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sabato 2 marzo 2019

Sudan: Omar al-Bashir ordina la repressione delle proteste. 51 morti e 2400 arrestati

Osservatorio Diritti
Omar al-Bashir risponde con violenza all'ondata di proteste in corso da dicembre. Il dittatore di Khartoum, assediato dalla rivolta per il caro-vita, ha incarcerato oltre 2.400 persone. Morti almeno 51 manifestanti.


Il 23 febbraio Omar al-Bashir ha dichiarato lo stato di emergenza in Sudan, ritrovandosi così ad avere mano libera nella repressione del dissenso. Da dicembre 2018, nel paese africano è in corso una protesta che potrebbe abbattere il regime di Omar al-Bashir, ininterrottamente al potere dal 1989. Il dittatore di Khartoum ha risposto a suo modo, con una brutale repressione in cui sono coinvolte non solo forze ufficiali, ma anche una sorta di esercito di agenti in borghese.

La Corte penale internazionale dell’Aja ha spiccato su Bashir due ordini di arresto internazionali, nel 2009 e nel 2010, per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi a partire dal 2003. I processi sono entrambi in corso.

Secondo Human Rights Watch, sono almeno 51 le vittime fino ad oggi delle proteste in Sudan. Altre statistiche riportate dal New York Times ne indicano 57. Il governo sostiene invece siano 30. A questi si aggiungono migliaia di desparecidos: la polizia, infatti, trattiene in carcere per tempi indeterminati e senza alcun processo attivisti e manifestanti. A volte vengono poi rilasciati, a volte no.

Intorno a vittime e detenuti c’è una guerra dei numeri tra organi governativi e opposizione. Il 20 febbraio, riporta il Sudan Tribune, il governo ha pubblicato un comunicato stampa per annunciare il rilascio di 2.430 persone.

Quasi in contemporanea, stava per cominciare una manifestazione annunciata dalla Sudan professional association (Spa), sigla che raccoglie al suo interno insegnati, medici, avvocati, giornalisti, professori universitari, ingegneri, artisti e tutti quei professionisti ai quali è vietato organizzarsi in sindacati. La Spa è una delle principali organizzazioni dietro alle proteste di questi mesi e per questo è ritenuta uno dei nemici di Bashir.

Il ministro dell’Interno Ahmed Bilal Osman ha ribadito la volontà di reprimere «ogni tentativo di portare instabilità» nel Paese con momenti di protesta non autorizzati, come quello della Spa. Ha sostenuto inoltre che la rivolta, nata per richieste legittime, sia ora guidata da «mani invisibili».


Lorenzo Bagnoli

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