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domenica 31 gennaio 2021

Dopo 100 mila morti nella guerra in Yemen finalmente l'Italia blocca la vendita di 12.700 ordigni in Arabia Saudita ed Emirati Arabi

Il Manifesto
Bombe disinnescate. Il governo alla fine accoglie la richiesta di revoca definitiva delle esportazioni verso Riyadh e gli Emirati. 12.700 ordigni in meno da scaricare sullo Yemen. La vittoria delle organizzazioni che per anni si sono battute per questo storico risultato. Francesco Vignarca, di Rete Italiana Pace e Disarmo: "Si può fare". E ora riconversione "pacifista" della fabbrica sarda Rwm.

La gioia esplode di mattina. Lievita rapidamente dopo la pubblicazione del tweet di Rete Italiana Pace e Disarmo che per prima dà la notizia, storica: il governo italiano revoca le esportazioni di armi verso Arabia saudita ed Emirati, principali attori e aguzzini della coalizione sunnita che dal marzo 2015 bombarda lo Yemen per farlo tornare il cortile di casa propria. Centomila morti dopo, l'Italia applica la sua stessa legge, la 185 del 1990 che vieta la vendita di armi a paesi coinvolti in conflitti armati e violatori di diritti umani.

Nello specifico, a essere definitivamente revocate sono le forniture autorizzate dopo l'inizio del conflitto e ancora non consegnate: oltre 12.700 bombe che non finiranno negli arsenali sauditi ed emiratini, spiegano le organizzazioni che da anni si battono per il rispetto della legge, Amnesty Italia, Comitato Riconversione Rwm, Fondazione Finanza Etica, Medici senza Frontiere, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo, Save the Children Italia, European Center for Constitutional and Human Rights e Mwatana for Human Rights.
[...]
La battaglia continua, consapevoli del risultato storico. Che arriva insieme a una buona dose di ironia: giovedì spopolava il video di Matteo Renzi che a Riyadh pronosticava il prossimo "rinascimento" saudita, un one-man-show a favore del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, definito "un grande" (dopotutto riuscì a chiamare al-Sisi un "grande statista"). Dando prova di un incomprensibile senso della democrazia (di cui Conte in Italia, per il senatore di Iv, è un vulnus), Renzi ha cantato dietro lauto compenso le lodi di un paese che più medievale non c'è: attiviste torturate e detenute per aver chiesto di guidare, oppositori in galera, boia sommersi di lavoro, donne cittadine di serie B sottoposte al sistema del guardiano, migranti in condizioni di semi schiavitù (ah, per Renzi è abbassamento del costo del lavoro, parole sue), minoranze religiose sottomesse. E così via.

"Ovviamente è una coincidenza - così ci saluta Vignarca - Il governo non ha revocato l'export perché Renzi è andato a Riyadh: la decisione era stata già presa, c'è stato solo un recepimento formale. Ma va detta una cosa: Matteo Renzi non è solo un ex primo ministro, è un componente della commissione difesa del Senato e fino a pochi mesi fa della commissione esteri. La prima compra e vende armi, la seconda dovrebbe verificare il rispetto della 185. La cosa più grave è questa: Renzi è in carica, rappresenta il popolo italiano in parlamento e fino a poco fa era nella maggioranza di governo".

venerdì 29 gennaio 2021

Migranti. Respingimenti nei Balcani e nel Mediterraneo. Onu: «Pratiche illegali». Deplorevole che il diritto di asilo sia una questione politicizzata

Avvenire
La violenza ai confini dell’Europa non è un’invenzione di giornalisti e attivisti. Le accuse si basano «su testimonianze credibili e corroborate». È quello che sostengono le Nazioni Unite che attraverso l’Alto commissariato per i rifugiati chiedono agli Stati, con un documento che sarà reso pubblico oggi, «di indagare e fermare queste pratiche». Un appello che segue l’altra denuncia piombata sempre da Ginevra: l’Italia è responsabile di non aver saputo proteggere la vita di 200 migranti annegati nel Mediterraneo nell’ottobre 2013.
Alcuni profughi scappano dopo essere stati picchiati al confine tra Croazia e Bosnia 
Border Violence Monitoring

Lo ha stabilito il Comitato per i diritti umani Onu con un lungo rapporto su richiesta di tre siriani e un palestinese, sopravvissuti al naufragio, nel quale hanno perso le loro famiglie. «L’Italia ha mancato nel rispondere prontamente alle varie richieste di aiuto dalla nave che stava affondando, con a bordo 400 adulti e bambini», nota il Comitato affermando che le autorità della Penisola «hanno mancato di spiegare il ritardo nell’invio della nave Its Libra (della Marina militare,ndr), che si trovava soltanto ad un’ora di distanza». 
[...]
Il medesimo scaricabarile va in scena anche nei Balcani. «Unhcr–Acnur ha ricevuto un flusso continuo di segnalazioni su Stati europei che limitano l’accesso all’asilo, respingendo le persone dopo che hanno raggiunto il proprio territorio o le proprie acque territoriali, e usando la violenza contro di loro alle frontiere», ha detto Gillian Triggs, assistente Alto Commissario dell’Agenzia Onu. 

«Le persone che arrivano via terra sono detenute informalmente e respinte con la forza nei Paesi vicini senza alcuna considerazione delle loro esigenze di protezione internazionale», 
denuncia l’alto commissariato. 
[...]
«Chiediamo l’istituzione di meccanismi di monitoraggio nazionali indipendenti – ha aggunto Triggs – per garantire l’accesso all’asilo, per prevenire le violazioni dei diritti alle frontiere e per assicurare che vengano accertate le responsabilità. Il monitoraggio indipendente è proposto anche dal Patto dell’Ue ed esortiamo gli Stati membri a sostenerlo».

Il numero di arrivi nell’Unione Europea continua a diminuire ogni anno. Nel 2020 sono arrivate via mare e via terra 95.000 persone, con un calo del 23 per cento rispetto al 2019 (123.700) e del 33 per cento rispetto al 2018 (141.500). «Con così pochi arrivi in Europa, questa situazione dovrebbe essere gestibile. È deplorevole – rimarca Unhcr – che l’asilo rimanga una questione politicizzata e divisiva nonostante i numeri in calo».

Nello Scavo


lunedì 25 gennaio 2021

Approdo sicuro ad Augusta per la nave Ocean Viking, con 374 migranti a bordo (21 neonati, 35 bambini, 131 minori non accompagnati) salvati in 4 interventi.

Blog Diritti Umani - Human Rights

Grande sollievo sull' Ocean Viking: è stato assegnato un Porto sicuro ad Augusta. Arriveremo domani mattina.

A bordo, riporta SOS Mediterranee ci sono 374 persone messe in salvo nell'arco di 48 ore in 4 interventi san, tra cui 21 neonati, 35 bambini, 131 minori non accompagnati e due donne incinte.



venerdì 22 gennaio 2021

Rotta Balcanica - Da 5 anni l'Europa rinnega se stessa - “Pestati a morte dai croati”. Nella foresta degli orrori dove spariscono i migranti.

