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giovedì 31 dicembre 2020

Libia - Non migliorano le tragiche condizioni dei migranti anche nel centro di Al-Kararim, ritenuto uno dei "migliori"

Dire
“In Libia i migranti sono ammassati in condizioni terribili, in luoghi sporchi e fatiscenti, senza la possibilità di uscire e senza poter ricevere cure. Non vengono portate in ospedale neanche le partorienti o chi è in fin di vita. Non è modo di tenere gli esseri umani. In realtà, non è modo di tenere neanche gli animali”. Mohamed Lagha è un regista libico e l’agenzia Dire lo ha raggiunto nella Giornata internazionale in cui si celebrano i diritti dei migranti.


“Quello che ho filmato in quel centro resta emblematico della situazione in cui vivono le persone migranti” dice Lagha, che evidenzia: “Al-Kararim era considerato tra i migliori centri in Libia perché gestito dalle autorità – e non dai gruppi criminali – ed era un edificio vero e proprio. Di solito queste persone sono tenute nei capannoni, dove sia in estate che in inverno le temperature si fanno insopportabili. Ma neanche ad Al-Kararim c’erano i vetri alle finestre e molta gente si ammalava”.

Come ad Al-Kararim, tuttoggi i centri ospitano centinaia di persone “senza che siano attrezzati per farlo“. Per visitarli “servono dei permessi speciali, che si tratti di giornalisti o operatori umanitari. E’ difficile sapere quello che accade all’interno”.

Tra i residenti, anche donne, anziani e bambini: “Chi risiede nei centri- denuncia ancora Lagha- non è autorizzato ad uscire e quindi non può lavorare. I minori non vanno a scuola. Nessuno ha denaro per comprare cibo, vestiti o medicine”. 

Se qualcuno si sente male, “i responsabili non chiamano né il medico né l’ambulanza” racconta Lagha, che quando ha chiesto alle autorità come mai si comportassero così, gli hanno risposto che “gli ospedali non accettano i migranti perché non avrebbero denaro per pagare le cure”. Tante, troppe persone “hanno visto i compagni morire sotto i loro occhi senza poter fare nulla”.

Oggi la situazione nei centri per migranti è persino peggiorata a causa della pandemia ... Al conflitto e all’instabilità ora si è aggiunto il Covid-19: molti libici non hanno lavoro, figuriamoci i migranti”. 

Attraverso le sue pellicole regista vuole anche mandare un messaggio all’Unione europea: “Le sue politiche migratorie sono insostenibili. I centri di detenzione non sono la soluzione, la gente languisce lì dentro per mesi, anche anni. Nessuno – né il governo libico né l’Ue – riconosce e tutela i loro diritti”.

mercoledì 30 dicembre 2020

Kazakistan - Abolisce la pena di morte in tempo di pace aderendo al Secondo Protocollo Opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici

Blog Diritti Umani - Human Rights
Il 29 dicembre i deputati del Senato del Kazakistan hanno approvato un disegno di legge sulla ratifica del Secondo Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici, volto ad abolire la pena di morte. 


Il protocollo mira all'adozione da parte del Kazakistan degli obblighi internazionali per l'abolizione della pena di morte. Il ministro degli Esteri del Kazakistan Mukhtar Tleuberdi ha affermato in una sessione plenaria della Camera che il protocollo è il secondo documento internazionale adottato dall'ONU nello sviluppo del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato dal Kazakistan nel novembre 2005. 

"L'uso della pena di morte in Kazakistan è stato completamente sospeso il 17 dicembre 2003.  Tenendo conto della tendenza globale all'abolizione di questo strumento di morte, nel dicembre 2019, il presidente Kassym-Jomart Tokayev ha incaricato il ministero degli Esteri di avviare la procedura per l'adesione del Kazakistan al Secondo Protocollo opzionale ".

 “I paesi firmatari si assumono i seguenti obblighi: primo, non applicare la pena di morte, secondo, prendere tutte le misure necessarie per abolire la pena di morte all'interno della loro giurisdizione. L'unica eccezione è che la pena di morte è consentita in caso di guerra ", ha detto il ministro degli Esteri del Kazakistan. 

Il Patto internazionale sui diritti civili e politici è stato adottato nel 1966, è entrato in vigore nel 1976 e attualmente 173 Stati vi hanno aderito. Il Secondo Protocollo Opzionale ad esso, finalizzato all'abolizione della pena di morte, è stato adottato il 15 dicembre 1989. Nel 1991, il documento è entrato in vigore, 88 Stati sono membri dell'accordo.

ES

Fonte: New Europe

Giappone - Iwao Hakamada - 84 anni, da 50 anni nel braccio della morte - Il nuovo processo che lo potrebbe scagionare

Corriere della Sera
Da 50 anni nel braccio della morte: nuovo processo (e speranze) per Iwao Hakamada
L’ex pugile, oggi 84 anni, è stato condannato nel 1968 per avere ucciso la famiglia del suo capo. Ha sempre parlato di «confessione estorta» e oggi potrebbe essere scagionato.

