Pagine

martedì 28 maggio 2019

Sull’Iraq ritorna lo spettro di Camp Bucca. Migliaia di foreign fighters nelle carceri che sono centri di radicalizzazione

Il Manifesto
Stato islamico e foreign fighters. Migliaia di miliziani iracheni e stranieri nelle prigioni di Stato e dei servizi segreti. Che ora rischiano di diventare i nuovi centri della radicalizzazione. 20mila i foreign fighters, 8mila già condannati a morte o all’ergastolo.L’allarme delle ong: processi farsa e torture


Sono trascorsi cinque anni da quando lo Stato islamico prese Mosul, in Iraq, e Abu Bakr al Baghdadi annunciò la nascita del “califfato”. Cinque anni in cui milioni di iracheni sono finiti a vivere sotto il controllo amministrativo e militare di Daesh, intere città sono state rase al suolo e le istituzioni irachene hanno mostrato una volta di più di non essere in grado di garantire sicurezza e stabilità a un paese già collassato.

Nel dicembre 2017 l’allora premier iracheno Al-Abadi annunciava con malcelata soddisfazione la sconfitta dello Stato islamico, ma da allora con cadenza regolare cellule di Daesh fanno saltare in aria kamikaze imbottiti di esplosivo nel paese, a cominciare dalla capitale Baghdad.

Presente con il sangue, l’Isis lo è anche nelle insufficienti e già stracolme prigioni di Stato con decine di migliaia di miliziani già condannati a morte o in attesa di giudizio. Tra loro almeno 20mila foreign fighters che i paesi di origine non vogliono indietro.

Ma i rischi sono consistenti: processi farsa, pena di morte, evasioni e il pericolo concreto di ricreare un nuovo Camp Bucca, il famigerato centro di detenzione statunitense che durante l’invasione dell’Iraq divenne la culla di Daesh, il centro di organizzazione, reclutamento e radicalizzazione del futuro Stato islamico.

Qui era detenuto al Baghdadi, insieme ad altri otto futuri leader del “califfato”, tra cui colui che poi sarà chiamato alla gestione dei foreign fighters, Abu Qasim. Secondo le stime affidate nel decennio scorso al Washington Post dal capo di polizia Saad Abbas Mahmoud, il 90% dei detenuti rilasciati sarebbero tornati a combattere sotto la bandiera del jihad qaedista.

Eppure il rischio non sembra preoccupare i paesi di origine dei foreign fighters. Per una Gran Bretagna che ha revocato la cittadinanza a oltre 100 miliziani per non doversene prendere carico, c’è una Francia che sotto banco tenterebbe accordi con Baghdad, i miliziani francesi dietro le sbarre in cambio di sostegno economico e militare.


Continua a leggere l'articolo >>>

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.