La Stampa
Le guardie di Zagabria presidiano il bosco che confina con la Bosnia da dove passano i profughi. «Difendiamo la nostra frontiera». Ma nel 2020 il 90% dei respingimenti è avvenuto con la forza


Dall’inviato a Veliki Obljaj (croazia). Nessuno deve vedere quello che succede nel bosco. La neve attutisce le grida, il disgelo restituirà i cadaveri. Il 3 gennaio due ragazzini pachistani sono stati fatti spogliare dai poliziotti croati, erano qui. Via le giacche, le scarpe e anche le calze. «Adesso tornate indietro! Conoscete la strada, la Bosnia è di là». Chi prova a passare il confine viene torturato, irriso, fotografato come un trofeo, pestato, marchiato. Questo è il bosco dove da cinque anni l’Europa rinnega se stessa.

Se siamo qui è per Alì il pazzo, che non era affatto pazzo prima di dover tornare anche lui indietro a piedi nudi nella neve. Ha visto staccarsi le falangi dai piedi una dopo l’altra. La necrosi dovuta al congelamento gli saliva alle caviglie. «I poliziotti croati sono dei fascisti», ha detto seduto su una sedia davanti al ristorante «Addem» di Velika Kladusa, quando lo hanno soccorso. È nei giorni successivi che ha incominciato a sragionare, dopo il settimo tentativo fallito. Quando ha capito che non avrebbe mai raggiunto suo figlio in Germania. Lo sapeva in una parte della testa, ma si rifiutava di prenderne atto. «Salirò su un aereo, andrò in Germania, staremo insieme», ripeteva a cantilena. Alì il pazzo si opponeva all’amputazione. Stava sempre peggio. È stato suo fratello, rintracciato in un sobborgo di Tunisi, a firmare l’autorizzazione per l’operazione chirurgica. Ma gli hanno amputato i piedi quando era troppo tardi.

Se siamo qui, allora, è per Alì morto per le torture dei poliziotti croati. È per chi in questa notte ghiacciata sarà costretto a tornare indietro un’altra volta a piedi nudi. È per la donna che ha abortito per lo spavento in mezzo al bosco. Per gli annegati nel torrente Glina, di cui nessuno conoscerà mai il nome. Per chi è venuto a pregare e per la signora che ieri mattina è partita da Karlovac, perché voleva portare un po’ di cibo ai migranti. Ma i poliziotti hanno fermato anche lei, il pane è stato sequestrato e le hanno intimato di non farsi mai più vedere da queste parti.

Veliki Obljaj è un valico secondario. Non ci sono barriere doganali. Ma querce, abeti, larici, odore di resina di pino. Per arrivare servono tre ore di auto da Trieste. All’altezza di Tuposkò, in mezzo al nulla, c’è un carro armato con un cartello scritto in quattro lingue: «Grazie ai guerrieri». È un monumento che ricorda la «guerra per la patria», come la chiamano da queste parti, combattuta dal 1991 al 1995. In quel tratto la strada è una sequenza di piccole case senza intonaco e campi ghiacciati. Dopo Glina, che prende il nome dal torrente, un cartello indica verso destra il passaggio per la Bosnia. La salita è stretta, la zona scollegata per chilometri dalla rete telefonica. In cima c’è un pianoro, dalla cui sommità si può osservare l’orizzonte. Ecco quello che si scopre: tutto si rassomiglia. La frontiera è invisibile. Il confine è il bosco. Ma qui è ancora Europa, mentre quella al fondo della vallata è la Bosnia. L’altro mondo.

Veliki Obljaj è un villaggio costituito di poche case disabitate e in rovina. Solo da quattro comignoli esce un po’ di fumo. Sono cortili circondati da cani randagi che hanno paura di tutto. Il primo cittadino europeo si chiama Stanko Lončar, ha sempre vissuto facendo il contadino. Viene a salutare con il bastone. «I migranti? Li vedo passare nelle tempeste e nel gelo, arrivano sotto la pioggia con i loro bambini. Non hanno mai fatto del male, la porta del mio cancello è sempre aperta».

Oltre al bosco, dall’altra parte della frontiera invisibile, ci sono i centri di raccolta della Bosnia. Le case abbandonate di Bihac piene di persone abbrutite, la tendopoli di Lipa che stanno ricostruendo dopo l’incendio, il centro Miral e il «campo palude» di Velika Kladusa, dove uomini e cani dividono i giacigli nel fango e dove i pullman del servizio pubblico sono vietati ai migranti. La rotta balcanica si concentra davanti a questo ingresso per evitarne un altro peggiore. E cioè il passaggio in Serbia, che finisce dritto in faccia al muro alzato da Vickor Orban in Ungheria, dove milizie speciali usano i cani addestrati per la caccia agli stranieri.

Sono qui, dunque, questi ragazzi e queste famiglie, perché non hanno scelta. Meno di ventimila persone, adesso. Un piccolo flusso continuo che si origina principalmente in Pakistan, Afganistan e Iraq. Stanno iniziando ad arrivare gli aiuti spediti dall’Italia, la Croce Rossa ha portato vestiti e cibo. Ma quelli che vivono in condizioni penose in Bosnia sono gli stessi che proveranno ad attraversare il bosco in Croazia. Sono i ragazzi e le donne che il signor Stanko Lokar vede passare davanti a casa in Europa, quando non sono stati ricacciati indietro.

Oggi i poliziotti croati sono ventiquattro, tutti vestiti di nero. Divisi in due squadre, vanno giù da due versanti. Ragazzi giovani. Hanno un bavero elasticizzato che gli copre il viso fino alla bocca, ma niente mascherina. Hanno guanti, bastoni e pistole. Vanno avanti e indietro per i sentieri innevati da cui potrebbero arrivare quelli che non sono i benvenuti.

«Noi difendiamo la nostra frontiera, non siamo qui per i migranti ma per il confine della Croazia, siamo qui per la nostra patria», dice il poliziotto più alto in grado. Eppure «The Border Violence Monitoring Network» ha raccolto le testimonianze di almeno 4.340 respingimenti illegali negli ultimi due anni, mentre per il «Danish Refugee Council» sono stati 14.500 solo fra gennaio e la fine di ottobre del 2020. Sono dati sempre sottostimati. Molte storie si perdono letteralmente nel bosco. Ogni primavera svela i resti di altri cadaveri.

C’è un marchio di fabbrica dell’operato dei poliziotti croati: sono i telefoni presi a mazzate per impedire ai migranti di usare la mappa. Esiste una letteratura vastissima al riguardo, centinaia di foto tutte molto simili. Schermi frantumati, tastiere sfracellate. Ma i medici oltre la linea della frontiera vedono tornare sempre più spesso anche uomini a pezzi, ragazzi mangiati nelle gambe dai morsi dei cani da guardia della polizia, vedono crani tumefatti, schiene contuse, piedi piagati, geloni, frustate, lividi. Il dottor Mustafa Hodzic ha testimoniato anche un caso di stupro: «Un ragazzo è stato violentato da un poliziotto con un ramo». Questo succede nel bosco.

Li chiamano «pushback». Respingimenti. E sono illegali anche quando vengono eseguiti senza fare ricorso alla violenza, perché negano il diritto d’asilo. Anche l’Italia partecipa a questa catena di respingimenti. Secondo il rapporto che sta per essere pubblicato dal collettivo «Rete RiVolti», fra il primo gennaio e il 15 novembre 2020, la polizia italiana ha riammesso in Slovenia 1.240 persone. La quale Slovenia, a sua volta, ha scaricato quegli esseri umani in Croazia. Ciò che succede in Croazia è noto. Da cinque anni accade nell’indifferenza dell’Unione Europea. Nonostante le notizie precise raccolte dai volontari di «Sos Balkanroute» e «No Name Kitchen», nonostante le foto dei crani rasati e marchiati con vernice spray, testimoniati dal giornalista Lorenzo Tondo sul Guardian.

