La rotta balcanica è ufficialmente chiusa dal marzo 2016 da quando l'accordo tra Ue e Turchia è entrato in vigore; in realtà nel corso del 2018, più di 60 mila migranti sono stati registrati dalle autorità dei paesi dei Balcani occidentali.
Si tratta di famiglie in fuga da guerre e violenze nei loro paesi d'origine: Siria, Afghanistan e Pakistan; che si dirigono verso la frontiera con la Croazia per cercare di attraversare i confini con l'Unione Europea.
La sorveglianza dei confini e la brutalità della polizia ungherese contro i migranti hanno spalancato le porte ad una nuova rotta attraverso i Balcani, che attraversa Albania, Montenegro e Bosnia.
La sorveglianza dei confini e la brutalità della polizia ungherese contro i migranti hanno spalancato le porte ad una nuova rotta attraverso i Balcani, che attraversa Albania, Montenegro e Bosnia.
E così il commercio clandestino di essere umani ha raggiunto anche la Bosnia.
Qui i rifugiati pagano i contrabbandieri per il passaggio in Croazia o in Slovenia, altri tentano di attraversare il confine su camion o treni. La maggior parte ancora cerca di entrare in territorio croato a piedi. Per questo la polizia ha intensificato i controlli lungo le frontiere e quotidianamente i migranti vengono respinti con violenza dalle forze dell'ordine.
Sono decine le testimonianze di maltrattamenti che registriamo, a questi si aggiungono i pericoli legati all’attraversamento delle zone minate risalenti alle guerre degli anni ‘90. Le condizioni fisiche e psicologiche dei migranti peggiorano velocemente ed i rischi di scontri con le comunità locali aumentano.
Anche negli ultimi mesi invernali la rotta è rimasta aperta e percorsa, nonostante le rigide temperature e l'abbondante neve caduta. Si sono registrati molti casi con principi di assideramento per gruppi di migranti che si erano persi lungo le montagne al confine con la Croazia, e purtroppo con la registrazione di alcuni decessi.
Ad oggi le condizioni di viaggio rimangono estremamente precarie e i Paesi balcanici non sono preparati ad affrontare l’accoglienza di un numero così elevato di persone: intere famiglie con bambini dormono all’aperto, senza accesso ai servizi più basilari come acqua potabile, bagni, docce e si prevede un aumento di profughi lungo questa rotta nei prossimi mesi primaverili.
L'emergenza in Bosnia Erzegovina
L'emergenza profughi in Bosnia e Erzegovina rimane molto critica. Le stime parlano di circa 6.000 migranti con capacità ricettive nei campi profughi ancora insufficienti. La situazione di estrema precarietà fa sì che i migranti si accalchino all’addiaccio in strade e parchi durante le ore notturne in cerca di aiuti e riparo. Le scarsissime risorse a disposizione, lamancanza di strutture di accoglienza e di distribuzione del cibo e di beni di prima necessità rende la situazione estremamente precaria.
La zona di Bihac rimane attalmente quella più critica. Le autorità locali in questi mesi sono riuscite a individuare una location per collocare i migranti, è una ex fabbrica abbandonata, di fatto sono enormi capannoni dismessi e fatiscenti dentro cui hanno montato delle tende con letti a castello e dei servizi igenici chimici, per alloggiarte 2.500 persone. Il campo profughi di Bira è in questo momento è in condizioni veramente terribili, sia dal punto di vista igienico-sanitario, sia per la grande tensione all'interno del campo: sovraffollamento e nessuna attività ricreativa proposta alle persone presenti. Alcuni giorni la tensione tra i profughi è espola in tafferugli ed è dovuta intervenire la polizia arrestando più di 50 persone.
L'emergenza in Serbia
In Serbia sono attivi 18 campi profughi che accolgono più di 4.500 migranti, qui la situazione umanitaria è certamente migliore rispetto ad altre copagini del contesto Balcanico. Questo perchè la Repubblica Serba è stata coinvolta fin da subito nell'emergenza migratoria iniziata nel 2013. Attualmente i maggiori problemi sono dati dalla graduale riduzione degli interventi nei campi profughi delle principali ONG che stanno comportando un grave peggiormanto della qualità della vita nei campi.La situazione all'interno dei campi è ferma al giorno i rifugiati hanno lasciato la propria casa. Per i bambini le lezioni a scuola sono interrotte. Nessun adulto può lavorare. Per ora, la maggior parte dei migranti dispone solo di alloggi provvisori che variano da località in località.
Grazie alla collaborazione con Caritas Serbia e Ipsia, Caritas Ambrosiana è presente nel campo profughi di Bogavadja nella zona di Belgrado fin dall'inizio della crisi con programmi di emergenza: attraverso la distribuzione di aiuti umanitari; l'allestimento di strutture per accoglienza diffusa, la creazione di mense per preparare pasti caldi e con attività di tipo psico-sociale seguite da personale qualificato sull’emergenza.
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