non è stata fatta nessuna violenza contro i bambini”, ha aggiunto. “Qualcuno è uscito volontariamente, qualcuno ha accettato le proposte del Comune”, ha spiegato.

Il comandante della Polizia Locale del Campidoglio, Antonio Di Maggio, ha negato che si siano stati episodi di violenza.

“Nessuna violenza. Scherziamo? Non abbiamo allontanato le persone con la forza, utilizzato spray al peperoncino né armi da fuoco né manganelli, che tra l’altro non abbiamo. Abbiamo utilizzato la forza del convincimento a uscire, cosa che le persone hanno fatto”, ha replicato.

Su Twitter il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha commentato la situazione scrivendo “Legalità, ordine e rispetto prima di tutto”.

mercoledì 25 luglio 2018

Il Blog "Diritti Umani - Human Rights" aderisce all'appello di Roberto Saviano: "Rompiamo il silenzio contro la menzogna" continuando il suo lavoro di informazione sui diritti

Blog Diritti Umani - Human Rights
Questo Blog, che viene letto da persone che hanno a cuore il rispetto dei diritti umani e la loro difesa in ogni angolo del mondo, aderisce all'appello di Roberto Saviano che invita tutti a non tacere in questo momento particolare in Italia.


Questo Blog ormai da 6 anni cerca di dare voce in situazioni dove diritti fondamentali dell'uomo non vengono rispettati.
Registriamo con preoccupazione che con il nuovo governo vengono effettuate scelte che hanno come risultato la violazione dei diritti, sopratutto delle fasce più deboli della società, che collocano l'Italia al di fuori dello spirito di solidarietà e umanità che anima le nostre istituzioni. 
Istituzioni  che non vogliono essere snaturate e opinione pubblica che non deve essere manipolata da una propaganda che si basa in larga parte su notizie non vere per allargare il consenso invitando le persone ad essere peggiori in termini umani.

Roma - Camping River, la Corte Europea ferma lo sgombero dei Rom. Salvini: «Ci mancava il buonismo della Corte europea».

Corriere della Sera
Entro le 12 il Comune deve presentare i documenti che dimostrino quali alternative sono state offerte agli abitanti del campo. Dal Campidoglio si dicono sereni, mentre il ministro dell’Interno attacca Strasburgo: «Ci mancava il buonismo della Corte europea».


Sul camping River interviene Strasburgo. La Corte europea dei diritti dell’uomo accoglie il ricorso presentato da tre abitanti e chiede al governo italiano di sospendere fino al 27 luglio le espulsioni (evictions) programmate: per allora è attesa la risposta di Palazzo Chigi sulle soluzioni alternative al campo.


Sarà il Comune, che finora ha gestito l’iter, a produrre la documentazione richiesta entro le 12 di oggi. Ieri scadevano le 48 ore, notificate alle famiglie dall’ordinanza della sindaca, per lasciare l’insediamento sulla Tiberina, ma lo sgombero è slittato: secondo il Campidoglio, per l’aumento di adesioni alle proposte di integrazione, ovvero «la terza via» della giunta M5S. Versione in contrasto con quella dell’associazione «21 luglio», attiva all’interno del campo: «Nei tre casi che abbiamo segnalato alla Corte di Strasburgo, ma non sono gli unici, il Comune non ha offerto alcuna alternativa - insiste il presidente della onlus, Carlo Stasolla - . Ci siamo rivolti all’Europa perché era l’unica strada percorribile in tempi così stretti». Più tardi, mentre consegna alla segreteria di Palazzo Senatorio le 630 firme raccolte tra i cittadini romani contrari allo sgombero, Stasolla picchia duro: «All’incontro di domani (oggi, ndr) con Salvini Raggi voleva portare lo scalpo del camping River, invece si presenterà con una grave sconfitta politica».

Dal Comune ostentano serenità e controbattono: «A tutti è stato proposto di accedere alle misure di inclusione, a chi si è rifiutato di entrare nel circuito di accoglienza dei servizi sociali: stiamo anche offrendo posti che non dividono le famiglie». 