Iwao Hakamada - 84 anni

Il suo caso ha fatto il giro del mondo quando, nel 2011, è entrato nel Guinness dei Primati: Iwao Hakamada, ex pugile giapponese condannato a morte per avere ucciso il suo capo e la sua famiglia, è in attesa di essere giustiziato dal 1968. Oggi ha 84 anni, e una sentenza della Corte Suprema potrebbe riaprirne il processo, dopo più di mezza vita passata in carcere.

Quando nel 1966 il capo di Hakamada, la moglie e i loro due figli erano stati trovati accoltellati a morte nella loro casa poi incendiata a Shizuoka, nel Giappone centrale, fu lui il primo sospettato. Unico indizio, tracce di benzina e sangue su un suo pigiama. Iwao Hakamada, ex pugile allora già ritiratosi dallo sport, e operaio in una fabbrica di miso, fu accusato di incendio doloso, rapina e omicidio plurimo. Ammise tutto in una confessione che poi definì sempre «estorta» con botte e minaccedalla polizia. Già nella fase istruttoria del processo, ritrattò la confessione. I giudici non gli credettero, e lo condannarono a morte.

Dal 1980 al 2014, i legali di Hakamada e varie campagne di Amnesty International e di associazioni di pugilato di tutto il mondo hanno chiesto in ogni modo che il processo fosse riaperto; solo nel 2014, al compimento del suo 78esimo anno, il tribunale di Shizuoka ne ha disposto la scarcerazione «in ragione della sua fragilità mentale e fisica» e ha disposto di istruire un nuovo processo, con nuove prove a disposizione che l’avrebbero scagionato
Ma nel 2018 l’Alta Corte di Tokyo ha annullato la riapertura del processo. I suoi legali allora hanno fatto appello alla Corte Suprema, per paura che l’ex pugile dovesse tornare nel braccio della morte; la Corte Suprema, giovedì, ha rovesciato la pronuncia dell’Alta Corte, consentendo la riapertura del processo.

Hakamada, che per anni si è detto ingiustamente recluso e che ha atteso per mezzo secolo l’impiccagione, nelle lettere al figlio ha sempre scritto «tornerò da te avendo provato la mia innocenza». Nel frattempo però in carcere ha sviluppato pesanti disturbi psichici; la sorella, che si prende cura di lui dal 2014 , riporta «lievi miglioramenti», ma è difficile che possa mai tornare completamente lucido.

In Giappone la pena di morte è comminata solo agli omicidi plurimi. A differenza che negli Stati Uniti, dove le esecuzioni sono programmate con anticipo, i condannati in Giappone vengono a sapere la data e l’ora dell’impiccagione (unico metodo in vigore) con poche ore di preavviso. E anche se l’esecuzione dovrebbe avvenire a non più di sei mesi dalla sentenza, non sono rari i casi in cui i condannati aspettano anche per anni. Speculare a quello di Hakamada è stato, ad esempio, il caso di Masaru Honikishi, condannato nel 1961 per aver servito vino adulterato a cinque donne, che poi morirono: dopo una confessione estorta fu incarcerato poco dopo nella prigione di Nagoya, da dove uscì nel 2015 malato in modo ormai irreversibile, per essere ricoverato in ospedale. Morì pochi giorni dopo.

Irene Soave

martedì 29 dicembre 2020

Migranti: Bosnia, 3 mila vagano nei boschi e al freddo - Per l'Oim vi è il rischio di una "catastrofe umanitaria"

ANSAmed
Circa 3 mila migranti vagano all'aperto e esposti al freddo invernale nel nordovest della Bosnia-Erzegovina, dormendo nei boschi e in ricoveri di fortuna a temperature abbondantemente sotto lo zero. A denunciarlo, parlando del pericolo di una 'catastrofe umanitaria', è stato Peter van der Auverart, capo della missione nel Paese balcanico dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).


In dichiarazioni all'emittente allnews balcanica N1, il funzionario Oim ha detto che si tratta dei profughi, circa un migliaio, sfollati dal campo di Lipa, presso Bihac, devastato da un vasto incendio appiccato nei giorni scorsi dagli stessi migranti dopo la notizia della chiusura della tendopoli. 

A loro si aggiungono altri duemila profughi della cosiddetta rotta balcanica, che già da tempo vagano nella zona nel perenne tentativo di passare la vicina frontiera con la Croazia e proseguire il loro viaggio verso i Paesi dell'Europa occidentale. "Siamo difronte a una catastrofe umanitaria", ha detto van der Auverart, secondo il quale l'Oim ha i mezzi per allestire un nuovo campo profughi nella regione.

Nei giorni scorsi era stata decisa la chiusura del campo di Lipa per ristrutturarlo e adattarlo alle condizioni invernali, per farne un centro di accoglienza stabile di migranti. 

Gli ospiti tuttavia in segno di protesta avevano dato alle fiamme la gran parte delle tende del campo. Il loro previsto trasferimento nell'altro campo nel centro abitato di Bihac non è tuttavia ancora avvenuto a causa tra l'altro della forte opposizione della popolazione locale, che da mesi protesta per la presenza dei migranti, fonte di insicurezza e violenze. 

La situazione, secondo l'Oim, sta diventando molto critica, ed è necessario un intervento urgente per evitare che precipiti in una autentica catastrofe umanitaria.

Secondo l'Oim, sono circa 8 mila i migranti illegali che si trovano attualmente in Bosnia-Erzegovina.

