L'ultima a essere uccisa, Norma Sarabia, indagava sulla corruzione nella polizia. Lo scrittore Juan Villoro: "In questo momento la libertà di espressione non è del tutto garantita". Marco Miranda, giornalista dello Stato di Veracruz, è stato sequestrato nella giornata di mercoledì, mentre martedì una giornalista che si occupava di cronaca nera, Norma Sarabia, è stata uccisa in un agguato mentre tornava a casa nel Tabasco, lo Stato nel sud-est del Messico dov'è nato il presidente Andrés Manuel López Obrador, Amlo.
Norma Sarabia |
Due uomini mascherati a bordo di una moto le hanno sparato numerosi colpi. Il suo giornale, Tabasco Hoy, ha fatto sapere che indagava su episodi di corruzione nella polizia e che aveva ricevuto minacce anonime.
Si tratta dell'ottavo omicidio di un giornalista dall'inizio dell'anno in Messico, il decimo dall'inizio del governo Obrador. Lo scorso anno furono 8 tra giornaliste e giornalisti ad essere uccisi. Se iniziamo a contare dal 2000 arriviamo a quota 129.
Spesso non si sa nulla del perché dell'omicidio, a volte chi è stato ucciso si era imbattuto nelle promiscuità tra trafficanti di droga, apparati dello Stato e operatori di economie legali. Quasi sempre si è data la colpa ai fantomatici "cartelli", soggetti quasi mitologici a cui vengono attribuite le colpe di ogni male del Paese, quasi come un mantra buono e utile a non affrontare i singoli casi.
Juan Villoro, scrittore e giornalista ci dice: "Da quando Obrador è presidente la violenza non è diminuita. Non si tratta certo di una responsabilità dell'attuale governo, perché siamo davanti a un problema strutturale che esiste da decine di anni. Jorge Ramos, giornalista messicano che lavora negli Usa, ha assistito a una delle conferenze stampa mattutine di Amlo e ha fatto domande sulla violenza. Il presidente ha risposto dicendo che l'aritmetica non è il suo forte ma in sostanza ha confermato i tragici numeri elecati da Ramos. Non tenta di negare il problema".
Juan Villoro, scrittore e giornalista ci dice: "Da quando Obrador è presidente la violenza non è diminuita. Non si tratta certo di una responsabilità dell'attuale governo, perché siamo davanti a un problema strutturale che esiste da decine di anni. Jorge Ramos, giornalista messicano che lavora negli Usa, ha assistito a una delle conferenze stampa mattutine di Amlo e ha fatto domande sulla violenza. Il presidente ha risposto dicendo che l'aritmetica non è il suo forte ma in sostanza ha confermato i tragici numeri elecati da Ramos. Non tenta di negare il problema".
Secondo Villoro "in questo momento la libertà di espressione non è del tutto garantita. C'è il timore che gli uffici pubblici che si occupano di comunicazione si convertano in uffici di propaganda. L'agenzia Notimex ha licenziato tutti i suoi corrispondenti per assumere persone vicine al governo Obrador. Preoccupa che invece che attivare percorsi di protezione dei giornalisti si chiudano gli spazi di critica. Gli organi informativi pubblici debbono essere di Stato e non di governo".
Se guardiamo alla violenza, continua lo scrittore: "A città del Messico pochi giorni fa è stato ucciso uno studente universitario. Non ci sono passi in avanti nell'inchiesta su Ayotzinapa, anche se è stata creata una commissione d'inchiesta. Ma il governo di Obrador è in carica da soli sei mesi, impossibile pensare che potesse cambiare tutto in un periodo così breve.
Se guardiamo alla violenza, continua lo scrittore: "A città del Messico pochi giorni fa è stato ucciso uno studente universitario. Non ci sono passi in avanti nell'inchiesta su Ayotzinapa, anche se è stata creata una commissione d'inchiesta. Ma il governo di Obrador è in carica da soli sei mesi, impossibile pensare che potesse cambiare tutto in un periodo così breve.
Ha creato la Guardia nazionale, scelta molto criticata da settori che pensano che accresca la militarizzazione del Paese, e per attribuirle poteri e competenze son stati modificati 10 articoli della Costituzione. Però con l'accordo firmato con gli Usa di Trump la Guardia nazionale sarà usata soprattutto per arrestare migranti, e non contrastare la violenza nel Paese".
Andrea Cegna
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