La Croazia è un Paese in cui i fantasmi della guerra sono ancora molto presenti. Restano 18 mila mine antiuomo disseminate nei boschi della zona, i cartelli mettono in guardia e segnano la strada. Nel novembre del 2019 un poliziotto ha ferito gravemente un migrante con la pistola d’ordinanza nella zona di Gorski Kotar, ma non è mai stata resa pubblica la dinamica dell’accaduto. Così come il ministro dell’Interno non ha mai aperto un’inchiesta su un caso specifico di violenza perpetuata da un suo poliziotto. «Secondo alcune testimonianze disponibili, riteniamo che in Croazia vi siano strutture utilizzate per detenzioni arbitrarie e illegali in cui sono stati segnalati atti di tortura», dice Lovorka Šošić. È la portavoce del «Centro studi per la pace» di Zagabria. Da quell’ufficio stanno cercando di denunciare ogni violenza. Gridano ma nessuno li ascolta. «Nel 2020, il 90% dei respingimenti fatti dalla polizia croata comprendeva una o più forme di abusi e torture. Abbiamo notizie di molte persone morte o scomparse lungo la rotta. I respingimenti continuano a avvenire ogni giorno. Tutto questo dovrebbe imbarazzare non solo il governo croato, ma anche i governi di tutti gli altri Stati membri che stanno perpetrando respingimenti, nonché le istituzioni dell’Unione Europea che incoraggiano silenziosamente queste pratiche illegali. L’Unione Europea da tempo chiude un occhio».

Ciò che succede nel bosco non si deve vedere. Ma si sa. Gli europei sono quelli che mandano le coperte in Bosnia, e sono anche quelli che bastonano in Croazia.

È sera. I poliziotti fanno il cambio turno. Ha ricominciato a nevicare e tutti i sentieri al confine sono di un bianco perfetto, immacolato.

Nicolò Zancan

mercoledì 20 gennaio 2021

Fosse comuni, droga e tratta di migranti. La Libia ostaggio degli orrori delle tribù. di Domenico Quirico

La Stampa
La «banda dei sette fratelli» di Tarhuna sfilava per la città con i leoni. Dopo la ritirata di Haftar è fuggita lasciando centinaia di morti.


Guardo scorrere i filmati delle fosse comuni che da settimane vengono alla luce a Tarhuna in Libia. Viene in mente lo slogan scritto su una maglietta che vidi in Ruanda al tempo del genocidio: «Seppellire i morti, non la verità».

Gli uomini che scavano alla ricerca dei corpi sono rivestiti delle tute bianche che la pandemia ci ha reso abituali, quotidiane, il volto è coperto da maschere. Scavano buche superficiali. Gli assassini avevano fretta, i nemici stavano entrando in città, hanno ucciso e poi gettato su uomini, donne, anche bambini, poche palate di sabbia. 

Chi ha scoperto le prime fosse racconta che uscivano dalla sabbia lembi di vestiti, frammenti di arti. Ne hanno portate alla luce già una trentina, con 120 corpi. Ma le persone che risultano scomparse a Tarhuna sono 350. I parenti mostrano le foto, chiedono di vedere i vestiti, gli oggetti ritrovati nelle fosse, cercano una traccia, una prova, una smentita. Di molti non si è ancora scoperta l’identità. Gli innominati: coloro che vengono uccisi e sepolti anonimamente.

L’impressione più terribile l’offrono le sagome disegnate sulla sabbia dai vestiti, una uniforme, una lunga veste femminile, la tuta di un bimbo; sembrano ipotesi irrealizzate di esseri umani, la traccia lasciati da fantasmi che non potremo mai abbracciare. Palme derelitte presidiano il pietoso lavoro degli sterratori. Incombe il cielo di un azzurro così chiaro da sembrare irreale, metafisico. La forza dell’elemento distruttivo non si coniuga con la speranza o un progetto di un mondo nuovo: solo morte e guerra.

C’è chi sostiene che l’impatto estetico con il macabro come le tracce di un massacro emozioni ma non aiuti a capire il male. Forse ha ragione: a furia di guardare atrocità, le sue prove e testimonianze alla fine ci appaiono irreali, finiamo per abituarci e non ne ricaviamo alcun arricchimento morale.

I massacri sono tutti identici tra loro, Ruanda, Darfur, Afghanistan, Iraq, Siria, Libia: i morti sono innocenti, gli assassini sono dei mostri, e la politica internazionale è complice o inesistente. Se non fosse per il mutare degli sfondi dietro le fosse comuni, la savana il deserto una città in rovina una foresta lussureggiante, sembrerebbe sempre la stessa storia: un gruppo che ha le armi massacra un gruppo che non le ha in un ennesimo ciclo di odio atavico. Più la Storia cambia e più le cose, queste cose, restano eguali. Il massacro è frutto di una violenza talora endemica talora episodica ma sempre in posti dove «ci si uccide reciprocamente». La universalità del male ci solleva quasi dalla necessità di riflettere su quell’episodio particolare. Queste fosse comuni emergono dal nulla e altrettanto velocemente tornano nel nulla. Il sangue si coagula, i cadaveri senza nome e i loro assassini, anche loro senza nome, divengono sfondo. E l’orrore, così, risulta qualcosa di assurdo.

martedì 19 gennaio 2021

Siria - Maltempo sui campi profughi dimenticati di Idlib. Decine di migliaia di donne, bambini anziani dormono negli acquitrini.

AnsaMed
Decine di migliaia di sfollati siriani ammassati nei campi profughi della Siria nord-occidentale dormono da giorni negli acquitrini causati dalle insistenti piogge abbattutesi nella regione.


L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria ha documentato le sofferenze degli abitanti di diversi campi profughi nella regione di Idlib e a ovest della città di Aleppo a ridosso col confine turco. 

In questa zona fuori dal controllo militare governativo, a causa del conflitto in corso da 10 anni circa due milioni di persone vivono in condizioni umanitarie disperate.
 

Si tratta in larga di donne, bambini e anziani che da diversi anni affrontano le rigide temperature invernali e le intemperie in un contesto di generalizzata carenza di servizi di base come riscaldamento, acqua potabile, medicinali.

lunedì 18 gennaio 2021

Usa, pena di morte: messo a morte Higgs, tredicesima esecuzione federale da luglio. La stage di Trump è compiuta.

AGI/AFP
Dustin Higgs, un afroamericano quarantottenne condannato a morte per l'uccisione di tre donne, ha ricevuto un'iniezione letale nel carcere di Terre Haute, in Indiana. Si tratta della tredicesima esecuzione in sei mesi, ovvero da quando lo scorso luglio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ripreso le esecuzioni federali dopo 17 anni di moratoria. 


Un tribunale aveva chiesto di rimandare l'esecuzione sostenendo che Higgs, affetto da Covid-19, avrebbe sofferto molto a causa delle condizioni dei suoi polmoni. La Corte Suprema aveva pero' accolto il successivo ricorso del Dipartimento di Giustizia, dando il via libera all'iniezione letale. 