Arabia Saudita: condannata attivista dei diritti umani Loujain al-Hathloul a 5 anni e 8 mesi di carcere per violazione legge antiterrorismo.

ANSAmed
L'attivista saudita per i diritti umani Loujain al-Hathloul è stata condannata a cinque anni e otto mesi di prigione da un tribunale saudita specializzato in tema di antiterrorismo, riferiscono i media locali. E' stata riconosciuta colpevole di "diverse attività proibite dalla legge antiterrorismo".


Hathloul, 31 anni, fu arrestata nel 2018 - insieme ad altre attiviste - per aver guidato da sola poche settimane prima che il divieto fosse cancellato: una riforma per la quale si erano battute.

Dopo essere stata processata al tribunale penale di Riad, il caso è stato trasferito il mese scorso alla Corte criminale speciale (Scc), che si occupa di terrorismo. Lì sono scattate accuse di aver contattato non meglio definite organizzazioni di stati esteri "non amici" di Riad.

Del suo caso si sono occupate le maggiori ong internazionali per i diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch.

lunedì 28 dicembre 2020

Bielorussia - Il virus dilaga nelle carceri. Alcuni accusano il governo di favorire la diffusione del COVID per colpire gli oppositori politici arrestati.

Blog Diritti Umani - Human Rights
Un'ondata di COVID-19 ha travolto le prigioni in Bielorussia che sono piene di persone in custodia per aver manifestato contro le elezioni ritenute irregolari.
Molti dei manifestanti che hanno contratto il coronavirus mentre erano detenuti  accusano le autorità di trascurare o addirittura incoraggiare le infezioni. 


Gli attivisti che hanno parlato con l'Associated Press dopo il loro rilascio hanno descritto celle massicciamente sovraffollate senza un'adeguata ventilazione o servizi di base e una mancanza di cure mediche. 

I manifestanti usciti dalle prigioni, accusato il governo di permettere al virus di diffondersi tra le persone incarcerate per motivi politici. "Le guardie dicono apertamente che lo fanno deliberatamente per un ordine". 

Più di 30.000 persone sono state arrestate per aver preso parte alle proteste contro la rielezione ad agosto del presidente bielorusso Alexander Lukashenko in un voto che gli attivisti dell'opposizione affermano sia stato truccato per concedere a Lukashenko un sesto mandato. 
"Nel centro dell'Europa, i detenuti vengono deliberatamente infettati dal coronavirus", ha detto Tsikhanouskaya. “Spostano le persone infette da una cella all'altra e le celle sono sovraffollate e mancano di ventilazione. È un'atrocità, può essere valutata solo come abuso e tortura "
Le autorità non hanno comunicato il numero di prigionieri con COVID-19, ma gli attivisti per i diritti dicono che migliaia di manifestanti sono risultati positivi dopo essere stati arrestati. 

Artsiom Liava, un giornalista di 44 anni, ha detto di essere stato contagiato il mese scorso in attesa di un'udienza in una cella di prigione destinata a ospitare 10 ma che ospitava circa 100 detenuti. Liava, giornalista del canale televisivo Belsat, è stato arrestato mentre partecipava ad una protesta nella capitale bielorussa, Minsk. 

"Prima, gli altri detenuti e poi io abbiamo smesso di sentire il fetore della prigione", ha detto. "Tutti noi avevamo la febbre, una forte tosse e ci sentivamo deboli, ma non ci davano nemmeno l'acqua calda." 

ES


domenica 27 dicembre 2020

Non fa notizia! Il 24 dicembre morti al largo della Tunisia, 20 migranti diretti in Italia - Tra loro 4 donne incinta

Sardegna Live
Drammatico naufragio al largo della costa di Sfax, in Tunisia, dove almeno 20 migranti hanno perso la vita. Lo ha reso noto un ufficiale della Guardia Costiera, che ha recuperato i corpi senza vita di decine di persone dirette verso l'Italia.


Cinque sono stati tratti in salvo e verserebbero in gravi condizioni. Conferme sono arrivate anche dal portavoce del ministero della Difesa, Mohamed Zekri. Le vittime sono per lo più originarie dell'Africa subsahariana.

A bordo del barcone almeno 40 migranti, fra i deceduti ci sarebbero anche quattro donne incinte. Proseguono le ricerche dei dispersi.

Incendio nel campo profughi siriano in Libano nella città di Tripoli a seguito di scontri tra rifugiati e libanesi

Blog Diritti Umani - Human Rights 

Un campo profughi siriano è stato incendiato domenica in Libano a seguito di scontri tra due gruppi. Secondo la stampa libanese, scontri armati sono scoppiati tra profughi siriani e gruppi libanesi nella zona di Minieh della città settentrionale di Tripoli, tre persone sono rimaste ferite. 

Incendio in un campo profughi siriano nella regione di Miniyeh, 
nel nord del Libano, il 26 dicembre 2020 (via Twitter).

Un campo profughi che ospitava le tende ha preso fuoco durante gli scontri. Poiché il fuoco si è diffuso rapidamente nel campo, alcuni siriani sono dovuti fuggire a Tripoli mentre altri si sono rifugiati nei campi vicini. 

