Gli avvocati romani alzano il velo sulla detenzione dei bambini nelle carceri italiane divenute per loro casa e asilo. In Italia sono 52 i bambini che crescono nelle carceri come se fosse una scuola e ben 100 mila che invece per vedere mamma e papà sono costretti ad entrare e uscire dalla galera.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma alza il velo sulla detenzione dei bambini con il convegno "il cuore oltre le sbarre": 48 madri detenute nelle carceri italiane con 52 figli al seguito, prigionieri anche loro senza colpe, quasi per una sorta di responsabilità oggettiva derivante dal solo fatto d'esser nati in determinati contesti.
Per contro, figli, specialmente quelli piccolissimi, che sarebbe ingiusto separare dalle madri. E centomila bambini figli di detenuti costretti a relazionarsi con il carcere. Un tema delicato, difficilissimo.
È ancora fresca nella memoria l'atroce vicenda di Alice Sebesta, la detenuta tedesca che il 18 settembre dello scorso anno uccise i due figli nel reparto nido del carcere romano di Rebibbia a Roma. Nei giorni scorsi è stato il pm Eleonora Fini a chiedere l'assoluzione della donna, per vizio totale di mente. La sentenza del Gup è attesa per dicembre, subordinata alla valutazione da parte dello psichiatra Fabrizio Iecher che incontrerà la Sebesta nel Rems di Castiglione delle Stiviere.
Gli ultimi dati sono aggiornati al 31 agosto 2019 e come detto vedono in carcere la presenza di 48 donne con 52 figli al seguito. L'istituto Le Vallette di Torino, con 10 recluse e 13 bambini, peraltro istituto di custodia attenuata (Icam), guida la classifica del maggior numero di presenze, seguito da Rebibbia Femminile (11 donne e 11 bimbi), dall'Icam San Vittore di Milano (9 donne e 9 bambini) e dall'Icam di Lauro in Campania (8 madri e 8 figli).
"Troppo spesso il carcere viene inteso come un tappeto sotto il quale nascondere la polvere della società civile - il commento del Presidente del Coa Roma, Antonino Galletti - mentre è bene, anche attraverso questi eventi e queste giornate di studio, accendere un riflettore su realtà dure come la genitorialità nelle carceri, proprio per evitare che tragedie come quella di Rebibbia possano ripetersi. Qualcosa allora non ha funzionato nel sistema, il nostro obiettivo è far si che l'argomento diventi d'attualità".
Per contro, figli, specialmente quelli piccolissimi, che sarebbe ingiusto separare dalle madri. E centomila bambini figli di detenuti costretti a relazionarsi con il carcere. Un tema delicato, difficilissimo.
È ancora fresca nella memoria l'atroce vicenda di Alice Sebesta, la detenuta tedesca che il 18 settembre dello scorso anno uccise i due figli nel reparto nido del carcere romano di Rebibbia a Roma. Nei giorni scorsi è stato il pm Eleonora Fini a chiedere l'assoluzione della donna, per vizio totale di mente. La sentenza del Gup è attesa per dicembre, subordinata alla valutazione da parte dello psichiatra Fabrizio Iecher che incontrerà la Sebesta nel Rems di Castiglione delle Stiviere.
Gli ultimi dati sono aggiornati al 31 agosto 2019 e come detto vedono in carcere la presenza di 48 donne con 52 figli al seguito. L'istituto Le Vallette di Torino, con 10 recluse e 13 bambini, peraltro istituto di custodia attenuata (Icam), guida la classifica del maggior numero di presenze, seguito da Rebibbia Femminile (11 donne e 11 bimbi), dall'Icam San Vittore di Milano (9 donne e 9 bambini) e dall'Icam di Lauro in Campania (8 madri e 8 figli).
"Troppo spesso il carcere viene inteso come un tappeto sotto il quale nascondere la polvere della società civile - il commento del Presidente del Coa Roma, Antonino Galletti - mentre è bene, anche attraverso questi eventi e queste giornate di studio, accendere un riflettore su realtà dure come la genitorialità nelle carceri, proprio per evitare che tragedie come quella di Rebibbia possano ripetersi. Qualcosa allora non ha funzionato nel sistema, il nostro obiettivo è far si che l'argomento diventi d'attualità".
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