«Beati i costruttori di Pace. Il coraggio del dialogo per una riconciliazione che parta dalle vittime». Questo il titolo del dossier realizzato da Caritas Italiana a otto anni dall’inizio del conflitto in Siria, il 15 marzo 2011.
Nonostante la guerra siriana abbia provocato «la peggiore crisi umanitaria dopo la Seconda guerra mondiale», la Caritas lamenta, infatti, che il Paese mediorientale sia da tempo uscito dall’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, ma soprattutto «come non si veda più nessuna iniziativa a favore della pace e, tantomeno, della riconciliazione».
Il rapporto indica che l’intera rete ecclesiale nei Paesi più toccati dalla crisi siriana (Libano, Giordania e Turchia) nel biennio 2017-2018 è riuscita a mettere a disposizione circa 516 milioni di dollari, portando aiuto a 3,9 milioni di persone, attraverso una distribuzione su vasta scala di viveri, il sostegno sanitario, la fornitura di alloggi, il supporto all’istruzione e il ripristino di attività produttive. Nello specifico, Caritas Italiana, dal 2011 ad oggi, ha avviato 63 progetti con un investimento complessivo di oltre 6 milioni di euro, provenienti da donazioni e dall’otto per mille alla Chiesa cattolica. Tali fondi sono stati destinati ad aiuti di urgenza, all’istruzione, alla costruzione di percorsi di pace e riconciliazione, ad interventi sanitari, alla riabilitazione socio-economica, all’accompagnamento e alla formazione delle organizzazioni locali.
Nel 2019, oltre a interventi a carattere umanitario in tutti i Paesi coinvolti, l’impegno in Siria si focalizza anche su un progetto nazionale che vede protagonisti i giovani siriani, proprio con l’obiettivo di offrire loro opportunità di riconciliazione, attraverso corsi di formazione professionale. Ma il compito di Caritas non consiste solo negli interventi urgenti o a carattere umanitario.
«Il nostro ruolo – si legge nel dossier – è anche quello di creare delle connessioni, dei ponti di pace all’interno delle nostre comunità. Ed è stato allora che abbiamo scelto di lanciare una campagna interna a Caritas Siria chiamata Riconciliazione, perché vorremmo che la Caritas giocasse un ruolo fondamentale nella ricostruzione delle relazioni, distrutte dalla guerra, fra le comunità della Siria». Caritas Siria ha così scelto di iniziare a lavorare sulla riconciliazione a partire da un’azione molto semplice: quella di organizzare un pranzo aperto ai beneficiari appartenenti alle diverse religioni. «Avevamo moltissime preoccupazioni riguardo questo incontro. Gli ospiti rappresentavano, infatti, un microcosmo della società siriana, fatta di musulmani, cristiani, alauiti e drusi».
«È stata una decisione rischiosa, certo, ma non potevamo fare altrimenti. La Caritas è al servizio di tutti senza discriminazioni di religione o etnia, e l’idea stessa di separare i partecipanti al pranzo in base a un criterio di appartenenza religiosa, ci faceva sentire meno Caritas». Il dossier chiede all’Unione Europea di aumentare decisamente le risorse destinate alla popolazione siriana, ma anche «un miglioramento nella gestione, con un approccio regionale che tenga conto delle ricadute sulle popolazioni che ospitano i rifugiati in un’ottica di lungo periodo».
Chiede inoltre di dare «priorità alla tutela delle minoranze e dei più deboli, con particolare riguardo alle donne e all’educazione dei bambini. L’investimento nell’educazione è fondamentale per il futuro del popolo e per il mantenimento di una pace duratura».
Camille Eid
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