La mamma pachistana, simbolo della lotta contro la legge sulla blasfemia, spera di potersi stabilire nella capitale. E dice: «Vorrei incontrare papa Francesco»
«L’Italia? Vi ringrazio tutti per avermi così tanto aiutata. Vorrei venire, vorrei incontrare il Papa. Spero che questo momento possa giungere presto».
Al tramonto, sullo sfondo della Cattedrale di Notre-Dame in cantiere, in un salone d’onore al piano superiore del Municipio di Parigi, Asia Bibi è stata appena ricoperta d’applausi dalle autorità civili e religiose presenti, giunte per assistere alla consegna ufficiale del titolo di cittadina d’onore della capitale francese.
Proprio quella Francia in cui la perseguitata pachistana sogna di stabilirsi, come ha già fatto sapere. Ma al microfono di Avvenire, giornale che si impegnato in ogni modo per la sua liberazione, seguendo passo passo tutta la sua vicenda, la madre di famiglia condannata a morte nel proprio Paese, poi in cella per anni solo perché cristiana, non dimentica il sostegno anche degli altri Paesi, Italia in testa.
Ci stringe la mano a lungo, ha un sorriso di una calma quasi sconcertante, quando si pensa al calvario vissuto a partire dal 2009 a seguito di accuse fantasiose di blasfemia piombate come una mannaia. Ma adesso, riceve gesti calorosi da tutti, si lascia fotografare, giganteggia nel suo vestito tradizionale marrone nonostante la sua statura così minuta. Intanto, con aria fra il timido e il trasognato, il marito e i figli restano ad ammirare quest’abbraccio simbolico fra la grande capitale, avamposto dell’Europa e di tutto l’Occidente, e il pilastro della loro famigliola.
Proprio quella Francia in cui la perseguitata pachistana sogna di stabilirsi, come ha già fatto sapere. Ma al microfono di Avvenire, giornale che si impegnato in ogni modo per la sua liberazione, seguendo passo passo tutta la sua vicenda, la madre di famiglia condannata a morte nel proprio Paese, poi in cella per anni solo perché cristiana, non dimentica il sostegno anche degli altri Paesi, Italia in testa.
Ci stringe la mano a lungo, ha un sorriso di una calma quasi sconcertante, quando si pensa al calvario vissuto a partire dal 2009 a seguito di accuse fantasiose di blasfemia piombate come una mannaia. Ma adesso, riceve gesti calorosi da tutti, si lascia fotografare, giganteggia nel suo vestito tradizionale marrone nonostante la sua statura così minuta. Intanto, con aria fra il timido e il trasognato, il marito e i figli restano ad ammirare quest’abbraccio simbolico fra la grande capitale, avamposto dell’Europa e di tutto l’Occidente, e il pilastro della loro famigliola.
Daniele Zappalà
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