I vigili del fuoco hanno spento l'incendio. I funzionari statali libanesi non hanno ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale sull'incidente. 

Secondo le statistiche ufficiali libanesi, circa 1,5 milioni di siriani, che dal 2011 sono dovuti fuggire dal loro Paese a causa della guerra civile in corso, si sono rifugiati in Libano.

sabato 26 dicembre 2020

Il Corte Federale blocca l'esecuzione, voluta da Trump, di Lisa Montgomery fissata per il 12 gennaio. La data sarà fissata dopo l'insediamento di Biden

Blog Diritti Umani - Human Rights
Un giudice federale ha affermato che il Dipartimento di Giustizia ha riprogrammato illegalmente l'esecuzione dell'unica donna nel braccio della morte federale, costringendo l'amministrazione Trump a programmare l'esecuzione dopo che il presidente eletto Joe Biden sarà entrato in carica. 

Il giudice del tribunale distrettuale degli Stati Uniti Randolph Moss ha anche deliberato un'ordinanza del direttore del Bureau of Prisons che aveva fissato la data di esecuzione di Lisa Montgomery per il 12 gennaio. 

Per Lisa Montgomery era stata precedentemente programmata di essere messa a morte presso il Federal Correctional Complex di Terre Haute, Indiana, questo mese, ma Moss ha ritardato l'esecuzione dopo che i suoi avvocati hanno contratto il coronavirus visitando la loro cliente chiedendo di posticipare la scadenza per presentare una petizione di clemenza. 

Moss ha vietato al Bureau of Prisons di eseguire l'esecuzione di Lisa Montgomery prima della fine dell'anno e i funzionari hanno riprogrammato la sua data di esecuzione per il 12 gennaio. Mercoledì, però, Moss ha stabilito era vietato anche riprogrammare la data mentre era in vigore una sospensione.  

Lisa Montgomery è l'unica donna nella braccio della morte federale e al sua esecuzione sarebbe la prima dopo 60 anni. Le sue speranze adesso sono legate alla decisione che Biden ha annunciato di fare una moratoria delle esecuzioni federali.

giovedì 24 dicembre 2020

USA. Covid, grave focolaio nel braccio della morte del carcere di Terre Haute: chiesto stop esecuzioni. Il 20 gennaio moratoria esecuzioni di Joe Biden

adnkronos.com
Un grave focolaio di coronavirus in un carcere federale dell'Indiana potrebbe salvare la vita a diversi condannati a morte. Secondo quanto riporta il New York Times, sarebbero almeno 14 su circa 50 i detenuti contagiati che si trovano nel braccio della morte del carcere di Terre Haute. 

Tra i contagiati figurano anche due condannati a morte la cui esecuzione è stata fissata per gennaio. Gli avvocati dei due condannati hanno già fatto richiesta al tribunale per rinviare le esecuzioni. Un'altra detenuta condannata a morte, Lisa Montgomery, ha già ottenuto il rinvio dell'esecuzione, dopo che i due suoi legali sono risultati positivi al virus.

Il presidente uscente Donald Trump ha ordinato quest'anno una ripresa delle esecuzioni federali, dopo una moratoria durata 17 anni. 

Il presidente eletto Joe Biden, che si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio, ha affermato di volere imporre una nuova moratoria. Secondo le stime attuali, circa un quinto dei detenuti nelle carceri Usa sono risultati positivi al coronavirus.

martedì 22 dicembre 2020

Amnesty - Il rapporto "Abbandonati" sugli anziani: «Nelle Rsa durante la prima ondata Covid violati i diritti umani»

Io Donna
La Ong raccoglie nel rapporto "Abbandonati" le indagini sulle carenze nelle strutture di residenza sociosanitarie e socioassistenziali durante la pandemia, sia nei confronti degli ospiti che del personale

Anziani abbandonati. In Italia, migliaia di ospiti delle Rsa durante la prima ondata di Covid 19 hanno perso la vita. E il ritardo nell’emanazione di provvedimenti adeguati, o la loro totale mancanza, si sono spesso tradotti in violazioni dei diritti umani, dal diritto alla vita, alla salute, alla non discriminazione.


Il rapporto “Abbandonati”, che nasce da una ricerca condotta da Amnesty International Italia, è una fotografia impietosa su cosa sia successo nelle strutture per anziani in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.

L’indagine ha messo in luce le lacune delle istituzioni italiane a livello nazionale, regionale e locale nell’adottare misure tempestive per proteggere la vita e la dignità delle persone anziane nelle case di riposo nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

domenica 20 dicembre 2020

Migranti, Corte Ue condanna Ungheria: 'Non ha accolto. Violato il diritto Ue su asilo e rimpatri'

AnsaMed
"L'Ungheria è venuta meno agli obblighi del diritto dell'Unione in materia di procedure di riconoscimento della protezione internazionale e di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare": lo ha stabilito la Corte di giustizia dell'Ue in una sentenza. 


In particolare, Budapest ha violato il diritto dell'Unione per "la limitazione dell'accesso alla procedura di protezione internazionale, il trattenimento irregolare dei richiedenti in zone di transito nonché la riconduzione in una zona frontaliera di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, senza rispettare le garanzie della procedura di rimpatrio".

