Tra le 3.000 e le 15.000 persone appartenenti alla comunità Rom italiane sono a rischio apolidia. Lo evidenzia il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir). Gli apolidi sono soggetti privi di qualunque cittadinanza. L'ordinamento italiano prevede all'articolo 22 cost. che il cittadino italiano non possa essere privato della cittadinanza per nessuna ragione.
Il report
Il nuovo "country profile" pubblicato oggi sullo Statelessness Index (a cura del Cir e dello European Network on Statelessness, Ens) - evidenzia come "non sia stato fatto abbastanza per proteggere i loro diritti. Inoltre - rileva ancora il report - le organizzazioni della società civile sono preoccupate per tutti coloro che hanno già ottenuto la cittadinanza italiana e che, per effetto del cosiddetto Decreto Sicurezza, rischiano di essere rese apolidi a causa delle controverse misure in esso contenute".
"La nuova legge italiana sulle migrazioni - dice Daniela di Rado, co-autrice dell'analisi - non introduce nulla di positivo per quanto riguarda l'apolidia, ma anzi aumenta il tempo per ottenere la cittadinanza fino a 4 anni. Questa misura avrà un impatto diretto sugli apolidi che rimarranno bloccati in un limbo per anni".
Apolidi: i numeri
Secondo gli ultimi dati dell’associazione Opera Nomadi, risalenti però al 2007, i rom, sinti e caminanti in Italia (altrimenti chiamati, in maniera spesso dispregiativa, col termine di zingari) sono circa 140mila. Per altre associazioni, come la Onlus 21 luglio, potrebbero essere anche 180mila. Riprendendo l'analisi fatta da tg24.sky.it, la loro presenza oscilla tra 0,2 e lo 0,3% dell’intera popolazione che vive nel nostro Paese, 60 milioni di abitanti circa. Di questi, circa la metà ha cittadinanza italiana. L’altro 50% è essenzialmente costituito da bulgari, rumeni e originari dell’ex Jugoslavia.
Apolidi: i numeri
Secondo gli ultimi dati dell’associazione Opera Nomadi, risalenti però al 2007, i rom, sinti e caminanti in Italia (altrimenti chiamati, in maniera spesso dispregiativa, col termine di zingari) sono circa 140mila. Per altre associazioni, come la Onlus 21 luglio, potrebbero essere anche 180mila. Riprendendo l'analisi fatta da tg24.sky.it, la loro presenza oscilla tra 0,2 e lo 0,3% dell’intera popolazione che vive nel nostro Paese, 60 milioni di abitanti circa. Di questi, circa la metà ha cittadinanza italiana. L’altro 50% è essenzialmente costituito da bulgari, rumeni e originari dell’ex Jugoslavia.
Tra gli stranieri, il nucleo che risulta essere più cospicuo è quello dei provenienti dall'ex Jugoslavia all’inizio degli anni Novanta: 30mila in tutto, presenti in Italia da almeno tre generazioni. Giuridicamente, è la loro la condizione più problematica. Sono infatti stranieri ma non appartengono più, di fatto, allo Stato di origine, e risultano al tempo stesso esclusi dalle leggi italiani in materia di cittadinanza. Sono di fatto apolidi, ma la domanda per essere riconosciuti come tali non viene accettata dal ministero dell’Interno se il richiedente non esibisce, oltre a ragionevoli prove della sua condizione, anche il permesso di soggiorno e l’iscrizione anagrafica.
Secondo le stime dell’Opera Nomadi, del 60% della popolazione che ha meno di 18 anni, il 30% ha un'età tra gli 0 e i 5 anni, il 47% ha dai 6 ai 14 e il 23% tra i 15 e i 18.
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