Affermazioni documentabili attraverso i verbali dei colloqui, le registrazioni e i filmati. Se l’Europa si è mossa, però, avrà avuto le sue ragioni. «Stiamo raccogliendo una mole di materiale che testimonia la correttezza del nostro operato - ribadiscono dal dipartimento Politiche sociali - . Lì si sta creando un’emergenza igienico-sanitaria: quella, sì, sarebbe una grave violazione dei diritti umani».

Nel frattempo, dopo la bordata del vice premier sul «casino dei campi rom a Roma», Raggi in vista del colloquio al Viminale (i due dovrebbero incontrarsi all’ora di pranzo)si allinea: «Condivido l’analisi di Salvini. I campi rom sono un caos dal 2008, da quando sostanzialmente esistono in maniera ufficiale, e drenano 25 milioni di euro l’anno. Il nostro obiettivo è chiuderli favorendo l’integrazione. Quindi, diritti e doveri». 

Se non fosse che il segretario federale della Lega lancia un’altra frecciata, stavolta ai giudici di Strasburgo: «Ci mancava il buonismo della Corte europea per i diritti dei rom», è il tweet polemico che la prima cittadina non raccoglie. Al tavolo con il ministro dell’Interno la sindaca non si soffermerà soltanto sul problema dei campi nomadi: «Uno dei primi temi che affronterò è quello della carta di identità elettronica, che di fatto è gestita dal ministero, le cui procedure però si svolgono all’interno dell’Anagrafe del Comune: ci sono problemi di dialogo tra software e questo sta creando parecchie file». 

Si parlerà anche di migranti «fantasma» e roghi tossici, argomento che offre a Raggi l’assist per rilanciare: «Sono ormai due anni che chiedo al governo di darci supporto e continuerò a chiedere il superamento dei limiti alle assunzioni per la polizia locale, che è in gravissimo sotto organico». Dopo il rapporto conflittuale con il precedente esecutivo a guida Pd, adesso la sindaca confida di trovare sponda nell’interlocutore leghista alleato dei Cinque stelle a Palazzo Chigi. 

E mentre infuria il dibattito sul camping River, la Comunità di Sant’Egidio denuncia lo sgombero di otto famiglie dall’ex Fiera di Roma (tra loro 20 minori, due disabili e quattro donne incinte). Replicano dal Comune: «La Sala operativa sociale ha proposto assistenza a tutti i nuclei familiari, ma le proposte sono state tutte rifiutate».

Svezia, studentessa blocca volo con diretta Fb per evitare il rimpatrio di un richiedente asilo afgano

La Repubblica 
Elin Ersson, studentessa svedese e attivista per i diritti umani, ha impedito il rimpatrio di un richiedente asilo afghano di 52 anni, bloccando nell'aeroporto di Göteborg l'aereo sul quale l'uomo era stato imbarcato per essere rimpatriato in Afghanistan.



La giovane ha comprato un biglietto per lo stesso volo ma, una volta a bordo, si è rifiutata di sedersi e ha lanciato una diretta Facebook, durata 14 minuti, nella quale ha chiesto al comandante di intervenire, impedendo di fatto il decollo. 

Dopo momenti di tensione tra la ragazza, il personale di bordo e alcuni passeggeri, Elin è stata fatta scendere insieme al richiedente asilo, anche grazie alla mobilitazione di altri passeggeri. 
Sul suo profilo Facebook, dove ha ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà, Elin ha poi scritto: ''So solo che il rimpatrio è stato bloccato. Non ho altre informazioni''. 

a cura di Flavia Cappadocia

martedì 24 luglio 2018

Torture e milizie tribali in guerra. La Libia non è un porto sicuro!

La Repubblica
La Corte Ue accusa Tripoli di non rispettare i diritti umani. E i racconti di chi ha vissuto nei centri di detenzione lo confermano. Non ti abitui mai, al racconto delle torture che i trafficanti riescono a infliggere ai migranti in Libia. 