Tra le 13 persone che, dallo scorso luglio, hanno ricevuto l'iniezione letale nel carcere di Terre Haute c'e' anche la prima donna in quasi 70 anni a essere giustiziata: Lisa Montgomery. La morte di Higgs arriva a pochi giorni dal giuramento del presidente eletto, Joe Biden, che ha promesso di lavorare con il Congresso per abolire la pena di morte a livello federale. 

I parlamentari democratici hanno preparato un disegno di legge in materia che ha possibilita' di essere approvato, ora che il partito dell'Asinello ha conquistato la maggioranza anche al Senato.

domenica 17 gennaio 2021

Human Rights Watch individua in Bolsonaro il profilo peggiore nella violazione dei diritti umani

Globalist
Discriminazione delle minoranze etniche e delle popolazioni native, delle donne e dei disabili.

Bolsonaro si è reso protagonista di violazioni su più fronti: discriminazione delle minoranze etniche e delle popolazioni native, delle donne e dei disabili. Ha ripetutamente attaccato i giornalisti, riducendo la libertà di stampa. 

Ha favorito le attività illegali di deforestazione dell'Amazzonia, sorvolando sulle intimidazioni e le violenze contro i difensori della foresta, mentre ha addossato alle comunità native e ai piccoli agricoltori la responsabilità degli incendi che hanno devastato decine di migliaia di ettari con un conseguente danno ambientale praticamente incalcolabile. 

Ma ciò che ha segnato particolarmente i mesi passati, nel terzo Paese al mondo dopo Stati Uniti ed India per numero di contagi da Covid e secondo per numero di morti, è stato l'atteggiamento sprezzante nei confronti delle raccomandazioni dell'OMS per prevenire la diffusione del virus. 

Bolsonaro ha minimizzato la gravità del contagio, mettendo a rischio il diritto alla salute dei cittadini.

Human rights Watch ha stilato e pubblicato il rapporto mondiale sul rispetto dei diritti umani nel mondo e uno dei ritratti peggiori è quello che emerge dal profilo proprio del presidente brasiliano.

sabato 16 gennaio 2021

USA - Mississipi - Eddie Lee Howard condannato a morte nel 1994. Riconosciuto innocente dopo 26 anni trascorsi nel braccio della morte.

Blog Diritti Umani - Human  Rights
Eddie Lee Howard è stato condannato a morte ingiustamente nel 1994. Ora, dopo decenni di lotte, è stato prosciolto. 

Eddie Lee Howard nel momento della sua liberazione

Era stato condannato a morte nel 1994, dopo essere stato ingiustamente accusato per l'omicidio e lo stupro dell'84enne Georgia Kemp, che è White, a Columbus, Mississippi.

Secondo l'Innocence Project, che rappresentava Howard. Howard è stato inizialmente indiziato per questo crimine da un medico che ha paragonato i segni di morsi sul corpo di Kemp ai denti di Howard. 

Ma ad agosto, la Corte Suprema del Mississippi ha riconosciuto che i confronti tra segni di morso non erano sufficienti per legarlo all'omicidio e ha affermato che "un singolo colpevole non può essere identificato in modo affidabile attraverso il confronto con segni di morso". 

Di conseguenza, il caso è stato annullato, reso e rinviato a giudizio. Howard è stato rilasciato dal braccio della morte del Mississippi a dicembre ed è stato prosciolto venerdì, ha detto l'Innocence Project. 

"Voglio dire molte grazie alle molte persone che hanno la responsabilità di contribuire a rendere il mio sogno di libertà una realtà", ha detto Howard in un comunicato. 

Gli Stati Uniti hanno alcuni dei tassi di incarcerazione più alti al mondo. Entro la fine del 2019, più di 1,4 milioni di persone sono state incarcerate nella nazione, secondo il Bureau of Justice Statistics degli Stati Uniti. 

I neri americani sono colpiti in modo sproporzionato e nel Mississippi più della metà della popolazione carceraria è nera, secondo un rapporto del Sentencing Project, un'organizzazione di ricerca sulla giustizia penale senza scopo di lucro.

ES

venerdì 15 gennaio 2021

Il Blog "Diritti Umani - Human Rights" compie 8 anni. Grazie a tutti i lettori!

Il Blog "Diritti Umani - Human Rights" compie 8 anni.

Grazie a tutti i lettori che  seguono i contenuti proposti dal Blog 


Crediamo che dare visibilità alle violazioni dei diritti umani nel mondo, da quelle più conosciute a quelle che difficilmente hanno rilevanza tra le notizie che vengono diffuse dai mezzi di comunicazione sia un modo per contribuire a far crescere una cultura del rispetto dei diritti delle donne e degli uomini con particolare attenzione ai più deboli e fragili.


Tunisia: Il presidente Kais Saied concede la grazia per 919 detenuti per la festa della Rivoluzione del 14 gennaio,

ANSAmed
Il presidente della Repubblica tunisina, Kais Saied, ha deciso di concedere la grazia a 919 detenuti in occasione del decimo anniversario della rivoluzione del 14 gennaio, quando fu cacciato l'ex presidente deposto Zine El Abidine Ben Alì. La decisione è stata presa dopo un incontro con il ministro della Giustizia, Mohamed Boussetta.


Il provvedimento prevede per 154 detenuti la scarcerazione immediata e una riduzione della durata delle pene detentive per gli altri. 

La concessione della grazia è stata valutata da una commissione speciale che ha esaminato un dossier di 2.350 detenuti, seguendo i requisiti del principio di uguaglianza, della natura del reato, del tempo di permanenza in carcere e della buona condotta dei reclusi. Rimangono esclusi i condannati per reati gravi, tra cui terrorismo e incitamento all'odio.

Guantánamo entra nel ventesimo anno e le violazioni dei diritti umani sono ancora in corso. Biden ha espresso la volontà di chiuderlo

La Repubblica
In occasione dell’ingresso nel ventesimo anno di operatività e mentre un nuovo presidente sta per insediarsi alla Casa Bianca, Amnesty International ha diffuso un nuovo rapporto sulle violazioni dei diritti umani ancora in corso nel centro di detenzione di Guantánamo Bay. 

“Il nostro rapporto - dice Daphne Eviatar, direttrice del programma sicurezza e diritti umani di Amnesty International Usa - non riguarda solo le 40 persone ancora detenute, ma anche i crimini di diritto internazionale commessi a Guantánamo negli ultimi 19 anni e la continua mancanza di accertamento delle responsabilità. Riguarda allo stesso tempo il futuro - ha aggiunto - dato che nel 2021 saranno trascorsi 20 anni dagli attacchi dell’11 settembre e dall’inizio della ricerca di una giustizia autentica”.

Sono lì a tempo indeterminato, senza processo.Il rapporto descrive tutta una serie di violazioni dei diritti umani commesse ai danni dei detenuti di Guantánamo, dove ancora oggi vittime di tortura sono trattenute a tempo indeterminato, senza cure mediche adeguate e in assenza di un processo equo. I trasferimenti si sono fermati e anche i detenuti per i quali è stato deciso il rilascio anni fa restano lì. Il centro di detenzione di Guantánamo è stato aperto nel contesto della “guerra globale al terrore”, la risposta statunitense agli attacchi dell’11 settembre, con l’obiettivo di ottenere informazioni d’intelligence a spese delle tutele sui diritti umani.