La Corte ha di fatto accolto la parte essenziale del ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione contro l'Ungheria. Ed ha stabilito che "è venuta meno al proprio obbligo di garantire un accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, in quanto i cittadini di Paesi terzi che desideravano accedere, a partire dalla frontiera serbo-ungherese, a tale procedura si sono trovati di fronte, di fatto, alla quasi impossibilità di presentare la loro domanda".

Per la Corte Ue è poi una violazione delle norme europee anche "l'obbligo imposto ai richiedenti protezione internazionale di rimanere in una zona di transito durante l'intera procedura di esame della loro domanda", che "costituisce un trattenimento". Infine, l'Ungheria è venuta meno agli obblighi della direttiva 'rimpatrio', "in quanto la normativa ungherese consente di allontanare i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel territorio è irregolare senza rispettare preventivamente le procedure e le garanzie previste da tale direttiva".

sabato 19 dicembre 2020

Premio Sakharov all'opposizione bielorussa. riconoscimento a Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkala

Ansa
"Siamo destinati a vincere e noi vinceremo". Così la rappresentante dell'opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya intervenendo alla plenaria del Parlamento europeo alla cerimonia di consegna del premio Sakharov per la libertà di pensiero 2020. 


Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha consegnato il premio Sakharov alle leader dell'opposizione bielorussa, Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkala.

"Sono davvero onorato e lieto di dare il benvenuto ai vincitori del Premio Sacharov del Parlamento europeo, che rappresentano l'opposizione democratica in Bielorussia. Porgo il benvenuto a Sviatlana Tsikanouskaya e Veronika Tsepkala - che sono con me in tribuna. Porgo inoltre il benvenuto a Siarhei Dyleuski, Ales Bialiatski e Stisapan Putsila", 

ha detto Sassoli alla cerimonia di consegna del premio. "Porgo un caloroso benvenuto anche a Svetlana Alexievich, che segue la cerimonia a distanza. Purtroppo, non tutti hanno potuto essere presenti. Sergei Tikhanovsky è ancora in carcere per il solo reato di aver voluto esercitare il suo diritto di candidarsi alle elezioni, così come Mikola Statkevich e Maria Kalesnikava, che sono rappresentati dai loro familiari - Maria Adamovic e Tatiana Khomich", ha aggiunto. 

"Cari vincitori, sono molto onorato di avervi oggi con me al Parlamento europeo. Negli ultimi sei mesi avete mostrato al mondo cosa vuol dire davvero non arrendersi. Avete difeso i vostri diritti e non rinunciate a lottare - nonostante il dolore, la sofferenza e la paura. Come ha detto Nelson Mandela - il coraggio non è l'assenza di paura, ma il trionfo su di essa. Il vostro coraggio e la forza del vostro spirito hanno aperto la strada alla rivoluzione che ha preso il potere nel paese nel 2020. Vi rendiamo onore e rendiamo omaggio oggi alla vostra resistenza e perseveranza".

venerdì 18 dicembre 2020

Covid: situazione grave a Gaza, quasi metà tamponi positiva, 935 casi in 24 ore, sistema sanitario a rischio collasso

AnsaMed
La situazione covid a Gaza si aggrava sempre più. Secondo il Ministero della sanità di Hamas - citato dai media - nelle ultime 24 ore quasi la metà dei tamponi effettuati, il 44,8%, ha dato un risultato positivo. Va detto che i test sono sempre di meno, visto lo scarseggiare dei preparati. I casi - riferiti questa volta dal ministro della sanità dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) May al Khaila - sono stati lo scorso giorno quasi mille (935).

Nella Striscia attualmente ci sono 8.851 casi attivi e da inizio pandemia i decessi sono arrivati a 220. Hamas ha fatto sapere che il sistema sanitario della Striscia può collassare per il propagarsi delle infezioni.

Pakistan False accuse di blasfemia: Imran Masih, cristiano assolto dopo 11 anni di carcere

Avvenire
Imran Masih, 38enne di Faisalabad, era stato condannato all'ergastolo. Ora la Corte d'appello ha ribaltato la sentenza del 2010. Un vicino di casa lo accusò di aver bruciato un Corano.
Una manifestazione in Pakistan contro le persecuzioni dei cristiani - Ansa

Imran Masih, 38enne di Faisalabad, condannato all'ergastolo per blasfemia, è stato assolto oggi, 15 dicembre, nel processo di appello davanti all'Alta Corte di Lahore. Il tribunale, secondo quanto riporta l'agenzia Fides, ha ribaltato la sentenza di primo grado che, nel 2010, lo aveva condannato al carcere a vita.

Lo comunica all'Agenzia Fides Khalil Tahir Sindhu, avvocato cattolico che ha preso a cuore il caso e ha difeso Imran, come numerosi altri cristiani pakistani accusati ingiustamente di blasfemia. "E' una buona notizia per la giustizia, per i cristiani, per il paese. Siamo felici per esito positivo del processo che, finalmente, riconosce la libertà a un innocente. Ma d'altro canto c'è amarezza: basti ricordare che il caso ha subito in tribunale oltre 70 rinvii. Imran è rimasto per 11 anni e mezzo in carcere ingiustamente, non ha potuto salutare i suoi genitori, entrambi deceduti durante la sua prigionia, ha perso parte della sua giovinezza recluso per un crimine non commesso", dice a Fides l'avvocato, in un commento a caldo.