L'ultimo "lo ha fatto l'altro giorno un ragazzo del Mali. L'abbiamo ricoverato con un piede rotto da una spranga", racconta il portavoce dell'Oim in Italia, Flavio Di Giacomo: "Un dito glielo avevano tagliato a colpi di trapano, e un gomito era stato bruciato con un ferro rovente. Aveva trascorso otto mesi in un centro di detenzione non ufficiale. Ce ne sono decine, in Libia".

Se il paese fosse un "luogo sicuro" come prevedono le leggi internazionali, i migranti salvati su bagnarole in fuga dalla Libia potrebbero essere legittimamente riconsegnati al mittente. 

Quando ci provò il primo ministro leghista degli Interni, Roberto Maroni, l'esito fu una condanna - inflitta all'Italia all'unanimità - dalla Corte europea dei diritti umani per aver violato l'articolo 3 della Convenzione sui diritti umani sui trattamenti degradanti e la tortura. "Un'incomprensibile picconata del buonismo peloso", brontolò Maroni.

La legge dice che se una persona fugge e intende chiedere asilo politico, ha diritto a essere condotta in un luogo sicuro e ascoltata. Per arginare il passaggio a Est, quello che portava in Europa dalla Turchia, la Ue ha stretto un accordo oneroso con Ankara. Ma Tripoli è altro mondo.

Come può essere considerato "luogo sicuro" quello in cui l'unico paese occidentale ad aver riaperto l'ambasciata è l'Italia? In cui persino la Farnesina, nel sito Viaggiare sicuri, sconsiglia "assolutamente i viaggi in ragione delle precarie condizioni di sicurezza"? E lo ha ricordato ieri in una intervista a Repubblica il commissario Ue alle Migrazioni Dimitris Avramapoulos.

Il paese è diviso e politicamente instabile, con il governo Serraj - riconosciuto dalla comunità internazionale - che controlla solo una parte del paese e anche lì è in forte difficoltà: è costretto a trattare con le milizie, cui delega persino il controllo di infrastrutture fondamentali come la sicurezza dell'aeroporto. E le tribù burrascose sono in perenne stato di guerriglia, senza contare la minaccia e le violenze degli islamisti.

D'altronde, per fermare gli sbarchi già l'ex ministro Minniti aveva scelto la strada dell'accordo con la Libia. Fornì aiuti e formazione, denaro e vedette alla guardia costiera libica: la ricetta ridusse drasticamente gli sbarchi, meno 77%, provocando nausee a sinistra perché chiudeva un occhio e mezzo sulle reali condizioni in cui veniva a trovarsi chi aveva provato a fuggire. 

Ora che il bastone di comando lo ha preso Salvini, tenendo al largo le Ong e aumentando l'affidamento alla Libia con nuove motovedette (promesse) e ulteriori aiuti, i numeri già esigui sono calati ancora: meno di cinquemila sbarchi da quando è diventato ministro. 

Ma la linea dura ha effetti collaterali drammatici: con la decina di vedette di cui dispone la guardia costiera libica non riesce a controllare centinaia di chilometri di costa in cui operano i trafficanti, e i numeri delle morti in mare sono tornati a salire. 

È l'effetto più drammatico, ma non l'unico: "Da quando la guardia costiera libica riporta qui i migranti - racconta il capo missione dell'Unhcr a Tripoli, Roberto Mignone - la situazione già difficile è peggiorata. I centri di detenzione sono sovraffollati".

"Noi siamo presenti al momento dello sbarco - spiega Di Giacomo dell'Oim - ma poi le persone vengono mandate nei centri di detenzione arbitraria in cui vengono tenuti anche i bambini in condizioni di vita inaccettabili". 

