Perché conta: La querelle riguardante il muro dimostra plasticamente quanto sia difficile – quasi impossibile – per un presidente realizzare un progetto domestico in modo unilaterale. Perché certamente Trump non completerà mai il muro. Forse non ne realizzerà neppure un metro. La decisione presidenziale è già stata impugnata in tribunale da 16 Stati federati, da molteplici associazioni umanitarie e ambientaliste, nonché da privati cittadini. Con la certezza che sarà la Corte suprema a decidere della questione.
Per cui nel migliore dei casi, per Trump, il massimo tribunale deciderà in suo favore tra almeno un anno, consentendogli di iniziare la costruzione di alcuni chilometri di barriera – secondo i migliori calcoli, 8 miliardi di dollari bastano per realizzare 376 chilometri (234 miglia) di muro, circa un terzo di quanto già esiste (1.052 chilometri), poco più di un decimo dell’intero confine (3.110 chilometri).
Considerato l’andamento della vicenda, di questo passo ci vorrebbero almeno 20 anni per allocare i fondi necessari al completamento della barriera, decisamente più dei 6 anni scarsi di presidenza (2 più 4) che Trump potrebbe avere a disposizione qualora fosse rieletto.
Per tacere di cosa (non) succederebbe se la Corte suprema giudicasse invalida la misura presidenziale. Mentre, se pure i giudici dessero ragione a Trump ma nel successivo novembre fosse eletto un presidente contrario allo stato di emergenza, la costruzione si interromperebbe immediatamente, con la consegna ai posteri di una manciata di chilometri di muro edificati ex novo. A fronte di uno sforzo titanico da parte del magnate newyorkese, sfociato nella dimostrazione dell’impotenza presidenziale.
Dario Fabbri
Dario Fabbri
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