Violazioni del diritto internazionale. Nei confronti di persone sottratte alla supervisione giudiziaria e trattenute a Guantánamo o in centri segreti di detenzione diretti dalla Central intelligence agency (Cia), sono stati commessi crimini di diritto internazionale come torture e sparizioni forzate. Il rapporto di Amnesty International chiede un genuino e urgente impegno in favore della verità, dell’accertamento delle responsabilità e dei rimedi giudiziari insieme al riconoscimento che la detenzione a tempo indeterminate a Guantánamo non può proseguire oltre. “Le persone ancora detenute - ha commentato Eviatar - sono inesorabilmente intrappolate a causa di multiple condotte illegali dei governi Usa: trasferimenti segreti, interrogatori in regime d’isolamento, alimentazione forzata durante gli scioperi della fame, torture, sparizioni forzate e il totale diniego del diritto a un giusto processo”.

Le promesse di Biden. Nel 2009, in occasione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, l’allora vicepresidente e ora presidente eletto Joe Biden dichiarò: “Rispetteremo i diritti delle persone che vogliamo portare a processo e chiuderemo il centro di detenzione di Guantánamo Bay (…) I trattati e gli organismi internazionali che edifichiamo devono essere credibili ed efficaci”. Dodici anni dopo, mentre si appresta a diventare presidente degli Usa, Biden ha l’occasione per dare seguito alle sue parole. Non deve perderla.

mercoledì 13 gennaio 2021

Medio Oriente. 36 donne palestinesi nell'inferno del carcere di Damon in condizioni di detenzione disumane

ilfarosulmondo.it
La Commissione palestinese per gli affari dei detenuti e degli ex detenuti ha affermato che 36 donne palestinesi sono detenute nel carcere di Damon in condizioni di detenzione disumane. 24 di queste donne stanno scontando pene detentive diverse, di cui due a 16 anni. Nove sono in custodia cautelare e tre donne sono detenute amministrative, riferisce la Commissione.


Alcuni dei detenuti soffrono di condizioni di salute molto difficili e di deliberata negligenza medica, come il caso della prigioniera Israa Jaabis, che soffre di ustioni e necessita di procedure chirurgiche.

Altre donne palestinesi che necessitano anche di cure mediche speciali includono Amal Taqatqa, che è stata ferita da cinque proiettili e necessita di un'operazione per rimuovere i fissatori interni dalla gamba; il prigioniero Iman Awar, che soffre di noduli cancerosi alle corde vocali, e il prigioniero Nasreen Abu Kamil, chi soffre di ipertensione, diabete e dolori alle dita dei piedi.

A dicembre, fonti ufficiali della Palestina hanno rivelato che ci sono oltre 4.400 prigionieri palestinesi all'interno delle carceri israeliane, inclusi 700 detenuti malati. Il regime israeliano continua a violare la Quarta Convenzione di Ginevra relativa alla detenzione amministrativa. 

Questa misura è una sorta di detenzione senza processo che permette al regime di Tel Aviv di incarcerare i palestinesi per un massimo di sei mesi, prorogabili a tempo indeterminato. In pratica, il regime di detenzione amministrativa di Israele viola numerosi altri standard internazionali. Ad esempio, i detenuti amministrativi della Cisgiordania vengono espulsi dal territorio occupato e internati all'interno di Israele, in diretta violazione dei divieti della Quarta Convenzione di Ginevra.



martedì 12 gennaio 2021

Sospesa l'esecuzione di Lisa Montgomery - Giudice dell'Indiana blocca l'esecuzione voluta da Trump a 8 giorni dall'insediamento di Joe Biden contrario alla pena di morte

HuffPost
Un giudice ha concesso la sospensione di quella che sarebbe stata la prima esecuzione da parte del governo degli Stati Uniti di una detenuta in più di 67 anni. Lo riporta l’Associated Press, che cita il quotidiano locale Topeka Capital-Journal.

Lisa Montgomery

L’iniezione letale era prevista per oggi presso il Federal Correctional Complex di Terre Haute, nell’Indiana, appena otto giorni prima dell’inaugurazione di Joe Biden, un oppositore della pena di morte federale. 

Ma il giudice Patrick Hanlon della Corte distrettuale degli Stati Uniti (distretto meridionale dell’Indiana) ha deciso di sospendere l’esecuzione, indicando la necessità di un’udienza probatoria per determinare le condizioni mentali della donna.

Lisa Montgomery, che la difesa ha sempre sostenuto incapace di intendere e volere a causa dei terribili abusi subiti da bambina, ha ucciso la 23enne Bobbie Jo Stinnett nel dicembre 2004, tagliandole il feto dal grembo e tendando di far passare il neonato come suo.

Il Topeka Capital-Journal riporta un passaggio della decisione del giudice Hanlon: “alla signora Montgomery sono state diagnosticate menomazioni cerebrali fisiche e malattie mentali multiple, e tre esperti sono dell’opinione che, sulla base della condotta e dei sintomi riferiti loro dal legale, la percezione della realtà della signora Montgomery sia attualmente distorta e compromessa ”.

L’avvocato di Montgomery Kelley Henry ha elogiato la decisione del giudice, poiché il suo team legale per anni ha sostenuto che il background della donna - pieno di abusi, esperienze traumatiche e disturbi mentali - l’abbia resa “inadatta all’esecuzione ai sensi dell’Ottavo Emendamento”, oltre ad avere un ruolo nell’omicidio del 2004.

Migranti - Liberata la nave "Ocean Viking" di Sos Méditerranéen che riparte per salvare vite nel Mediterraneo dopo 6 mesi di sequestro

AnsaMed
Ong Mediterranée, liberata da fermo imposto da autorità italiane
Dopo una sosta di sei mesi, la nave Ocean Viking dell'associazione europea di ricerca e soccorso Sos Mediterranéen sta lasciando Marsiglia, in Francia, diretta verso il Mediterraneo centrale. 

La "Ocean Viking" di Sos Méditerranée in una precedente missione di salvataggio

"Questa prima missione dell'anno - riferisce la ong in un comunicato - giunge dopo mesi di costosi sforzi per liberare la nave da un fermo amministrativo imposto il 22 luglio scorso dalle autorità italiane, sulla base di nuove interpretazioni dei requisiti di sicurezza per le navi di soccorso".

"Il 2020 - prosegue l'ong - "è stato un anno devastante nel Mediterraneo centrale: il vuoto di soccorsi è diventato sempre più evidente con 779 morti segnalate e un'alta probabilità che molti altri decessi non siano stati documentati. Sos Mediterranée è sollevata di poter riprendere le operazioni di salvataggio, pur ribadendo l'assoluta necessità che gli Stati europei reintroducano un sistema di coordinamento delle operazioni di soccorso efficace e a guida degli Stati".

lunedì 11 gennaio 2021

Roma. Appello di Sant'Egidio - In aumento i clochard morti di freddo. Aprire edifici pubblici! Mario 58 anni morto di freddo davanti ad un albergo chiuso per Covid.

Avvenire
Aprire gli alberghi vuoti per Covid per dare ricovero notturno ai senza dimora, che nella Capitale sono almeno 3mila. La Comunità di Sant'Egidio lancia anche una raccolta nazionale di coperte per chi nelle nostre città dorme in strada. 

Già 7 morti di freddo a Roma dall'inizio di novembre. Sant'Egidio lancia l'allarme: quest'inverno nelle strade della città sono morte troppe persone senza dimora, "un numero inaccettabile per la Capitale d'Italia". L'ultimo si chiamava Mario e aveva 58 anni: è deceduto il giorno dell'Epifania vicino alla stazione Termini, proprio davanti a un albergo chiuso per Covid.

