Dopo l'intervento dell'Onu chiuse le strutture di Misurata, al Khoms e Tajoura. Gli stranieri saranno espulsi e rinviati nei loro paesi di origine. In Libia in governo di Tripoli guidato da Fayez al- Sarraj ha preso una decisione che potrebbe avere ripercussioni non solo nello scacchiere africano ma anche sull'Europa.
In questa maniera si darebbe seguito ad un annuncio fatto il 2 luglio scorso quando proprio il centro di Tajoura fu bombardato dalle forze del generale Kalifa Haftar. Fu una strage, almeno 60 morti e 130 feriti anche se si pensa che le vittime potrebbero essere molte di più. In quel frangente era stato proprio Bashagha a rendere nota l'impossibilità di garantire la sicurezza dei migranti "reclusi". Inoltre lo stesso Sarraj aveva annunciato che era in animo di liberare tutti coloro che si trovavano nei centri, si è parlato di migliaia di persone che si sarebbero riversate ad attraversare il mediterraneo.
La mossa libica è stata vista come il tentativo di Tripoli di ottenere finanziamenti e armi, in cambio del ruolo di carcerieri dei migranti, da parte dell'Europa. Solo un giorno dopo la strage il ministro dell'Interno si era affrettato a dichiarare: "il governo è tenuto a proteggere tutti i civili, ma il fatto che vengano presi di mira i centri di accoglienza da aerei F16 e la mancanza di una protezione aerea per i migranti clandestini nei centri stessi, sono tutte cose al di fuori della capacità del governo".
In realtà le bande criminali di trafficanti che controllano il "business dei barconi", vedono nella gestione dei centri di detenzione il nuovo grande affare, perdere la "materia prima" potrebbe costituire un colpo all'economia (molte volte illegale) lucrosa messa in piedi da quando i paesi Ue hanno cominciato a restringere le maglie delle frontiere esterne. Sulla decisione del governo tripolino di chiudere i tre centri ha sicuramente avuto un peso l'intervento dell'inviato speciale per la Libia, Ghassan Salamè. Lunedì scorso ha riferito di fronte al Consiglio di sicurezza dell'Onu sollecitando proprio la fine di queste vere e proprie prigioni per migranti.
Secondo le stime, nelle strutture ufficiali, sono detenute, in condizioni per lo più spaventose, almeno 5000 persone, di queste 3800 sono a rischio della vita perché esposte ai combattimenti. Si tratta di capire ora cosa succederà, se si procederà allo smantellamento di tutti i luoghi di detenzione. Chi penserà al rimpatrio dei migranti in maniera sicura? Chi garantisce che quelli che saranno liberati non andranno ad ingrossare le fila dei combattenti della guerra civile libica? Quale sarà la sorte dei minori giunti in Libia senza famiglia?
di Alessandro Fioroni
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