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martedì 7 gennaio 2020

I nuovi scenari dopo i fatti di Bagdad. Si aggraverà la guerra che già affligge il Medio Oriente e aumenteranno i flussi di profughi. L'analisi di Mario Giro

Formiche.net
I fatti di Baghdad rendono tutto il Medio Oriente più incandescente e, anche se non ci sarà guerra convenzionale, quest’ultima già c’è. Teheran da una parte continuerà a provocare le navi occidentali e dei loro alleati nel Golfo Persico. E forse compirà degli attentati più gravi. Intanto però utilizzerà il metodo delle zanzare…

Non ci dobbiamo chiedere cosa accadrà se scoppiasse la guerra in Medio Oriente: la guerra c’è da anni. Le sue conseguenze sono già terribili: la metà dei siriani è fuori dal proprio Paese. Siria e Afghanistan da soli rappresentano la più grande catastrofe mondiale in termini di rifugiati, superando tutte le precedenti. Decine di milioni di persone sono in movimento ed è presumibile che cerchino di raggiungere terre di pace e sviluppo, come l’Europa.
Magari non subito: i rifugiati sanno che non devono rimanere intrappolati in qualche campo (sarebbe una gabbia per loro) e per questo si armano di pazienza e resilienza. Meglio restare in movimento anche se ci vorranno mesi ed anni, come homeless internazionali. Il continuo movimento li salva dall’essere rinchiusi senza speranza in un ghetto umanitario sprovvisto di sbocchi, come suole “risolvere” queste crisi la comunità internazionale.

Quindi immaginano percorsi lunghi e a tappe, solo per tener vivo il loro sogno: giungere laddove hanno deciso di arrivare. Se il nuovo capitolo degli scontri tra Usa e Iran aumenterà di intensità come temono un po’ tutti, ci saranno ripercussioni umanitarie sulla Siria e sul Libano, non solo in Iraq. Si intensificherà la competizione per chi riuscirà ad influenzare di più gli sciiti iracheni (oltre la metà della popolazione), divisi tra l’alleanza con gli Usa (che li hanno liberati da Saddam) e la condivisione della stessa fede sciita con l’Iran. Da tempo infatti l’opinione irachena si distingue vivacemente su questo.

Alcune milizie di Baghdad sono sostenute direttamente da Teheran (come quella che ha sparato i razzi sul campo Usa); altre sono più indipendenti. Sia americani che iraniani hanno i loro amici nel Paese. Ora che l’Iraq diviene indispensabile agli Usa, in via di riposizionamento dalla Turchia con cui le relazioni sono tese, la convivenza diviene difficile. Certo l’Iraq è un terreno molto più insicuro che Ankara.

Quindi la posta in gioco è l’Iraq. È possibile che entrambi i contendenti cerchino di avvicinare i sunniti sconfitti (circa il 30% della popolazione, ora isolati) per portarli dalla propria parte. Ma si tratta di un’operazione delicata che rischia di far infuriare gli sciiti. Forse rientreranno in gioco anche i kurdi del nord, per ora “puniti” per aver tentato la via dell’indipendenza. È probabile che una nuova ondata di attentati sconvolga un Paese già martoriato. Fuggiranno gli iracheni? Se si mette male, gli sciiti potrebbero rifugiarsi in Iran; altri iracheni cercare di attraversare la pericolosa Siria; altri ancora tentare la via del deserto verso l’Arabia Saudita e la Giordania. Tutte strade pericolose.

Se invece la contesa coinvolgesse altri paesi, il più a rischio è il Libano dove l’Iran possiede un solido alleato: Hezbollah. A Beirut la situazione è già tesa per la crisi politica interna e ancor più complicata dal flusso di siriani in fuga. Dell’intera situazione potrebbe avvantaggiarsi l’Arabia Saudita, nemico mortale per Teheran. La guerra in Yemen troverebbe nuovo combustibile e si incendierebbe ancor di più. Nell’altra direzione, il Qatar potrebbe approfittarne per sopire le sue divergenze con Ryad, in nome della comunanza di fede sunnita. E la Turchia ne uscirebbe ancor più legittimata.

È su tale controverso terreno che l’Iran ha mosso le sue pedine in questi anni, aumentando la sua influenza grazie alla difesa del regime di Assad. Il disegno è evidente: aumentare il peso del mondo sciita all’interno del mondo musulmano. Gli sciiti sono circa il 15-20% dei musulmani, in genere minoranze sparse trattate male dagli altri musulmani (i sunniti) che li considerano più o meno degli eretici. L’Iran è l’unico paese musulmano importante a schiacciante maggioranza sciita. Il khomeinismo degli ayatollah ha dato all’Iran un’ideologia religiosa proselitistica e dalle mire espansionistiche. L’aver aiutato Assad (assieme agli sciiti libanesi di Hezbollah) permette a Teheran di aver oggi uno sbocco sul Mediterraneo e di costruirsi una continuità territoriale. Inoltre la caduta di Saddam in Iraq per mano americana ha permesso agli sciiti iracheni (il 40% della popolazione circa) di prendere il potere, appoggiandosi sul vicino Iran. In sintesi: più spazio agli sciiti significa più potere a Teheran. Tutto ciò mette paura ai sunniti e ai loro alleati.

Ora gli iraniani vogliono anche controllare lo stretto di Hormuz nel Golfo Persico, da cui passa una buona parte del petrolio mondiale. Recentemente hanno sequestrato petroliere occidentali e stuzzicato i loro avversari con continue punzecchiature (abbattimento di droni ecc.). Gli americani si sono dati da anni invece di garantire la libertà di passaggio nello stretto.

Come reagirà l’Iran all’uccisione dei suoi responsabili dell’altra notte? Da una parte continuerà a provocare le navi occidentali e dei loro alleati nel Golfo Persico. Forse compirà degli attentati più gravi. Per ora utilizza il metodo delle zanzare, circondando con decine di barchini armati le navi militari o le petroliere e girandogli attorno per cercare di far cambiare loro rotta. Sono situazioni molto pericolose da cui può nascere sempre un incidente. Dall’altra cercheranno di vendicarsi a freddo, colpendo altrove interessi occidentali. Infine daranno per morto il trattato sul nucleare, ricominciando a produrre uranio arricchito. È questa la grande paura di Israele, sempre pronta a reagire se la propria sicurezza viene messa a rischio e a fare di tutto per impedire una proliferazione atomica in Medio Oriente.

I fatti di Baghdad rendono tutto il Medio Oriente più incandescente e, anche se non ci sarà guerra convenzionale, quest’ultima già c’è, soltanto che è combattuta in altro modo. Guerra asimmetrica o ibrida, come si dice oggi.


Mario Giro

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