La Stampa
La Corte Suprema del Pakistan esamina il ricorso degli avvocati della donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Lei in carcere prega e chiede la vicinanza del Papa.
Il grande giorno è arrivato. È il giorno decisivo per la vita o la morte di Asia Bibi. Lunedì 8 ottobre 2018, alle 13 ora locale (le 10 del mattino ora italiana), la Corte Suprema del Pakistan esamina il ricorso, giunto al terzo e ultimo grado di giudizio, presentato dagli avvocati della donna cristiana condannata a morte per blasfemia e in carcere da quasi un decennio.
Si tratta di un processo-lampo: secondo la procedura penale del Pakistan, a questo punto tutto si svolgerà in un’unica udienza, in cui i giudici ascolteranno le posizioni della difesa e dell’accusa (rappresentata dal Pubblico ministero) e valuteranno se confermare o annullare la sentenza di pena capitale. Il pronunciamento dovrebbe essere emesso lo stesso giorno e, per la pubblicazione, si dovrà attendere ancora due o tre giorni.
«Nel giro di una settimana, dunque, Asia potrebbe essere libera. Speriamo e preghiamo», nota Joseph Nadeem, tutore della famiglia della donna, e presidente della Renaissance Education Foundation che da Lahore copre le spese legali del processo e si occupa del sostentamento della sua famiglia.
Come conferma il documento emesso dalla Cancelleria del Supremo Tribunale di Islamabad e visionato da Vatican Insider, sarà uno speciale collegio giudicante, creato per l’occasione, ad ascoltare le argomentazioni dell’avvocato musulmano Saiful Malook, legale di Asia Bibi, e a decidere sulla sorte della donna.
Secondo Nadeem, le speranze sono fondate. Il collegio, composto da tre alti magistrati - come anticipato da Vatican Insider nel luglio scorso - è presieduto dal presidente della Corte suprema del Pakistan, Mian Saqib Nisar che, a garanzia di imparzialità e trasparenza, ha avocato a sé il caso di Asia Bibi, per sottrarlo a ogni rischio di strumentalizzazione politica e religiosa.
Paolo Affatato
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