Ecco appunto la proposta della Comunità trasteverina: aprire edifici pubblici e alberghi inattivi per il virus. "Di fronte al freddo - che in questa stagione non può considerarsi un'eccezione - occorre agire in fretta scavalcando l'ordinaria, colpevole, burocrazia che dispensa gli aiuti con il contagocce. Anche perché l'inverno, quest'anno, arriva nel cuore di una pandemia non risolta che ha aggravato la condizione di chi vive per strada accentuandone l'isolamento".

Sant'Egidio punta il dito sull'amministrazione comunale: "Agli 800 posti letto offerti tutto l'anno, il Comune di Roma è riuscito finora ad aggiungerne solo alcune decine in più per l'inverno, mentre la Caritas e le altre associazioni accolgono complessivamente 1.700 persone, cioè il doppio". La stessa Comunità partecipa allo sforzo aprendo per l'ospitalità notturna, "oltre all'accoglienza ordinaria, la chiesa di San Callisto a Trastevere e avviando alcuni progetti (tra cui "Housing First" e "Riparto da casa") per fornire risposte alloggiative alle persone fragili e ai senza dimora". Dunque - si chiede - "perché le istituzioni non possano fare altrettanto"?

Nella Capitale sono circa 3mila i senza dimora che passano la notte all'aperto. Sant'Egidio chiede "un piano coordinato dalla prefettura per la disponibilità immediata di edifici e stabili di pronto utilizzo, del Comune o dello Stato, nonché di alberghi e altre strutture chiuse per il Covid-19, anche con la messa disposizione di contributi per i proprietari, e più in generale una sinergia con la società civile che in questi mesi ha mostrato generosità negli aiuti".

Alle risorse dei privati fa appello la Comunità stessa, lanciando una raccolta nazionale straordinaria di coperte, sacchi a pelo e indumenti pesanti a favore di chi vive per strada; sul sito www.santegidio.org o al numero 06/4292929 è possibile informarsi sui centri di raccolta anche in numerose città.

Dall'inizio dell'anno infatti si contano già diversi morti per il freddo in varie località. A Genova ieri è deceduto per ipotermia un clochard tra i 50 e i 60 anni: dormiva in un riparo di fortuna vicino all'ospedale Galliera, in pieno centro, e i soccorsi non sono riusciti a salvarlo. Un senzatetto egiziano di 53 anni è stato trovato morto in un sottopassaggio presso la stazione Garibaldi il 2 gennaio a Milano. Tra l'altro quest'anno l'emergenza Covid (che obbliga a eseguire tamponi a ogni ospite) allunga i tempi d'accettazione e scoraggia gli ingressi nei ricoveri caritativi notturni.

Giulio Isola

domenica 10 gennaio 2021

Rotta Balcanica - Croazia. Poliziotti a caccia di migranti (tra neve e mine): «Ce lo chiede l'Europa»

Avvenire
«Nessuno di questi vuole fermarsi in Croazia, ma noi dobbiamo fermarli». Sulla rotta balcanica, tra i disperati in fuga dalle guerre (provocate anche dall'Occidente e dai suoi alleati)
Una famiglia di migranti catturata dalla polizia croata 
in una zona boscosa disseminata di mine - Maso Notarianni

La cronaca di un’altra emergenza umanitaria annunciata comincia dalla bufera di neve che per il terzo anno di fila ha quasi sepolto i campi profughi sul confine tra Bosnia e Croazia, trasformati in una trincea d’altri tempi. Pochi tra i migranti bloccati a Bihac e Velika Kladusa si azzardano a sfidare il manto bianco che poco più in là nasconde trappole mortali.

La maggior parte dei tremila accampati, tra cui i 1.200 in cerca di una sistemazione dopo l’incendio nel campo di Lipa, prima di ritentare i 300 chilometri di cammino verso l’Italia attenderanno che le temperature tornino sopra lo zero. Qualcuno però sfida la sorte, nella speranza che anche le guardie croate abbiano freddo.
[...]
Secondo l’accusa, «gli uomini in divisa nera hanno picchiato, umiliato e respinto le vittime dal territorio della Repubblica di Croazia fino alla Bosnia–Erzegovina».

Fonti del ministero dell’Interno hanno reagito sostenendo che potrebbe trattarsi di “civili armati” che sfuggono al controllo della polizia. Intanto l’ufficio del difensore civico presso la Commissione Ue ha avviato il 20 novembre una indagine per accertare se vi siano state omissioni o comportamenti illegali da parte delle polizie sui confini di Italia, Slovenia e Croazia, finalizzati al respingimento verso la Bosnia.

«Nessuno dei migranti è intenzionato a fermarsi in Croazia», ammette un poliziotto al posto di controllo di Veliki Obilaj. «Però dobbiamo fermarli lo stesso per proteggere i nostri confini. Sono gli ordini – dice –. E poi ce lo chiede l’Europa».

Nello Scavo - Inviato a Bojna (confine Croazia–Bosnia)

venerdì 8 gennaio 2021

Amnesty USA: Assalto al Congresso, diritti umani in grave pericolo per gli atteggiamenti di Trump e l'incitamento alla violenza

SIR
“Il rifiuto del presidente Trump di facilitare il trasferimento pacifico dei poteri pone i diritti umani, la sicurezza pubblica e lo stato di diritto in grave pericolo”.
 
Seguaci di Trump assaltano il Congresso, tra le bandiere quella del Ku Klux Klan

Lo afferma Bob Goodfellow, direttore generale ad interim di Amnesty international Usa. Nei suoi discorsi, messaggi audio e tweet il presidente Trump continua infatti a rifiutare il risultato elettorale e incita i suoi sostenitori. Il risultato è che ieri, 6 gennaio, migliaia di persone hanno dato l’assalto alla sede del Congresso Usa. 
“L’abbraccio del presidente ai gruppi suprematisti bianchi ed estremisti – prosegue Goodfellow – ha alimentato ulteriormente il caos e la violenza. Tutte le autorità statunitensi devono rispettare, proteggere e attuare i diritti umani, compreso quello di essere liberi dalla violenza, dalle intimidazioni e dal razzismo”.
L’organizzazione per i diritti umani sa per esperienza che gli eventi drammatici si verificano nel mondo “quando autorità di governo diffondono false informazioni e incitano alla violenza razzista e politica per restare al potere. Il mondo, compresi i nostri dieci milioni di iscritti e sostenitori, osserva cosa sta accadendo”. 

“È il momento di ammettere la realtà – commenta Goodfellow -. Il presidente Trump ha ripetutamente incoraggiato i suoi sostenitori ai disordini e alla violenza. Questo è il comportamento di un istigatore, non di un leader. Tutte le autorità pubbliche degli Usa devono condannare le parole del presidente”.

Amnesty international Usa sta monitorando la situazione ed è profondamente preoccupata per quanto sta accadendo. L’organizzazione chiede al presidente “di raffreddare e non surriscaldare il clima di paura, di incertezza e di disordini e di assicurare che lui e il suo staff diffonderanno solo informazioni credibili e affidabili, contrasteranno quelle false e fuorvianti e impediranno e condanneranno attacchi e intimidazioni”.

mercoledì 6 gennaio 2021

Rotta balcanica - Campo in Bosnia, distrutto da un incendio, mille migranti cercano di sopravvivere al gelo e tornano con le braccia rotte dai tentativi di superare il confine con al Croazia.