"Purtroppo in Libia le milizie controllano tutto - dice Francesca Mannocchi, ultima giornalista italiana ad aver visitato i centri di detenzione - hanno ottenuto persino il diritto di intercettare i telefoni e le mail di giornalisti e attivisti. Ho incontrato ottime persone, tra gli operatori dei centri, ma in maggioranza sono sotto ricatto. Se i trafficanti vogliono ragazze minorenni da spedire in Italia come prostitute, le ottengono. Si compra tutto, la corruzione è estremamente diffusa anche nelle istituzioni".

"La Libia non ha firmato la convenzione per i diritti dell'Uomo - ricorda Mignone - e chiunque non sia in regola con i documenti viene detenuto in condizioni molto difficili: viene rilasciato solo se torna volontariamente in patria, o evacuato in paese sicuro se rifugiato". Molti migranti portati in Europa raccontano di essere usciti pagando. E i rapporti di organizzazioni come Amnesty denunciano "centinaia di testimonianze di persone che hanno descritto con dettagli raccapriccianti gli abusi cui sono state sottoposte o hanno assistito".

Salvini, come già Minniti, punta sul Niger per le evacuazioni: "Da dicembre ne abbiamo fatte 1.800 - dice ancora Mignone - la maggior parte delle quali, 1.500, in Niger. I paesi europei avevano promesso di prenderne 4.000: a metà anno ne hanno presi 207. Così si forma un collo di bottiglia: il Niger ha capacità di accogliere 1.500 persone, ed è satura".

I centri di detenzione ufficiali, in Libia, sono 17. Secondo l'Unhcr ospitano 11mila persone. E ci sono 53mila rifugiati, molti dei quali non hanno intenzione di venire in Europa: "Molti vengono da paesi arabi e sono integrati. Quelli dall'Africa subsahariana invece sono a rischio, e cerchiamo di evacuarli". Verso un porto sicuro che non può essere la Libia: non sono le Ong a dirlo; sono i rapporti ufficiali. Quello edito tre mesi fa dell'Onu denunciava la "detenzione arbitraria di intere famiglie su base tribale", e l'assenza "di accesso alla giustizia per le vittime mentre le milizie - pagate anche con soldi italiani - godono di totale impunità".

Paolo G. Brera

USA - Ohio - Per Raymond Tibbetts stop alla pena di morte. Considerata l'infanzia traumatica.

La Repubblica
Condannato a morte e poi "graziato": ora sconterà l' ergastolo.
È accaduto al 61enne Raymond Tibbetts, colpevole del duplice omicidio del suo padrone di casa, Fred Hicks, e della neomoglie, Judith Crawford, uccisi nella residenza condivisa dai tre a Cincinnati, nello Stato americano dell' Ohio, ventuno anni fa. 

Raymond Tibbetts, 61 anni
Tibbetts era stato condannato alla pena di morte, ora commutata in ergastolo dal giudice John Kasich per "errori fondamentali" commessi durante il processo.
L' esecuzione era già prevista per lo scorso ottobre, poi rimandata a causa della richiesta di clemenza di Ross Geiger, ex giurato del processo. 

In una lettera, Geiger spiegava che la difesa aveva omesso prove attenuanti legate all' infanzia traumatica di Tibbetts, dall' abbandono alle violenze fisiche e psicologiche subite negli orfanotrofi. In luce delle nuove prove, Kasich ha dunque concesso la grazia. - 

Silvia Martelli.

Francesca Peirotti "Condannata perché trasportavo migranti in Francia? Lo rifarei subito. Quel confine è chiuso solo per i neri"

La Repubblica
Parla Francesca Peirotti, la cuneese a cui i giudici di Aix en Provence hanno inflitto 6 mesi: "Non sono una trafficante, penso solo che sia giusto aiutare persone in difficoltà".
Francesca Peirotti (al centro) durante un presidio di solidarietà
a Nizza in occasione del processo di primo grado
“Quella pronunciata contro di me è una sentenza politica”. Francesca Peirotti, 31 anni, è stata condannata a 6 mesi con la condizionale dal tribunale di Aix en Provence, in Francia, il 19 maggio scorso, per aver trasportato su un furgoncino da Ventimiglia a Nizza un gruppo di migranti originari del Ciad e dall’Eritrea, compreso un neonato. 

