L'attivista Vida Movahedi giudicata colpevole di "fomentare corruzione e dissolutezza": il suo gesto scatenò l'effetto emulazione in tutto il paese islamico. Si tolse il velo islamico in piazza Enghelab, nella capitale Teheran, contro l'obbligo di indossarlo.
E per questo fu arrestata, nell'ottobre scorso, innescando una serie di proteste, anche internazionali, contro l'imposizione del hijab. Da allora di Vida Movahedi non s'era saputo più nulla: la "ragazza di piazza della Rivoluzione", com'era stata ribattezzata dai media, era sparita nel nulla.
Il timore era che l'effetto emulazione scatenato nella popolazione femminile e la risonanza mediatica dell'episodio avessero spinto le autorità della repubblica islamica a usare il pugno duro. Invece era in prigione, in attesa della sentenza. Già in passato la 30enne, madre di una bimba di due anni, aveva manifestato pubblicamente contro le leggi restrittive per le donne, facendo da esempio per centinaia di connazionali.
Lo scatto di lei, nel dicembre 2017, che - salita su una centralina dell'elettricità - sbandierava il velo bianco appena tolto, fece letteralmente il giro del mondo; e per quel gesto venne multata e condannata a cinque mesi di carcere. Dacia Maraini scrisse sul Corriere che l'immagine di quel candido foulard appeso in cima a un bastone era "come una spada, una bandiera". Ora la notizia del verdetto di colpevolezza per la seconda dimostrazione, emesso il 2 marzo scorso dai giudici con l'accusa di "fomentare corruzione e dissolutezza", e della condanna a un anno di carcere, di cui si è saputo solo in questi giorni grazie al suo avvocato Payam Derafshan.
La ragazza diventata emblema - Dunque Vida si prepara a restare dietro le sbarre per i 7 mesi che ancora le restano in base all'ultima disposizione del tribunale, nonostante abbia diritto all'indulto e il giudice abbia dichiarato di essere favorevole alla libertà condizionale, ha spiegato il suo legale."Il giudice è stato molto sensibile sul fatto che Mohavedi ha una figlia di due anni e che non ha avuto motivi politici per le sue azioni", ha aggiunto.
La burocrazia, denuncia il suo legale, ha impedito però finora la presentazione della richiesta di scarcerazione: il fatto che le autorità carcerarie non aggiornino il suo status legale le rende impossibile usufruirne. "Abbiamo tentato molte volte di superare questo dilemma burocratico, ma oltre un mese dopo non siamo arrivati a nulla, ecco perché abbiamo deciso ancora una volta di rivolgerci ai media".
Vida è la più nota delle molte piccole eroine che stanno crescendo nel paese degli ayatollah, come la prima pugile Sadaf Khadem e la tifosa di calcio Zahra Khoshnavaz, in una nazione che resta capace tuttavia di verdetti quanto meno singolari ispirati a divieti religiosi, e spietate pene corporali come quella emessa solo il mese scorso contro l'avvocatessa Nasrin Sotoudeh.
I tempi faticano a tornare ai costumi antecedenti la rivoluzione ma secondo un recente sondaggio governativo oltre metà della popolazione, inclusa quella maschile, è contraria all'obbligo del velo in pubblico. Una deroga fu concessa, ad esempio, in occasione della Fashion week del 2015. Ma la battaglia è solo all'inizio.
Giuseppe Gaetano
Il timore era che l'effetto emulazione scatenato nella popolazione femminile e la risonanza mediatica dell'episodio avessero spinto le autorità della repubblica islamica a usare il pugno duro. Invece era in prigione, in attesa della sentenza. Già in passato la 30enne, madre di una bimba di due anni, aveva manifestato pubblicamente contro le leggi restrittive per le donne, facendo da esempio per centinaia di connazionali.
Lo scatto di lei, nel dicembre 2017, che - salita su una centralina dell'elettricità - sbandierava il velo bianco appena tolto, fece letteralmente il giro del mondo; e per quel gesto venne multata e condannata a cinque mesi di carcere. Dacia Maraini scrisse sul Corriere che l'immagine di quel candido foulard appeso in cima a un bastone era "come una spada, una bandiera". Ora la notizia del verdetto di colpevolezza per la seconda dimostrazione, emesso il 2 marzo scorso dai giudici con l'accusa di "fomentare corruzione e dissolutezza", e della condanna a un anno di carcere, di cui si è saputo solo in questi giorni grazie al suo avvocato Payam Derafshan.
La ragazza diventata emblema - Dunque Vida si prepara a restare dietro le sbarre per i 7 mesi che ancora le restano in base all'ultima disposizione del tribunale, nonostante abbia diritto all'indulto e il giudice abbia dichiarato di essere favorevole alla libertà condizionale, ha spiegato il suo legale."Il giudice è stato molto sensibile sul fatto che Mohavedi ha una figlia di due anni e che non ha avuto motivi politici per le sue azioni", ha aggiunto.
La burocrazia, denuncia il suo legale, ha impedito però finora la presentazione della richiesta di scarcerazione: il fatto che le autorità carcerarie non aggiornino il suo status legale le rende impossibile usufruirne. "Abbiamo tentato molte volte di superare questo dilemma burocratico, ma oltre un mese dopo non siamo arrivati a nulla, ecco perché abbiamo deciso ancora una volta di rivolgerci ai media".
Vida è la più nota delle molte piccole eroine che stanno crescendo nel paese degli ayatollah, come la prima pugile Sadaf Khadem e la tifosa di calcio Zahra Khoshnavaz, in una nazione che resta capace tuttavia di verdetti quanto meno singolari ispirati a divieti religiosi, e spietate pene corporali come quella emessa solo il mese scorso contro l'avvocatessa Nasrin Sotoudeh.
I tempi faticano a tornare ai costumi antecedenti la rivoluzione ma secondo un recente sondaggio governativo oltre metà della popolazione, inclusa quella maschile, è contraria all'obbligo del velo in pubblico. Una deroga fu concessa, ad esempio, in occasione della Fashion week del 2015. Ma la battaglia è solo all'inizio.
Giuseppe Gaetano
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.