Il quattordicenne ha chiamato i soccorsi evitando la strage a San Donato Milanese. Ora per il ragazzo, nato in Italia ma per la legge egiziano, potrebbe arrivare la cittadinanza per meriti. Manconi: “L’idea che i diritti si conquistino con l’eroismo è profondamente sbagliata”. Ambrosini: “Visione antica, non rispecchia il paese”. Italiani senza cittadinanza: “Non è un vestito che si mette e toglie”.
“Se mi daranno davvero la cittadinanza italiana sarò felice. Per essere schietti, è il mio sogno. Ma allora dovrebbero darla anche a mio fratello e ai miei compagni di classe di origini straniere che vivono in Italia da tanto tempo e magari sono pure nati qui”. Lo dice dalle pagine del Corriere della sera Ramy Shehata, il quattordicenne che due giorni fa ha chiamato i soccorsi, evitando la strage a San Donato Milanese. Ribattezzato subito il “bambino eroe”, a lui sono arrivati i complimenti anche delle istituzioni. E ora per il ragazzo, nato in Italia ma per la legge egiziano, potrebbe arrivare la cittadinanza per meriti. La prefettura di Cremona ha richiesto, infatti, al Comune di Crema il suo certificato di nascita per avviare le procedure burocratiche. Un riconoscimento importante per aver salvato la vita ai compagni che ha, però, anche riaperto il dibattito sul tema della cittadinanza nel nostro paese. E’ giusto considerarla un premio o un riconoscimento da guadagnare? Si possono legare i diritti ai meriti civili?
“Beata la terra che non ha bisogno di eroi - sottolinea Luigi Manconi, presidente dell’Unar -. L’idea che i diritti si conquistino con l’eroismo o con imprese eccezionali è profondamente sbagliata. I diritti si conquistano con la normalità dei comportamenti, con la vita sociale quotidianamente vissuta, meritare che significa attenersi alle leggi e far parte di una collettività”. Durante il governo Gentiloni, Manconi da senatore Pd è stato tra i più convinti sostenitori della riforma della cittadinanza, che avrebbe introdotto anche in Italia uno ius soli moderato e uno ius culturae. “Nel caso specifico, assegnare la cittadinanza in base a comportamenti, seppur non necessariamenti eroici, ma comunque meritevoli, mi sembra una scelta opportuna - spiega -. Allo stesso tempo tempo, proprio l’episodio di San Donato conferma quanto fosse giusta l’iniziativa di riforma della cittadinanza e quanto sia stato grave contrastarla, perché quei bambini sono parte di quella enorme realtà costituita da 900mila minori stranieri che frequentano la scuola pubblica italiana. Quei bambini dimostrano come il percorso più agevole e più sicuro per l’integrazione degli stranieri passa attraverso l’educazione, la formazione, la partecipazione comune alle stesse realtà”.
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