Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, il Papa ha chiesto ai governi di aiutare non solo chi scappa dalle guerre ma anche i migranti economici.
"È una posizione espressa più volte dal Papa e non è soltanto sua ma viene da lontano. Anche Paolo VI ad esempio condivideva questo pensiero. La differenza è che oggi si colloca in un contesto nuovo, quello della globalizzazione in cui abbiamo l'illusione di vivere in un mondo unico. È solo una illusione perché al suo interno ogni Paese cerca di risolvere il problema in modo diverso".
La via scelta dal governo italiano non sembra aiutare affatto i migranti.
"Il cardinale Bagnasco ha ammesso la liceità dell'obiezione di coscienza contro il Decreto Sicurezza. Produrrà irregolarità per 120 mila persone, una cifra enorme. Avrà effetti sulla loro residenza, porterà a un allungamento dei tempi della richiesta della cittadinanza: sono tutti temi che rallentano l'integrazione, molte associazioni cattoliche sono impegnate in questo ambito e vengono messe in difficoltà. La Chiesa non ha mai avuto paura di questi flussi anche se portano religioni diverse. La maggior parte dei cattolici vive l'accoglienza come una forma di responsabilità. Oltretutto non mi sembra che esista più nemmeno un pericolo di invasione, gli sbarchi sono molto calati e la fase dell'emergenza è passata".
Non è quello che sostiene questo governo, anzi. Sembra che dai migranti arrivino tutti i problemi dell'Italia.
"La visione del Papa non è solo evangelica ma anche di estremo realismo. Come si potrebbero altrimenti risolvere i problemi dei tanti italiani che hanno bisogno di badanti? I migranti stanno svolgendo una funzione di ammortizzatore sociale necessaria. Il problema è che manca l'integrazione. Ci sono provvedimenti restrittivi e mancano i flussi che porterebbero migranti in modo controllato. Li vogliono gli imprenditori, non la Croce Rossa. È una visione che guarda alla crescita del Paese e che si rivelerà letale nel caso in cui dovesse mancare. Quella del Papa è una battaglia non politica ma legata a un'idea di Paese. È figlio di emigrati, cresciuto in un Paese di forte emigrazione, non può non pensare che l'economia si arricchisca accogliendo e integrando gli altri".
Lei è stato il primo ministro dell'Integrazione in Italia. Che cosa prova quando sente che i porti italiani restano chiusi anche a costo di far morire persone in mare?
"Mi ricordo che quando ero ministro parlare di integrazione in termini pacati aiutava gli italiani a credere nel futuro del Paese. Credo che sia necessario farlo anche oggi. Le diverse religioni possono convivere bene. Creare reti e integrazione è il compito della politica, ma anche della passione civile di tutti gli italiani".
Flavia Amabile
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