Mentre sempre più persone nelle Filippine perdono i propri cari a causa di omicidi extragiudiziali e sono falsamente accusati di crimini da parte delle autorità, il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) sta aumentando il suo sostegno e l’accompagnamento delle persone che lottano per i diritti umani nelle Filippine.
Peter Prove, direttore della Commissione delle Chiese per gli affari internazionali (CCIA) del CEC, ha sottolineato l’importanza della risoluzione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite sulle Filippine, che impone un’indagine sulla situazione dei diritti umani nel paese.
Due brevi video, “War on Drugs: Ang Pagbangon (Rising Up)” e “Defend Negros”, hanno denunciato la guerra contro i poveri e i massacri di agricoltori e indigeni, condotta sotto la copertura della cosiddetta “guerra alla droga” e della risposta del governo alle insurrezioni armate.
Le uccisioni di massa e gli arresti degli agricoltori arrivano dopo la chiusura unilaterale del governo dei negoziati di pace con il Fronte nazionale democratico delle Filippine (NDFP). Da quando si sono conclusi i negoziati per la pace nel paese si vive paradossalmente un clima crescente di ostilità relazionato soprattutto ai conflitti per la terra e allo sfruttamento minerario.
Un rapporto del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite dell’ottobre 2016, parla di violazioni diritti umani in relazione alle attività estrattive che provocano deforestazione, spostamenti forzati di popolazioni e accaparramento delle aree più fertili e redditizie da parte di imprese transnazionali che ricevono sostegno dal governo.
Nel dicembre del 2017 le relatrici speciali delle Nazioni Unite, Victoria Tauli-Corpuz e Cecilia Jimenez-Damary avevano denunciato la militarizzazione ed evidenziato che molte delle violenze nei confronti delle comunità rurali sarebbero frutto dell’errata convinzione che i contadini appoggino i gruppi ribelli del New People’s Army.
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