l report di Medici Senza Frontiere. L'impossibilità di aiutare chi è indotto a scappare e chi vorrebbe farlo, ma non può perché detenuto con la sola colpa di essere un emigrante.
Ma i migranti bloccati nei centri non hanno alcuna possibilità di fuga. Questa, in estrema sintesi la testimonianza di Craig Kenzie, capoprogetto delle operazioni MSF a Tripoli: “Siamo molto preoccupati per tutta questa gente": quella indotta a scappare e quella che vorrebbe farlo, ma non può perché detenuta con la sola colpa di essere un emigrante.
L'impossibilità di poter dare aiuto. Anche in periodi di relativa calma, migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione sono costretti a condizioni pericolose e degradanti che hanno impatti negativi sulla loro salute fisica e mentale. Il conflitto ha reso queste persone ancora più vulnerabili e ha drasticamente ridotto la capacità della comunità umanitaria di fornire una risposta salvavita tempestiva e garantire evacuazioni urgentemente necessarie. Il centro di detenzione di Ain Zara, dove pochi giorni fa il segretario generale delle Nazioni Unite ha constatato “la sofferenza e la disperazione” di rifugiati e migranti, si trova ora nel pieno degli scontri, con quasi 600 persone vulnerabili, compresi donne e bambini, intrappolate al suo interno.Testimonianze arrivate da un altro centro suggeriscono che alcune persone vengano costrette a lavorare per i gruppi armati.
E' urgente un'evacuazione generale. MSF chiede che tutti i rifugiati e migranti detenuti in Libia siano evacuati dalle zone a rischio appena possibile e, in attesa del loro rilascio, che vengano garantiti la loro sicurezza e i loro bisogni essenziali. È la terza volta negli ultimi sette mesi che a Tripoli scoppiano combattimenti, eppure molte delle persone trattenute nei centri sono lì a causa delle politiche degli stati membri europei, che permettono alla guardia costiera libica di intercettare migranti e rifugiati in mare e riportarli forzatamente in Libia, in violazione del diritto internazionale. Il conflitto attuale non fa che evidenziare ancora una volta che la Libia non è un porto sicuro dove la protezione di migranti e rifugiati possa essere garantita”.
L'impossibilità di poter dare aiuto. Anche in periodi di relativa calma, migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione sono costretti a condizioni pericolose e degradanti che hanno impatti negativi sulla loro salute fisica e mentale. Il conflitto ha reso queste persone ancora più vulnerabili e ha drasticamente ridotto la capacità della comunità umanitaria di fornire una risposta salvavita tempestiva e garantire evacuazioni urgentemente necessarie. Il centro di detenzione di Ain Zara, dove pochi giorni fa il segretario generale delle Nazioni Unite ha constatato “la sofferenza e la disperazione” di rifugiati e migranti, si trova ora nel pieno degli scontri, con quasi 600 persone vulnerabili, compresi donne e bambini, intrappolate al suo interno.Testimonianze arrivate da un altro centro suggeriscono che alcune persone vengano costrette a lavorare per i gruppi armati.
E' urgente un'evacuazione generale. MSF chiede che tutti i rifugiati e migranti detenuti in Libia siano evacuati dalle zone a rischio appena possibile e, in attesa del loro rilascio, che vengano garantiti la loro sicurezza e i loro bisogni essenziali. È la terza volta negli ultimi sette mesi che a Tripoli scoppiano combattimenti, eppure molte delle persone trattenute nei centri sono lì a causa delle politiche degli stati membri europei, che permettono alla guardia costiera libica di intercettare migranti e rifugiati in mare e riportarli forzatamente in Libia, in violazione del diritto internazionale. Il conflitto attuale non fa che evidenziare ancora una volta che la Libia non è un porto sicuro dove la protezione di migranti e rifugiati possa essere garantita”.
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