Una proposta dell’associazione “A Roma Insieme – Leda Colombini” per modificare la Legge 62/2011 per creare case famiglia in beni confiscati alle mafie per dare una sistemazione idonea ai 56 minori presenti oggi nei penitenziari italiani.
Come? Intervenendo in tre punti sulla modifica di una Legge che ad oggi non sembra rispondere all’obiettivo di tutelare chi colpe non ne ha: costruendo case famiglia con il finanziamento dello Stato, ad esempio, e non ‘senza oneri per lo Stato’ come previsto dall’attuale normativa; utilizzando gli Icam (Istituti a custodia attenuata per detenute madri, ndr) solo nei casi di lunghe detenzioni; procedendo alla comunicazione immediata delle autorità giudiziarie competenti della presenza di un minore al momento dell’arresto di un genitore.
La legge 354/1975 che regola l’ordinamento penitenziario permette infatti alle detenute madri di piccoli dai 0 ai 3 anni di tenerli con sé. Un prezzo altissimo da pagare per chi non ha nessuna colpa, come appunto i bambini. Non hanno colpe ma scontano una pena. Madri e figli trascorrono le giornate in un luogo protetto e separato dal resto del carcere, certo, ma senza libertà.
La legge 354/1975 che regola l’ordinamento penitenziario permette infatti alle detenute madri di piccoli dai 0 ai 3 anni di tenerli con sé. Un prezzo altissimo da pagare per chi non ha nessuna colpa, come appunto i bambini. Non hanno colpe ma scontano una pena. Madri e figli trascorrono le giornate in un luogo protetto e separato dal resto del carcere, certo, ma senza libertà.
La legge 62 del 2011, intervenuta successivamente, ha in parte alleggerito questa condizione, ma ha dei limiti che ad oggi andrebbero necessariamente superati. L’obiettivo della conferenza stampa infatti è stato quello di insistere su un tema, ovvero avviare cambiamenti normativi tali da non permettere a nessuno bambino di scontare la pena in carcere con le proprie madri pur rimanendo insieme ad esse.
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«Il problema- ha infine aggiunto Anna Buonaiuto, dello staff del Garante dei diritti dei detenuti della Campania e volontaria presso l’Icam di Lauro - è che l’Icam viene vissuto come un carcere dalle donne e i bambini vedono gli agenti di polizia come un nemico. Dalle 15 in poi tutte le attività si arrestano, non c’è un medico disponibile h24. Bisognerebbe implementare figure professionali come educatori, pediatri, medici e personale Osa e incrementare il personale penitenziario femminile. Una casa famiglia protetta garantirebbe un maggior aiuto».
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Quella dei bambini reclusi è un problema che richiede soluzioni immediate, ma soprattutto è una grande ingiustizia che ognuno dovrebbe sentire come propria. Basterebbe veramente poco per andare oltre una situazione ancora oggi insopportabile.
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«Il problema- ha infine aggiunto Anna Buonaiuto, dello staff del Garante dei diritti dei detenuti della Campania e volontaria presso l’Icam di Lauro - è che l’Icam viene vissuto come un carcere dalle donne e i bambini vedono gli agenti di polizia come un nemico. Dalle 15 in poi tutte le attività si arrestano, non c’è un medico disponibile h24. Bisognerebbe implementare figure professionali come educatori, pediatri, medici e personale Osa e incrementare il personale penitenziario femminile. Una casa famiglia protetta garantirebbe un maggior aiuto».
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Quella dei bambini reclusi è un problema che richiede soluzioni immediate, ma soprattutto è una grande ingiustizia che ognuno dovrebbe sentire come propria. Basterebbe veramente poco per andare oltre una situazione ancora oggi insopportabile.
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