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lunedì 12 novembre 2018

Turchia - La matita spezzata di Zehra Doğan artista e giornalista curda, rinchiusa nella fortezza di Tarso

estwest.eu
Condannata per un disegno che esponeva le distruzioni dell’esercito turco, l’artista curda Zehra Dogan ha continuato a esprimersi con ogni mezzo durante la detenzione. Ma il trasferimento in un carcere militare fa temere il peggio a coloro, da Ai Weiwei a Banksy, che si sono mobilitati per lei.
Zehra Dogan vicino ad una sua opera
Tarso è una città amata dal turismo religioso. Da qui veniva l'apostolo delle genti, quel Paolo che pensò di predicare il cristianesimo ai non ebrei, rendendo questa piccola comunità di seguaci di Gesù di Nazareth, la religione più importante dell'Europa. Ma oltre al pozzo di San Paolo e ad altri monumenti che ricordano quanto la storia ami passare spesso per gli stessi vicoli, c'è anche una prigione il cui nome torna spesso sulle pagine dei bollettini delle Ong che si occupano di diritti umani. Parliamo delle carceri turche, tristemente note per la leggerezza con cui vi si dimenticano i diritti dei detenuti e soprattutto delle detenute.

È qui che pochi giorni fa è stata trasferita la giornalista e artista curda, di nazionalità turca, Zehra Doğan insieme ad altre venti carcerate. 

Per capire di che luogo di detenzione stiamo parlando, basta scorrere le notizie sulle morti in cella della scorsa estate: Şafak Demir, una delle migliaia di insegnanti rimosse dal proprio posto di lavoro e imprigionate perché accusate di essere in qualche modo sostenitori del movimento di Gülen, è deceduta per emorragia cerebrale in luglio. 

Le circostanze sono ancora poco chiare, ma l’inchiesta indipendente non è stata autorizzata. La prigione di Tarso, sottoposta alla legge marziale, organizzata per comparti stagni dove possono stare pochissime detenute per evitare i contatti in una situazione di semi isolamento, non è una buona notizia per il futuro della giovane artista che ha mobilitato l’interesse della comunità non solo politica, ma anche artistica internazionale.

Elettra Stamboulis

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