Oggi lei, originaria di Cuneo, vive a Marsiglia dove si è costruita una famiglia e dove lavora. I fatti che l’hanno portata davanti al tibunale risalgono all’8 novembre 2016. Assistita dal suo avvocato Zia Oloumi, Peirotti era stata condannata in primo grado, nel maggio 2017, ad una multa di 1000 euro ma aveva deciso di fare ricorso. Ma qualche giorno fa è arrivata una condanna molto più pesante.

Perché ha deciso di fare ricorso?
“Perché non ho fatto niente di male. Non sono un passeur, una trafficante, ho solo aiutato delle persone in difficoltà, ma la solidarietà è considerata un crimine. Ho deciso di fare ricorso perché non accetto una condanna per questo. E non accetterò nemmeno la sentenza della corte d’Appello, andrò fino in Cassazione e oltre, se sarà necessario. Non mi aspettavo che la condanna sarebbe stata innalzata, pensavo che al massimo avrebbero confermato la multa, ma evidentemente hanno voluto mostrare i muscoli”.

C’è la possibilità, se la condanna diventerà definitiva, che le venga vietato di vivere nella regione delle Alpi marittime per cinque anni. Questo la spaventa?
“Qui ho un lavoro e la mia famiglia, non credo sarà tanto facile mandarmi via o addirittura espellermi, e secondo me i magistrati e i giudici lo sanno benissimo: stanno cercando di convincermi a mollare, ma io non mi fermo”.

Cos’è successo quell’8 novembre 2016?
“Niente che si possa considerare un crimine. Ho aiutato degli amici, li ho accompagnati a Nizza e avevo intenzione di ospitarli a casa mia. Gli avrei chiesto dove fossero diretti e se avessero avuto bisogno di abiti o altro. Li stavo solo aiutando”.

Però l’accusano di aver favorito l’immigrazione clandestina.
“Accusano le mie idee politiche, il fatto che io abbia detto che quel confine non esiste”

Quello di Ventimiglia?
“Esatto. Io sono di Cuneo e ho passato tutte le estati della mia infanzia al mare. Attraversavo il confine e nessuno mi diceva niente perché ho la pelle chiara e i documenti italiani. Anche adesso nessuno mi ferma. I francesi non accettano che gli venga detto che quello non è un confine, ma un filtro che discrimina in base al colore della pelle. Io proprio non capisco come sia possibile che io possa passare tranquillamente solo perché sono una privilegiata”

Crede sia una guerra contro la solidarietà?
“E cos’altro? Stanno criminalizzando chi aiuta. Lo fanno a Ventimiglia e anche a Briançon. Io non ho mai fatto qualcosa pensando che potessero fermarmi e incriminarmi, altrimenti non avrei preso l’autostrada, avrei scelto almeno una strada secondaria”.

Questa condanna cambia qualcosa nella sua vita adesso?
“Per me assolutamente niente, mi spiace solo che faccia preoccupare persone a cui voglio bene”.

Se le capitasse ancora di incontrare qualcuno in difficoltà, lo rifarebbe?
“Sì, senza alcuna esitazione”.

lunedì 23 luglio 2018

Sant'Egidio: Contro l'isolamento degli anziani, principale causa di morte. Riaprire i flussi. Servono 50mila "badanti"

Roma Sette
Superare l’isolamento sociale degli anziani, causa principale della più alta mortalità degli over 70 nei mesi estivi. La vicinanza di un "badante" (figura molto richiesta e ormai quasi introvabile) può essere vitale.

Riaprire, per il 2019, del decreto flussi per motivi di lavoro a non meno di 50mila persone, sostanzialmente bloccato e non rinnovato dal 2011.