Visto il perpetrarsi di casi del genere, l'avvocato Sandhu osserva: “Occorre continuare a lottare, a tutti i livelli, per modificare questa ingiusta legge di blasfemia. Da troppo tempo si abusa di questa legge e spesso i cristiani ne sono vittime innocenti. Va notato che fino al 1986 non c’erano in Pakistan casi di accuse di blasfema. Dal 1986 in poi – quando il generale Zia-ul-Haq promulgò la legge – sono scoppiati i casi di blasfemia un po’ dappertutto. Ma per la maggior parte le accuse sono totalmente false e strumentali”.

Imran Masih è in carcere dal primo luglio 2009. A gennaio del 2010 è stato condannato all'ergastolo. Le accuse a suo carico erano totalmente false e inventate. Un suo vicino di casa lo ha accusato di aver bruciato una copia del Corano. Il giovane è stato vittima di un tranello: ripulendo il suo negozio, voleva infatti disfarsi di alcuni libri scritti in arabo (lingua che non comprende) e, per questo, aveva chiesto aveva un suo vicino di esaminarli, per appurare se i libri non fossero di argomento religioso o di preghiera islamica. Il vicino ha assicurato che non era così, e così Imran Masih li ha bruciati. Poi si è ritrovato vittima di una denuncia per blasfemia, inoltrata dallo stesso vicino, con l’accusa di aver dissacrato e incenerito una copia del Corano.

martedì 15 dicembre 2020

Egitto. Rapporto "Committee for Justice": Quei "mille Regeni" spariti nelle carceri di Al Sisi. 100 vittime nel 2020

La Stampa
Il rapporto di Committee for Justice inchioda il regime. Torture, maltrattamenti e negazioni dei diritti basilari hanno provocato 1.058 vittime. E nessuno ha mai pagato.


Ci sono 1.058 Regeni nell'Egitto di Abdel Fatah al-Sisi. Sono le persone morte nelle carceri per torture, maltrattamenti, cure mediche negate, a partire dal 2013, quando l'ex capo delle Forze armate ha spodestato il presidente islamista Mohammed Morsi e ha preso il potere. 

Un bilancio sinistro, che ha visto una nuova accelerazione nel 2020, con cento vittime. Sono numeri che aprono una finestra sul sistema di repressione messo in campo per schiacciare l'opposizione dei Fratelli musulmani e l'insorgenza jihadista ma che ha finito per coinvolgere tutta la società, l'opposizione laica, sindacalisti, giornalisti, i ricercatori come Giulio. Il bilancio è stato stilato dalla ong americana Committee for Justice, Cfj, con sede a Washington.

Il rapporto del Cfj è in intitolato "The Giulio Regenis of Egypt", in ricordo del giovane italiano trovato morto il 3 febbraio del 2016 al Cairo, con il corpo martoriato dalle sevizie. Ma per il direttore esecutivo del Cfj Ahmed Mefreh, Regeni "non è l'unica vittima della autorità egiziane, dopo di lui sono venuti un cittadino francese, Eric Lange, l'americano James Henry Lawne, e altri che sono stati uccisi a sangue freddo, senza che i loro assassini e i loro torturatori abbiamo mai dovuto pagare, nel bel mezzo di un silenzio internazionale sospetto, mentre occorre far pressione per far sì che vengano investigate le morti di stranieri ed egiziani nei centri di detenzione"

È un lungo elenco che i ricercatori del Cfj hanno cercato di ricostruire nella maniera più dettagliata possibile.

La maggior parte delle 1.058 persone decedute in 7 anni hanno trovato la morte nei commissariati e nei centri comando delle forze di sicurezza, i posti più pericoloso in assoluto, con 584 vittime in totale

Seguono le prigioni con il 34 per cento dei casi, vale a dire 359. Poi i veicoli per il trasporto di arrestati e detenuti, dove sono morte 43 persone, e ancora i campi gestiti dalla Sicurezza centrale, 20 casi, e infine i tribunali, 16 decessi, compreso quello dello stesso Morsi, stroncato da un infarto per le mancate cure. Il diniego di un'assistenza medica adeguata è la causa di ben 761 morti su 1.058. Al secondo posto c'è la tortura, 144 vittime. Infine le cattive condizioni di detenzione, come quelle denunciate ieri da Patrick Zaki, sono responsabili di 29 decessi. Sono tutte violazioni dei diritti umani, anche se la più grave è la tortura.

La prima fase dell'era Al Sisi, i sei mesi seguiti al colpo di Stato del luglio 2013, è stata la più brutale. Delle 85 morti in carceri e centri detenzioni in quel periodo ben 57 sono attribuite alla tortura. Il numero di morti ha avuto un picco nel 2015, con 217, poi è calato fino al 2019, quando se ne sono registrate 90, per risalire nel corso del 2020, a 100. La crescita è in parte dovuta all'epidemia di coronavirus, che ha ucciso almeno 17 detenuti. 