La Repubblica

Tra i miserabili di Lipa: “Perché l’Europa ci lascia morire così?”
“Chi passa la frontiera torna con le braccia rotte”. Vogliono raggiungere l’Italia e la Germania. Il viaggio, lungo la rotta balcanica, costa 1.400 euro. Lo chiamano “The Game”. Ma non c’è niente di divertente

LIPA (Bosnia) - Si cammina nel fango, che arriva alle caviglie e più su. Avanza uno giovane, dice "Vedi, ma'am, in che condizioni viviamo. E cosa fa l'Europa per noi? Ci lascia morire così?". Dopo lui ne arriva un altro, e poi un gruppetto di uomini giovani e per lo più stracciati, e tra questi uno con il giubbetto targato Rugby Brescia, è molto fiero della sua tuta sporca e dice "Italy, portami in Italy, ti prego signora, mettimi nel bagagliaio della tua macchina, fammi passare il confine". E questi sono i miserabili del campo di Lipa, un posto dove sopravvivono circa mille persone, ché vita questa non è, forse non lo era neanche prima.


Il 23 dicembre è andato a fuoco, e se anche il fuoco lo hanno appiccato questi stessi profughi, il posto non meritava altro, visto che non c'erano acqua né luce, era una tendopoli costruita in fretta su questo altopiano gelato, trenta chilometri da Bihac, 60 dal confine con la Croazia, cioè l'Europa, cioè noi.
[...]
Il viaggio verso l'Europa, attraverso Croazia, Slovenia e Italia, qui si chiama the Game, ma non c'è niente da divertirsi. Said Hullah, 20 anni, conciatore: "Ho pagato 1.400 euro, ma solo perché alcuni pezzi li faccio a piedi". È un viaggio garantito, paghi la cifra e ci provi "again and again", finché non arrivi "in Trst", Trieste, una parola che qui suona magica come "Udin", Udine. In quei 1.400 euro non è compreso il prezzo del kit di sopravvivenza - 100 euro - cioè "un sacco a pelo, le scarpe, un giaccone. Un po' di cibo", che però finisce quasi subito e si va avanti per chilometri a pancia vuota, bevendo l'acqua che c'è.
[...]
Harun, dipendente dell'ong italiana Ipsia, legata alle Acli, è di Bihac: "Li vediamo tornare con le braccia rotte, picchiati a sangue". Il campo? "Era terribile prima, adesso anche di più". Si brucia quello che si può, del poco scampato all'incendio, i migranti accendono piccoli fuochi con le plastiche che bruciano bene, e si vive nel fumo tossico di questi campeggiatori del fango. A mezzogiorno arriva il furgone della Croce rossa di Bihac, con dei pasti caldi. Alle due del pomeriggio un tir sale su per due chilometri di strada sterrata con un carico di legna, viene preso d'assalto perché legna vuol dire scaldarsi, tirare avanti un po'. Poi, si riprova il Game.
[...]

Brunella Giovara


lunedì 4 gennaio 2021

Iran - Pena di morte - Messo a morte l'ultimo giorno del 2020 Hassan Rezaei - Aveva compiuto un omicidio a 16 anni.

Corriere della Sera
Hassan Rezaei, condannato alla pena capitale per un omicidio commesso quando aveva 16 anni, è stato messo a morte all'alba del 31 dicembre, quando ne aveva raggiunti 28, nella prigione centrale di Rasht. 

Hassan Rezaei

Nel 2020 l'Iran è stato l'unico stato al mondo ad aver eseguito condanne a morte di rei minorenni, in completa violazione delle norme internazionali. Immediate sono state le reazioni delle Nazioni Unite e dell'Unione europea. Secondo Iran Human Rights, dal 2010 in Iran sono stati messi a morte almeno 63 minorenni al momento del reato, quattro dei quali negli scorsi 12 mesi. 

Almeno 80 rei minorenni sono in attesa dell'esecuzione in varie prigioni del paese.

Riccardo Noury

Russia - Alcolismo - Celle per ubriachi - Ripristinato mezzo di repressione di Stalin abolito da 10 anni

La Repubblica
Aumenta l'alcolismo e in Russia tornano le celle per ubriachi
Nate in epoca zarista e diventate mezzo di repressione sotto Stalin, erano abolite dieci anni fa.


"Il nuovo è un vecchio che è stato ben dimenticato", recita un vecchio detto russo. E così, per combattere l'alcolismo che - a detta dei politici - ha raggiunto "vette preoccupanti" in molte parti della Federazione, il Cremlino ha pensato di rispolverare le vytrezviteli, letteralmente "stazioni di disintossicazione". 

Create in epoca zarista e diventate tristemente rinomate sotto Stalin, queste celle dove gli ubriachi prelevati dalle strade venivano rinchiusi finché non smaltivano la sbornia erano state abolite dieci anni fa. Ma per i deputati della Duma che hanno caldeggiato la legge siglata a fine anno da Vladimir Putin ed entrata in vigore il primo gennaio, i "rifugi per ubriachi" sono l'ultima arma nella lotta all'alcolismo. 

Circa 50mila russi continuano a morire ogni anno per il troppo bere, fino a 10mila per ipotermia dopo essersi accasciati all'aperto per la sbronza. E, se è vero che durante il ventennio di Putin al potere il consumo di alcol è crollato del 40 percento, il 2020 ha visto le vendite di vodka aumentare del 65 percento durante il lockdown.

La prima vytrezvitel fu aperta nel novembre 1902 a Tula, a Sud di Mosca. Finanziata dalla città e equipaggiata da uno staff di paramedici, aveva l'obiettivo di soccorrere i lavoratori congelati per strada e ridurne la mortalità. 

Pochi anni dopo, istituzioni simili erano sorte in quasi tutte le province dell'Impero russo, ma vennero chiuse dopo la Rivoluzione. 
Nell'Unione sovietica la prima "stazione per smaltire la sbornia" apparve nel 1931. Ma sotto Stalin questi rifugi divennero ben presto uno dei tanti mezzi di repressione. Con ordinanza del Commissario del popolo degli affari interni dell'Urss Lavrentij Beria del 1940, i centri medici per la sobrietà furono subordinati alla famigerata Nkvd, la polizia politica segreta responsabile delle purghe. Nel 1974 ci passò una notte pure il dissidente Andrej Sakharov. E non perché avesse alzato il gomito, ma perché aveva avuto l'ardire di partecipare a una manifestazione.

Le stazioni sovietiche fornivano solo due "servizi": una doccia fredda e un letto. Ma costavano quanto una notte in un buon hotel. I detenuti venivano svestiti (perché, sostenevano i medici, "un uomo nudo è più sottomesso"), rianimati con acqua ghiacciata e lasciati a dormire. I più violenti venivano legati alle brandine e talora picchiati. Il cittadino veniva dimesso solo smaltita la sbornia, di regola non prima delle 5 del mattino. Una notifica veniva inviata al datore di lavoro che poteva costare una censura o il licenziamento.

Negli anni di Breznev, l'epoca della zastoj, stagnazione, che i sovietici ribattezzarono zastolje, sbronza, le stazioni erano così parte del "folclore urbano" da essere circondate da un'aura di romanticismo. Ne cantava Vladimir Vysotskij e Georgij Danelija le ricordava nei film Afonja e Maratona di autunno. Ogni anno tra 2,5 e 5 milioni di cittadini finivano in un centro per la sobrietà. Nel 1990 se ne contavano più di 1.200. Crollata l'Urss, il loro numero si dimezzò.

