L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha lanciato l’allerta in merito alle conseguenze potenzialmente letali derivanti dall’eventualità che i preparativi di risposta all’imminente stagione dei monsoni in Bangladesh non siano completati per tempo, in una fase in cui il COVID-19 continua a diffondersi.
In un momento storico in cui i Paesi di tutto il mondo combattono la pandemia, l’arrivo delle piogge monsoniche rischia di aggravare la già difficile situazione in cui vivono i rifugiati in Bangladesh.
A Cox's Bazar una densità 1 volta e mezza quella di New York. Nel Paese asiatico, ad oggi, non sono stati rilevati casi confermati di contagio da COVID-19 tra la popolazione di rifugiati Rohingya. Ciononostante, si ritiene che sia le comunità di accoglienza sia i rifugiati di Cox’s Bazar, in cui vi è una densità di popolazione una volta e mezza maggiore di quella della città di New York, durante questa pandemia siano tra i soggetti maggiormente a rischio su scala mondiale. Durante la stagione, l’area è inoltre soggetta a frane e inondazioni improvvise.
Quattromila famiglie sfollate. A settembre 2019, in occasione delle precipitazioni monsoniche più forti, oltre 4.000 famiglie sono rimaste temporaneamente sfollate nei campi di Cox’s Bazar, e oltre 16.000 persone ne hanno subito gli effetti. Grazie alle misure di mitigazione adottate, i danni sono stati molto minori rispetto all’anno precedente. I rifugiati restano al centro dei piani di preparazione e risposta, mediante unità di circa 3.000 volontari formati per il pronto intervento, che coordinano le attività nelle proprie comunità e l’implementazione delle misure salvavita.
Difficili i rifornimenti. I preparativi per la stagione annuale dei monsoni, tuttavia, hanno risentito della sospensione delle operazioni di riduzione del rischio da catastrofi (Disaster Risk Reduction/DRR), compresi i miglioramenti alle reti fognarie e i lavori di stabilizzazione delle pendenze. Analogamente, anche il trasferimento di rifugiati che vivono in aree a rischio elevato di inondazioni e frane ha subito ritardi. Anche la consegna di forniture è stata problematica, dal momento che il “confinamento” imposto a causa della pandemia COVID-19 ha condizionato i trasporti su strada.
La distribuzione dei "kit di fissaggio". A fronte di una riduzione alle attività essenziali delle operazioni umanitarie assicurate nei campi di accoglienza, la distribuzione di “kit di fissaggio” per rinforzare e proteggere gli alloggi dei rifugiati dai forti venti continua. In caso di emergenza, sono stati predisposti kit post-catastrofe e articoli di soccorso. Unità di preparazione e risposta nelle emergenze (EPRT) sono state allertate per essere mobilitate e dispiegate secondo necessità ed equipaggiate per intervenire in caso di condizioni meteo estreme.
I Rohingya inseriti nel piano di risposta. Per rispondere ai rischi di una potenziale diffusione del coronavirus nei campi rifugiati, il Governo del Bangladesh, insieme all’UNHCR e ai partner, ha incluso i rifugiati Rohingya nel piano di risposta nazionale. UNHCR e partner hanno dato il via alla costruzione di strutture per l’isolamento e di unità di terapia, con l’obiettivo di mettere a disposizione 1.900 letti a beneficio tanto dei rifugiati quanto delle comunità di accoglienza nelle prossime settimane. Le attività di condivisione delle informazioni sono state estese mediante una rete di oltre 2.000 volontari comunitari, leader religiosi e operatori umanitari.
Urgenti le misure di protezione. Se de un lato, in questa fase, è di vitale importanza dare priorità ai preparativi nei campi nell’ambito della sanità pubblica, dall’altro anche le attività di preparazione alle stagioni dei cicloni e dei monsoni devono continuare. Entrambe le operazioni assicureranno ai rifugiati condizioni sicure e igieniche in cui vivere nell’eventualità di una potenziale ulteriore emergenza di salute pubblica. Affinché le misure di preparazione possano essere implementate celermente, è necessario mettere a disposizione con urgenza dispositivi di protezione individuale (DPI), dato l’imponente aumento delle richieste.
Servono 877 milioni di dollari. L’approvvigionamento e la distribuzione su larga scala di dispositivi DPI sono di vitale importanza per assicurare che il COVID-19 non si diffonda rapidamente. Prima che scoppiasse la pandemia da COVID-19, nel complesso, il Piano di risposta congiunta (JRP) 2020 per la crisi umanitaria dei rohingya chiedeva 877 milioni dollari per soddisfare le esigenze più urgenti della popolazione. Ad oggi, solo il 16 per cento del Piano JRP 2020 è stato finanziato.