Per il Jfj questo è dovuto "all'abuso da parte del ministero dell'Interno delle norme di emergenza, mentre il ministero della Salute è negligente e le infermerie sono incapaci di curare i contagiati". L'area più pericolosa resta quella del Cairo, con 236 vittime. Poi Minya, 104, e Giza, 100. I tre governatorati assommano il 41 per cento di tutti i casi e ciò è dovuto al "proliferare di prigioni e all'alto numero di commissariati".

Giordano Stabile

lunedì 14 dicembre 2020

Iran: messo a morte con impiccagione l'ex leader dell'opposizione Ruhollah Zam

Ansa
L'Iran ha impiccato l'ex leader dell'opposizione Ruhollah Zam, che aveva vissuto in esilio in Francia e ha partecipato a manifestazioni contro il regime iraniano. Lo ha annunciato la televisione di stato.

Ruhollah Zam

"Il 'controrivoluzionario' Zam è stato impiccato dopo che la sua condanna è stata confermata dalla Corte Suprema a causa della" gravità dei crimini "commessi contro la Repubblica islamica dell'Iran, ha detto la televisione.

Zam, che gestiva il sito di informazione d'opposizione Amadnews, era stato accusato di spionaggio a beneficio ei servizi di intelligence di "Usa, Francia, Israele e un paese della regione" allo scopo di far cadere la Repubblica Islamica. 

Era inoltre stato condannato per aver agito in modo da minare la sicurezza dell'Iran all'interno del paese e all'estero, disseminando menzogne e danneggiando il sistema economico del paese. Zam era stato attivo durante le proteste in Iran fra il 2017 e al 2018. Viveva in Francia, ma era stato arrestato dalle forze di sicurezza iraniane durante una visita in Iraq ed era tornato nel paese nell'ottobre del 2019.

sabato 12 dicembre 2020

Tanzania - Il presidente John Magufuli festeggia il giorno dell'Indipendenza con la commutazione di 256 condanne a morte

Blog Diritti umani - Human Rights
Nel giorno dell'Indipendenza del paese, il presidente Magufuli afferma che le condanne a morte sono cambiate in ergastolo. 
In presidente della Tanzania - John Magufuli
Il presidente della Tanzania mercoledì ha commutato le condanne di 256 detenuti nel braccio della morte, segnando la prima volta per un paese che non ha giustiziato nessuno da 26 anni.

La decisione del presidente John Magufuli, annunciata nel Giorno dell'Indipendenza della Tanzania, dà nuovo impulso agli attivisti per i diritti umani che hanno chiesto l'abolizione della pena di morte nel paese. 

“Oggi è il nostro Giorno dell'Indipendenza, avrei dovuto autorizzare la morte di 256 detenuti. Non ne ho eseguito uno solo. Commuto le loro condanne all'ergastolo ", ha detto Magufuli durante una cerimonia di giuramento per i nuovi membri del governo. 
“La legge dice che devo impiccarli tutti e 256. Chi sarà più peccaminoso - quelli condannati per aver ucciso una, due o tre persone, o me, che ne ucciderei 256? " 
I gruppi per i diritti umani hanno salutato questa scelta come un significativo passo avanti nella tutela dei diritti umani nel Paese.
Passi ulteriori vano fatti nel miglioramento delle condizioni di detenzioni nei luoghi di pena della Tanzania.  
Nelle carceri si vive in condizioni indicibili. I funzionari delle prigioni affermano che le carceri soffrono di grave sovraffollamento. 

L'ultima esecuzione nel paese dell'Africa orientale è stata approvata dall'ex presidente Ali Hassan Mwinyi nel 1994.

ES

venerdì 11 dicembre 2020

Gli ultimi atti di Trump - Esecuzione di Brandon Bernard, il più giovane detenuto ucciso dal governo federale in 70 anni

Blog Diritti Umani - Human Rights
Il detenuto nel braccio della morte Brandon Bernard è stato messo a morte in Indiana dopo che le richieste di clemenza dell'ultimo minuto sono state respinte dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. 


Bernard, 40 anni, è stato condannato per omicidio nel 1999 quando era un adolescente ed è il più giovane detenuto ad essere ucciso dal governo federale in quasi 70 anni. 

Bernard ha detto alla famiglia della coppia che aveva ucciso di essere dispiaciuto, prima di morire giovedì per iniezione letale. 

Sono previste altre quattro esecuzioni prima della fine della presidenza di Donald Trump. Joe Biden sarà nominato presidente il 20 gennaio.
Se si verificheranno tutte e cinque le esecuzioni, Trump avrà deciso il maggior numero di esecuzioni da parte di un presidente degli Stati Uniti in più di un secolo, 13 dal mese di luglio. 

ES

Fonte: BBCNews

giovedì 10 dicembre 2020

10 dicembre 1950-2020 - Compie 70 la "Giornata Mondiale dei Diritti Umani"

Blog Diritti Umani - Human Rights
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
New York - Eleanor Roosevelt e la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Articolo 1:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11
Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13
Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14
Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15
Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16
Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.
Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20
Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.

