A Moria nel campo greco i minori non accompagnati vivono reclusi. Il governo: «Accoglienza ottimale». E ai bambini invalidi, disabili, ammalati cronici è vietata l’uscita dal reticolato.
L’Europa muore nel petto di Achmad. Basta vederla la lunga cicatrice sul torace: quel bimbo di sei anni non dovrebbe stare in una gabbia per profughi. L’Europa muore negli occhi neri di una bimba afghana: la misera protesi al piede la fa sembrare una bambola rotta che qui non camminerà né guarirà mai.
Nessun essere umano dovrebbe stare qui, che poi è Europa, mica la Libia.
Il campo di Moria è una collina che dall'alto discende verso i gironi dei dannati d’ogni guerra: Yemen, Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina. Mani affettuose hanno verniciato con colori vividi le scatolette di ferro dentro a cui alloggiano adulti e bambini. Mani ipocrite hanno ordinato e pagato milioni di euro a un Paese in crisi perché tenesse al confino i migranti che salpano dalle vicine coste turche e poi si arrampicano sulle scogliere dell’arcipelago.
I cantori della favola di Stato sanno di dover mentire ai giornalisti: «In Grecia ci sono 70mila migranti ospitati – lo ha davvero detto incontrandoci un funzionario di Atene – in condizioni del tutto ottimali». Dove per ottimale si intende un solo medico per 4mila persone. Per non dire dei colloqui per esaminare le richieste d’asilo.
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