A Cox's Bazar una densità 1 volta e mezza quella di New York. Nel Paese asiatico, ad oggi, non sono stati rilevati casi confermati di contagio da COVID-19 tra la popolazione di rifugiati Rohingya. Ciononostante, si ritiene che sia le comunità di accoglienza sia i rifugiati di Cox’s Bazar, in cui vi è una densità di popolazione una volta e mezza maggiore di quella della città di New York, durante questa pandemia siano tra i soggetti maggiormente a rischio su scala mondiale. Durante la stagione, l’area è inoltre soggetta a frane e inondazioni improvvise.
Quattromila famiglie sfollate. A settembre 2019, in occasione delle precipitazioni monsoniche più forti, oltre 4.000 famiglie sono rimaste temporaneamente sfollate nei campi di Cox’s Bazar, e oltre 16.000 persone ne hanno subito gli effetti. Grazie alle misure di mitigazione adottate, i danni sono stati molto minori rispetto all’anno precedente. I rifugiati restano al centro dei piani di preparazione e risposta, mediante unità di circa 3.000 volontari formati per il pronto intervento, che coordinano le attività nelle proprie comunità e l’implementazione delle misure salvavita.
Difficili i rifornimenti. I preparativi per la stagione annuale dei monsoni, tuttavia, hanno risentito della sospensione delle operazioni di riduzione del rischio da catastrofi (Disaster Risk Reduction/DRR), compresi i miglioramenti alle reti fognarie e i lavori di stabilizzazione delle pendenze. Analogamente, anche il trasferimento di rifugiati che vivono in aree a rischio elevato di inondazioni e frane ha subito ritardi. Anche la consegna di forniture è stata problematica, dal momento che il “confinamento” imposto a causa della pandemia COVID-19 ha condizionato i trasporti su strada.
La distribuzione dei "kit di fissaggio". A fronte di una riduzione alle attività essenziali delle operazioni umanitarie assicurate nei campi di accoglienza, la distribuzione di “kit di fissaggio” per rinforzare e proteggere gli alloggi dei rifugiati dai forti venti continua. In caso di emergenza, sono stati predisposti kit post-catastrofe e articoli di soccorso. Unità di preparazione e risposta nelle emergenze (EPRT) sono state allertate per essere mobilitate e dispiegate secondo necessità ed equipaggiate per intervenire in caso di condizioni meteo estreme.
I Rohingya inseriti nel piano di risposta. Per rispondere ai rischi di una potenziale diffusione del coronavirus nei campi rifugiati, il Governo del Bangladesh, insieme all’UNHCR e ai partner, ha incluso i rifugiati Rohingya nel piano di risposta nazionale. UNHCR e partner hanno dato il via alla costruzione di strutture per l’isolamento e di unità di terapia, con l’obiettivo di mettere a disposizione 1.900 letti a beneficio tanto dei rifugiati quanto delle comunità di accoglienza nelle prossime settimane. Le attività di condivisione delle informazioni sono state estese mediante una rete di oltre 2.000 volontari comunitari, leader religiosi e operatori umanitari.
Urgenti le misure di protezione. Se de un lato, in questa fase, è di vitale importanza dare priorità ai preparativi nei campi nell’ambito della sanità pubblica, dall’altro anche le attività di preparazione alle stagioni dei cicloni e dei monsoni devono continuare. Entrambe le operazioni assicureranno ai rifugiati condizioni sicure e igieniche in cui vivere nell’eventualità di una potenziale ulteriore emergenza di salute pubblica. Affinché le misure di preparazione possano essere implementate celermente, è necessario mettere a disposizione con urgenza dispositivi di protezione individuale (DPI), dato l’imponente aumento delle richieste.
Servono 877 milioni di dollari. L’approvvigionamento e la distribuzione su larga scala di dispositivi DPI sono di vitale importanza per assicurare che il COVID-19 non si diffonda rapidamente. Prima che scoppiasse la pandemia da COVID-19, nel complesso, il Piano di risposta congiunta (JRP) 2020 per la crisi umanitaria dei rohingya chiedeva 877 milioni dollari per soddisfare le esigenze più urgenti della popolazione. Ad oggi, solo il 16 per cento del Piano JRP 2020 è stato finanziato.
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