Questa è una delle priorità della Comunità di Sant’Egidio ribadita questa mattina, il 17 luglio, nel corso di una conferenza stampa tenuta dal presidente Marco Impagliazzo, il quale ha colto l’occasione per rilanciare una proposta presentata anche ieri sera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, vale a dire la riapertura, per il 2019, del decreto flussi per motivi di lavoro a non meno di 50mila persone, sostanzialmente bloccato e non rinnovato dal 2011. 

Questo, ha spiegato Impagliazzo, permetterebbe agli immigrati un «ingresso legale» nel nostro Paese, che si avvarrebbe nuovamente di assistenti familiari, i cosiddetti badanti, figura professionale «molto richiesta ma quasi introvabile».

A Roma, stando ai dati aggiornati al 1° gennaio 2017, gli anziani sono 599.827, su una popolazione residente di 2.873.494. Gli over 80 sono 196.587, cioè il 6,8% del totale, gli over 85 sono 97.143. 
Allarmante nella Capitale il numero delle persone sole: 250mila anziani che costituiscono il 44,1% dei nuclei familiari e il 20,9% della popolazione residente. 
Nel municipio I le famiglie mononucleari sono il 62,3%, record assoluto tra i municipi di Roma. Sopra la media sono anche il II (l’unico, insieme al I, sopra al 50%), l’VIII, il III, il XII e il XV. In questo contesto rientra l’istituzionalizzazione degli anziani, sempre più spesso costretti a rivolgersi agli ospizi, case di cura o strutture «a volte non controllate né dalle Asl né dai municipi», ha spiegato Impagliazzo.
Il presidente di Sant’Egidio ha proposto «la difesa del modello italiano di cura dell’anziano in casa» e alle istituzioni ha chiesto la creazione di una cabina di regia che possa spingere all’assistenza sociale e sanitaria. «Il nostro appello affinché ci sia un indirizzo politico nuovo che rispecchi la tradizione del Paese è fare di tutto affinché gli anziani vivano a casa propria», ha aggiunto. 

In alternativa ha ricordato che la Comunità da oltre 40 anni per rispondere all’isolamento degli anziani propone soluzioni abitative alternative al ricovero in case di riposo come i condomini protetti e il co-housing. Nel primo caso di tratta di intere palazzine articolate in unità abitative autonome per una o due persone (mini appartamenti di 40 – 60 metri quadrati ciascuno), collocate in centri abitati forniti di servizi, dedicati a persone autosufficienti ma senza casa, sfrattati, persone sole. Vi è poi il co-housing, convivenze realizzate con l’incoraggiamento e con il sostegno della Comunità.

Nel corso della conferenza Impagliazzo ha ricordato il programma “Viva gli Anziani!” nato a Roma nel 2004 come sperimentazione della Comunità di Sant’Egidio e del ministero della Salute, in collaborazione con Roma Capitale, successivamente con Asl Rm 1, Asl Rm 3 e dal 2016 con Enel Cuore, in risposta all’impressionante picco di mortalità osservato nell’estate del 2003, quando morirono in Europa migliaia di anziani, a seguito delle eccezionali ondate di calore. 

Attivo a Garbatella, Monti, Trastevere, Testaccio ed Esquilino segue 5.120 over 70 e rappresenta un servizio innovativo per il contrasto dell’isolamento sociale, attraverso la creazione di reti che si collocano accanto alle risposte tradizionali (assistenza domiciliare, servizi residenziali) e raggiungono ampie coorti di popolazione esposte a rischi. 

Tra i risultati del programma la riduzione della mortalità, del ricorso all’ospedalizzazione e della residenzialità. Proprio grazie al lavoro di prevenzione messo in atto con l’iniziativa, gli anziani seguiti in questi anni sono riusciti a rimanere a casa propria, anche in condizioni di salute e socio-economiche difficili. 

Il tasso di ricovero in istituto fra gli anziani seguiti dal programma infatti è quasi dimezzato (lo 0,6% annuo tra il 2005 ed il 2013) rispetto all’1% osservato in situazione analoghe a Roma. Il costo: 81 euro all’anno per anziano.

Roberta Punto