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sabato 3 ottobre 2020

Gran Bretagna - Gestione migranti, tra le ipotesi: reclusione su vecchie navi o piattaforme petrolifere dismesse

Il Manifesto
Gran Bretagna. Tra le ipotesi anche il trasferimento su piattaforme petrolifere dismesse nel mare del Nord, su delle isole o addirittura all’estero. Per il 2021 previsto un sistema a punti: entra solo chi è qualificato


Non sono solo i problemi legati alla futura gestione del mercato interno a far salire la tensione tra Gran Bretagna e Unione europea. Anche se per ora se ne parla poco o niente tra il governo di Boris Johnson e Bruxelles c’è un altro argomento che rischia di inasprire ulteriormente i rapporti e riguarda l’immigrazione.

Quando mancano tre mesi alla Brexit, Londra non ha infatti ancora un piano su come gestire un fenomeno che negli ultimi mesi, pur mantenendosi lontano dai numeri che si vedono in Spagna, Grecia o Italia, ha comunque fatto registrare un aumento degli sbarchi di migranti provenienti dalla vicina Francia. Cosa fare di queste persone è una delle questioni sul tavolo che Londra sa di dover risolvere al più presto.

Con la fine del periodo di transizione fissata per il 31 dicembre, e quindi con la conseguente uscita dall’Unione europea, finisce anche la possibilità per la Gran Bretagna di usufruire di quanto previsto dal regolamento di Dublino, per il quale la responsabilità del migrante ricade sul Paese di primo approdo. In futuro non sarà quindi più possibile per Londra rimandare indietro quanti arrivano dal Continente come accade oggi.

Per ovviare a questa situazione un mese fa il governo britannico ha presentato a Bruxelles una bozza di accordo che di fatto non cambierebbe nulla, prevedendo la possibilità di rimandare indietro «tutti i cittadini di Paesi terzi e gli apolidi» che entrano nel suo territorio senza documenti verso i Paesi attraverso i quali hanno viaggiato. Insomma una specie di Dublino fatto in casa e in maniera unilaterale che secondo il Guardian non sarebbe piaciuta ai funzionari dell’Unione europea, al punto da respingere la proposta perché «troppo sbilanciata».

«Stiamo sviluppando piani per riformare le nostre politiche migratorie e di asilo in moda da poter continuare a fornire protezione a chi ne ha bisogno, mentre evitiamo criminalità e abusi del sistema», ha dichiarato un portavoce di Dowing Street ammettendo di considerare anche alle misure adottate in altri paesi.

In realtà, almeno per ora, il governo britannico sembra essere preso da una specie di isteria in grado di produrre soluzioni tra le più disparate. Tra le ultime, anticipate dalla stampa inglese, c’è quella di affittare vecchie navi in disuso da ancorare e sulle quali confinare i migranti arrivati attraverso il canale della Manica, in attesa che venga definito il loro status. 

Stando a quanto rivelato dal Financial Times Londra starebbe trattando con l’Italia l’acquisto per sei milioni di euro di una imbarcazione di 40 anni in grado di ospitare 1.400 persone in 141 cabine. Un’altra ipotesi riguarderebbe una nave da crociera dove potrebbero trovare posto 2.417 persone in mille cabine. In questo caso il prezzo sarebbe di 100 milioni di euro. 

Ma nella lista delle proposte figura anche la possibilità di trasferire i migranti su piattaforme petrolifere dismesse nel mare del Nord, su delle isole o addirittura all’estero, in Paesi come Moldova, Marocco, Papua Nuova Guinea, Ascensione e Sant’Elena. Proposte che ricordano le misure adottate in passato dall’Australia.

Accordo o no per il dopo Brexit la Gran Bretagna lavora da tempo a un ulteriore giro di vite nei confronti dei migranti. L’idea è che dal 2021 nel Paese debbano entrare solo quelli qualificati e in grado di parlare inglese da selezionare grazie a un sistema a punti che favorirà i migranti in grado di svolgere le attività più ricercate dal mercato del lavoro britannico. La riforma è stata illustrata a in parlamento a luglio dal ministro dell’Interno Priti Patel, equipara comunitari e non e prevede ingressi privilegiati solo per medici, infermieri e altri addetti ai servizi sanitari.

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