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mercoledì 11 luglio 2018

Sono più di 3.000 i carcerati italiani all’estero detenuti «in condizioni disumane»

Osservatorio Diritti
Più di tremila carcerati italiani all'estero sono detenuti in situazioni «spesso disumane, in termini di diritti umani, igiene, rapporti con altri detenuti e salute». I problemi sono enormi. «E il governo potrebbe fare tante cose, spesso a costo zero». Ecco l'analisi dell'avvocata Francesca Carnicelli della onlus Prigionieri del Silenzio.


«Le condizioni carcerarie degli oltre tremila italiani detenuti all’estero sono spesso disumane in termini di diritti umani, igiene, rapporti con gli altri detenuti e salute». A parlare in esclusiva a Osservatorio Diritti è Francesca Carnicelli, avvocata della onlus Prigionieri del Silenzio che, dal febbraio 2008, si occupa di aiutare i nostri connazionali arrestati oltre confine.

«Ciò in cui troviamo spessissimo difficoltà è proprio l’invio di farmaci o la possibilità di effettuare visite specialistiche. Il carcere non ha determinati tipi di medicinali e non fa entrare quelli inviati dalla famiglia o addirittura quelli consegnati direttamente dal Consolato».
Quanti sono i carcerati italiani detenuti all’estero?
Il numero è costante negli anni e si aggira sempre intorno alle tremila persone, tra quelli in attesa di giudizio e i definitivi.
Carcerati in attesa di giudizio…Come in Italia, in tutto il mondo, sono previste misure cautelari, cioè limitazioni della libertà personale per i soggetti che sono indagati/sospettati e che devono ancora essere processati, oppure sono in attesa del secondo o terzo grado di giudizio. È bene precisare in alcuni Stati, con la condanna di primo grado, si viene considerati già condannati.
Queste limitazioni sono giustificate da esigenze quali il pericolo di fuga o di inquinamento probatorio. In molti Stati stranieri le garanzie per i destinatari della misura e i limiti di applicazione sono molto diversi rispetto alla legislazione italiana, indubbiamente molto garantista.
In che zone si trovano principalmente i detenuti?
Tra le i Paesi extraeuropei la zona più calda è il Sud America ma, numericamente, la maggior parte dei detenuti si trova in Europa. La nazione con più detenuti è la Germania – circa mille – e seconda è la Spagna.
Quali sono i reati più contestati ai carcerati italiani?
Le vicende riguardano tutti i tipi di reati. Statisticamente le violazioni in materia di stupefacenti sono le più numerose. Significativo anche il numero di reati contro la persona.
Ci sono trattati bilaterali per scontare la pena in Italia?
In realtà esiste la Convenzione di Strasburgo (1983) avente ad oggetto il trasferimento delle persone condannate, firmata da 70 nazioni, oltre ad alcune convenzioni bilaterali (Albania, Cuba, Hong Kong, India, Kazakhstan, Perù, Repubblica araba di Egitto, Repubblica dominicana, Romania e Thailandia). È già stata ratificata, ma non è entrata in vigore, quella con il Marocco. Purtroppo le procedure sono, comunque, complesse, lente e necessiterebbero di modifiche che limitino la discrezionalità nella concessione del beneficio.
I trattati e le convenzioni esistenti sono rispettati?
Lavorare sui rientri dei condannati è un’attività complessa perché l’iter non è esclusivamente giudiziario ma anche – direi principalmente – politico, in quanto le richieste e le autorizzazioni passano sempre dai ministeri e, purtroppo, subentrando la politica e la burocrazia i tempi si dilatano in modo davvero significativo.
Non direi che vi sia il mancato rispetto dei trattati o delle convenzioni, piuttosto ritengo che le tempistiche siano eccessivamente lunghe, soprattutto ove si consideri che trattasi di vicende relative a persone detenute, lontane dai propri cari e, sovente, ristrette in condizioni certamente peggiori rispetto a quelle che si trovano negli istituti penitenziari italiani.
C’è una malagestione da parte della nostra diplomazia?
La questione è estremamente complessa, in quanto gli elementi critici variano da nazione a nazione, da caso a caso. Nella mia esperienza posso dire di aver trovato sia uffici diplomatici efficientissimi sia inefficienti. Molte lentezze sono dovute al fatto che il personale è pochissimo e deve coprire territori e criticità enormi e la spending review (il taglio alla spesa pubblica, ndr) operata negli ultimi anni ha aggravato enormemente questo problema.
Cosa potrebbe fare il governo italiano per i carcerati?
Potrebbe fare moltissime cose, tante a costo zero. Ad esempio, potrebbe istituire una lista di interpreti volontari che si mettano al servizio dei concittadini che entrano in contatto con il circuito penale straniero. Oppure istituire liste di legali di riferimento: nei siti di molte ambasciate già si trovano ma, nella maggior parte dei casi, non si riesce a comprendere (né a sapere) quale sia la specializzazione degli avvocati e il livello di affidabilità, in quanto la procedura di accreditamento non è chiara.
Certamente il governo dovrebbe stabilire un obbligo per gli uffici in terra straniera di seguire, se richiesti, tutte le udienze e, in generale, i procedimenti penali che riguardano gli Italiani, perché la presenza in tribunale di un funzionario italiano significa che lo Stato italiano c’è.
Bisognerebbe cercare un sistema, simile al patrocinio per i non abbienti, per aiutare non soltanto il cittadino bisognoso ad usufruire di una difesa tecnica corretta e dignitosa, ma anche i familiari a mantenere i contatti con lui, per esempio facendoli usufruire di voli gratuiti o con tariffe speciali.


Fabio Polese

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