Articolo 21
Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23
Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26
Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27
Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29
Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

martedì 8 dicembre 2020

Egitto - Torture, crudeltà, abusi: la vita nel carcere di Tora in Egitto. Il volto del regime nella prigione dove è rinchiuso Patrick Zaki

Il Fatto Quotidiano
Nel corso degli anni, con un crescendo esponenziale, le organizzazioni che si occupano di diritti umani hanno denunciato le terribili condizioni in cui versano i detenuti. Confermate da chi è potuto uscire.
Carcere di Tora alla periferia Sud de Il Cairo - Foto: HRW

"High security prison 992": benvenuti all'inferno del rettangolo della morte. I blocchi a forma di H del carcere di Tora, alla periferia meridionale del Cairo, rimandano alla famigerata prigione di Maze, più comunemente denominata Long Kesh, nella cittadina nordirlandese di Lisburn, dove tra il 1971 e il 2000 morirono decine di detenuti, tra cui Bobby Sands, leader dell'Ira stroncato dopo 64 giorni di sciopero della fame e della sete. 

I livelli di crudeltà non sono dissimili, tra condizioni generali pessime, violenze e torture, con una differenza: la struttura alle porte di Belfast è stata chiusa dopo gli Accordi di Pace del 1998 (Good Friday Agreement) e una serie di spettacolari evasioni, mentre l'inferno di Tora è attivo e non sembra per nulla destinato ad abdicare. Proprio nel settembre scorso il tentativo di fuga da parte di un gruppo di reclusi nel braccio 'reati comuni' è stato represso nel sangue dall'apparato di sicurezza: 8 i morti, di cui 4 poliziotti. Nel corso degli anni, con un crescendo esponenziale, le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, a partire da Amnesty International, hanno denunciato le terribili condizioni in cui versano i detenuti di Tora. Al resto hanno pensato i racconti dei testimoni oculari, vittime loro stessi di abusi e di pratiche di tortura, una volta fuori da quell'incubo.
[...]
Al massimo della sua capienza ufficiale la '992' dovrebbe ospitare 1500 detenuti, in realtà, a seconda dei periodi, la popolazione supera le 2mila unità. Per aumentare la portata della struttura, una volta esaurita l'area di espansione esterna, Tora ha iniziato a svilupparsi verso l'alto. La conseguenza è stata un peggioramento della vita carceraria vissuta dalla maggior parte dei detenuti in condizioni davvero disumane e le cronache dei racconti in arrivo dall'interno confermano l'interfaccia repressiva di un regime spietato contro i suoi oppositori.
[...]
L'ultimo ritocco all'immagine della prigione in ordine di tempo è stato portato a termine nel 2014 su ordine dell'attuale presidente, Abdel Fattah al-Sisi: la realizzazione di una sezione speciale di massima sicurezza per i prigionieri politici, cioè per gli esponenti dei Fratelli Musulmani. In quella sezione, tra gli altri, hanno trascorso un periodo di detenzione il capo della Fratellanza, Mohamed Morsi, e il numero due, Essam el-Erian, morti in circostanze mai chiarite nel 2019 e nel 2020.

I reclusi: da Zaki ai leader della Rivoluzione di Piazza Tahrir - Fino all'altra sera all'interno della sezione Liman Tora erano reclusi i vertici dell'Eipr, Gasser Abdel Razek, Karim Ennarah e Mohamed Bashir, rilasciati su cauzione e tornati a casa dalle rispettive famiglie dopo alcune settimane di detenzione. Nella vicina sezione Scorpion II, al contrario, Patrick Zaki è appena entrato nel decimo mese di reclusione. Con lui decine e decine di attivisti, tra cui Alaa Abdel Fattah, uno dei leader della Rivoluzione di piazza Tahrir del gennaio 2011.
[...]
Le celle e la luce regolata in una sala di controllo - Complessivamente il penitenziario più grande e temuto dell'Egitto è composto da 320 celle, equamente divise per i quattro blocchi ad H. La maggioranza di esse misura 2,5 metri per 3 e sono alte dai 3,5 metri a salire, ma ce ne sono anche di più grandi capaci di ospitare oltre 10 persone alla volta. Ogni cella ordinaria ha una finestra 90 per 80 centimetri e si affaccia o su altri edifici carcerari o sulle mura principali.

Oltre alle brande, spesso senza materasso, e al gabinetto la cella dispone di una lampadina la cui accensione è regolata da una sala di controllo. Originariamente quelle più grandi erano state realizzate per ospitare due detenuti, ma l'aumento della popolazione carceraria ha costretto la dirigenza ad inserire più brande a castello. Ogni sezione dispone del suo refettorio e dello spazio esterno e i detenuti di un'area non si mescolano mai con quelli di un'altra.

Nell'enorme città penitenziaria ci sono anche un campo da calcio e uno più piccolo multiuso nato originariamente come campo da tennis. Sulla parte retrostante dell'area di Tora è stata posta l'appendice per le celle di isolamento. Il cosiddetto "blocco disciplinare" ne comprende sette, tutte senza finestre, dunque senza luce naturale e ventilazione.

Non manca certo una sezione medica, una sorta di punto di primo soccorso, in grado di risolvere diagnosi elementari. I detenuti vengono trasferiti in uno degli ospedali cittadini solo quando non è possibile fare altrimenti. Spesso le richieste d'aiuto rimangono inascoltate. È successo nel maggio scorso al giovane regista Shady Habash, morto dopo aver ingerito del detersivo, non curato adeguatamente e lasciato in agonia dentro la sua cella.

Pierfrancesco Curzi