Ecco quale sarà l'effetto dei tagli ai servizi di integrazione nei centri di accoglienza voluti dal vicepremier Salvini e dalla Lega. Anche i controlli verranno ridotti.
Decine di migliaia di richiedenti asilo in strada e almeno 18mila italiani senza lavoro. Saranno gli effetti più grossi delle nuove linee per i centri di accoglienza predisposte dal ministero dell’Interno, con i famosi drastici tagli ai 35 euro al giorno.
La cooperativa InMigrazione, che da anni si occupa del fenomeno migratorio, ha analizzato nel dettaglio il nuovo schema di capitolato per la gestione dei Cas, presentato con gran soddisfazione due giorni fa dal ministro Salvini, confermando la gravi conseguenze denunciate nei giorni scorsi da Avvenire. I tagli previsti dalle nuove linee guida riguardano infatti esclusivamente costi legati all’erogazione di servizi di integrazione, garantiti con l’impiego di figure professionali specializzate.
Un’occupazione giovanile stimata in oltre 36mila posti di lavoro qualificati, che con il taglio dei servizi rischia di perderne la metà. Ma non solo, perché, come spiega il presidente della cooperativa, Simone Andreotti, «in presenza di nuovi bandi pubblici con pro die pro capite tagliati, molti gestori privati che lavorano sulla qualità e su centri con piccoli numeri potrebbero non poter partecipare e chiudere».
Entrando nel merito dei tagli, si conferma che il privato che deciderà di partecipare ai nuovi bandi non dovrà più preoccuparsi di garantire l’insegnamento della lingua italiana, il supporto per la richiesta di asilo, la formazione professionale, la positiva gestione del tempo libero (attività di volontariato, di socializzazione con la comunità ospitante, attività sportive).
Un’occupazione giovanile stimata in oltre 36mila posti di lavoro qualificati, che con il taglio dei servizi rischia di perderne la metà. Ma non solo, perché, come spiega il presidente della cooperativa, Simone Andreotti, «in presenza di nuovi bandi pubblici con pro die pro capite tagliati, molti gestori privati che lavorano sulla qualità e su centri con piccoli numeri potrebbero non poter partecipare e chiudere».
Entrando nel merito dei tagli, si conferma che il privato che deciderà di partecipare ai nuovi bandi non dovrà più preoccuparsi di garantire l’insegnamento della lingua italiana, il supporto per la richiesta di asilo, la formazione professionale, la positiva gestione del tempo libero (attività di volontariato, di socializzazione con la comunità ospitante, attività sportive).
«Agli ospiti dei Cas – denuncia Andreotti – sarà quindi proposto di non fare nulla, di passare i giorni ad aspettare i lunghi tempi della burocrazia della valutazione della domanda di asilo, che può superare i 12 mesi, bighellonando, arrangiandosi alla meglio, senza alcuna mediazione culturale e senza strumenti di conoscenza e di orientamento per entrare in contatto con la parte più sana della società, capace di sviluppare percorsi positivi e all’insegna della legalità». Col rischio di finire in mano al lavoro nero, all’accattonaggio e alla microdelinquenza.
Ma anche i servizi che rimangono sono fortemente tagliati: sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali dell’assistenza sociale. Come si legge nello studio, nei Cas che ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza dell’assistente per 28,8 minuti al mese per ospite contro 86,4 minuti dei vecchi bandi. E in strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8. Analoghi i tagli per la mediazione culturale: nei centri più piccoli ogni ospite potrà contare su 48 minuti al mese (prima 2 ore e 52,8 minuti); nelle strutture più grandi si scende addirittura ad 19,2 minuti. «Eppure – prosegue Andreotti – il non sostenere adeguatamente fragilità sociali e psicologiche può portare a concreti rischi, anche per la sicurezza e l’incolumità delle persone accolte e per la comunità ospitante».
Crolla anche l’assistenza sanitaria. Nei Cas sino a 50 persone viene chiesta la presenza del medico per assicurare una media di 4 ore per ogni ospite all’anno, senza più l’obbligo di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i centri più grandi la media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.
Ma anche i servizi che rimangono sono fortemente tagliati: sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali dell’assistenza sociale. Come si legge nello studio, nei Cas che ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza dell’assistente per 28,8 minuti al mese per ospite contro 86,4 minuti dei vecchi bandi. E in strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8. Analoghi i tagli per la mediazione culturale: nei centri più piccoli ogni ospite potrà contare su 48 minuti al mese (prima 2 ore e 52,8 minuti); nelle strutture più grandi si scende addirittura ad 19,2 minuti. «Eppure – prosegue Andreotti – il non sostenere adeguatamente fragilità sociali e psicologiche può portare a concreti rischi, anche per la sicurezza e l’incolumità delle persone accolte e per la comunità ospitante».
Crolla anche l’assistenza sanitaria. Nei Cas sino a 50 persone viene chiesta la presenza del medico per assicurare una media di 4 ore per ogni ospite all’anno, senza più l’obbligo di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i centri più grandi la media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.
Infine quasi scompare il servizio di controllo e presenza. Il direttore (precedentemente a tempo pieno) presidierà strutture fino a 50 ospiti per appena 18 ore a settimana e gli operatori richiesti (1 ogni 50 ospiti) non garantiranno neanche la copertura delle 24 ore (la notte i centri saranno autogestiti dagli ospiti). Nei centri più grandi la notte sarà "coperta", ma con un rapporto operatori/ospiti di appena 1 a 150.
Antonio Maria Mira
Antonio Maria Mira
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