Finché nel 2011 l'allora presidente Dmitrij Medvedev non ne decretò l'abolizione: dagli Interni, l'assistenza agli ubriachi sarebbe dovuta passare alla Sanità. 

In pochi anni, di fronte alla congestione degli ospedali, le autorità di una ventina di regioni sono tornate alla pratica collaudata delle stazioni per ubriachi: più simili a ospedali che a carceri, niente sbarre alle finestre né lucchetti alle porte e pernottamento gratis. Mentre lo Stato ha ripreso a discuterne. E nel 2018 le ha persino riesumate nelle 11 città che ospitavano i Mondiali di calcio.

Ora, in base alla nuova legge, il sistema si baserà su un partenariato pubblico-privato e i "pazienti" dovranno pagare. La tariffa sarà definita su base regionale, ma dovrebbe aggirarsi tra i 1.500 e i 2mila rubli a notte, circa 16-22 euro. Gli agenti di polizia potranno prelevare dalla strada gli ubriachi "incapaci di muoversi o orientarsi" anche senza il loro consenso. "Il principale vantaggio è che nessuno congela", sostiene il primario della clinica "Nezavisimost 24" Aleksej Kazantsev. Ma non mancano i dubbi. 

Molti ricordano i casi di percosse, fino alla morte, e di saccheggio che avvenivano nelle istituzioni prima della loro abolizione. Nel 2010 un giornalista venne ucciso a Tomsk dopo essere stato picchiato da un agente di polizia. Un anno prima un caso simile si verificò a Perm, mentre ad Arzamas una donna fu violentata. "Sappiamo che cosa è successo lì, quali violazioni dei diritti sono state commesse", ricorda la narcologa Ljubov Shishenkova. Pur condividendo le perplessità, per Lev Levinson, capo del Programma di politiche anti-droga dell'Istituto dei diritti umani, si tratta di "un servizio necessario". 

Più pessimista lo psichiatra Pjotr Kamenchenko che, all'inizio della sua carriera di medico negli Anni '80, si trovò a prestare servizio in un vytrezvitel: "Temo che tutto andrà secondo la formula "Volevamo il meglio, ma è andata come sempre"". Come il vecchio che è stato ben dimenticato.

Rosalba Castelletti

domenica 3 gennaio 2021

Open Arms soccorre 265 migranti in mare, sul ponte della nave al freddo con previsioni meteo in peggioramento, chiede un porto dove sbarcare

AGI
Due salvataggi in due giorni per la Ong che ha comunicato come le persone, sul ponte della nave, "attendono, al freddo e con le previsioni meteo in peggioramento"


Sono 265 i migranti complessivamente soccorsi in 48 ore da Open Arms-Emergency: sul ponte della nave "attendono, al freddo e con le previsioni meteo in peggioramento, di poter sbarcare. 

Ribadiamo la necessità - sottolineano le Ong - che l'assegnazione di un porto venga concessa senza ritardi in modo da garantire la tutela dei diritti e della salute dei naufraghi soccorsi così come stabilito dalle Convenzioni internazionali e dalla nostra Costituzione".

Nella mattinata di ieri, dopo essere stata allertata ancora una volta da Alarm Phone, la Open Arms, con personale di Emergency, ha soccorso altre 96 persone - in prevalenza eritree - che viaggiavano su una barca di legno alla deriva e che si sono aggiunte alle 169 già a bordo.

Partite da Zuwarah il 31 dicembre, "dopo due giorni in mare aperto senza cibo né acqua le 96 persone soccorse (tra cui 2 donne e 17 minori) presentano segni di denutrizione e ipotermia: il personale medico in questo momento sta procedendo a verificarne le condizioni di salute".

USA - Fissata di nuovo l'esecuzione della pena di morte di Lisa Montgomery il 12 gennaio, unica donna nel braccio della morte. Non succedeva da 70 anni.

Ansa
Una Corte d'appello americana ha dato il via libera all'esecuzione di Lisa Montgomery, l'unica donna attualmente nel braccio della morte nel Paese: se l'applicazione della condanna avrà luogo, il 12 gennaio, Montgomery diventerà la prima detenuta in un carcere federale ad essere giustiziata in quasi 70 anni. 


Secondo quanto riportano i media internazionali, l'esecuzione era stata fissata originariamente per il mese scorso, ma era stata sospesa dopo che uno degli avvocati della donna si era ammalato di Covid. 

Il dipartimento di Giustizia aveva poi fissato la nuova data al 12 gennaio, ma i legali della Montgomery avevano argomentato che la data non poteva essere fissata mentre era in vigore una sospensione dell'esecuzione. 

Un giudice di un tribunale minore aveva quindi dato ragione alla difesa, ma ieri tre giudici della Corte d'appello di Washington DC hanno annullato la sua decisione, dando il via libera all'esecuzione. 

I legali della donna hanno già annunciato che presenteranno un'istanza contro la loro decisione.
L'ultima donna ad essere giustiziata dal governo americano è stata Bonnie Heady, morta in una camera a gas nel Missouri nel 1953.

sabato 2 gennaio 2021

In questo anno difficile ... Le buone notizie sui diritti umani 2020

Corriere della Sera
Anche in questo anno orribile che va a chiudersi i movimenti per i diritti umani hanno ottenuto risultati importanti: prigionieri rilasciati dopo aver subito condanne ingiuste, sentenza di morte annullate, provvedimenti liberticidi abrogati e leggi progressiste approvate. 


Le "buone notizie" trovano spesso uno spazio inadeguato, nei mezzi d'informazione, rispetto alla loro importanza nel cambiamento della vita di singole persone e di intere comunità. 

Eppure sono state ben 190 nel 2020. Quella che segue è la selezione, assai difficile, delle migliori, una per mese.

Il 7 gennaio il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha stabilito che gli stati devono tenere in considerazione le violazioni dei diritti umani causate dai cambiamenti climatici quando valutano le domande di asilo.

Il 27 febbraio il parlamento del Colorado (Usa) ha votato definitivamente a favore dell'abolizione della pena di morte.

Il 30 marzo il governo della Sierra Leone ha abolito il decreto che impediva alle ragazze incinte di prendere parte alle lezioni e agli esami, "per non influenzare negativamente le altre alunne".

Il 4 aprile l'avvocato cinese per i diritti umani Wang Quanzhang è stato rimesso in libertà dopo aver trascorso in carcere quattro anni e mezzo per "sovversione dei poteri dello stato".

Il 27 maggio il tribunale di Messina ha condannato a 20 anni di carcere un guineano e due egiziani per aver torturato, picchiato e lasciato morire migranti trattenuti in un centro di detenzione di Zawiya, in Libia.

Il 9 giugno è stato rilasciato Nabil Rajab, uno dei più importanti difensori dei diritti umani del Bahrein. Stava scontando una condanna a cinque anni di carcere, inflittagli nel 2018, per aver criticato via Twitter l'intervento militare dell'Arabia Saudita nello Yemen.

Dopo tre anni passati tra i tribunali francesi, il 7 luglio l'attivista 76enne Martine Landry è stata definitivamente assolta. Nel luglio 2017 aveva accompagnato dall'Italia due minori guineani affinché venissero presi in carico dai servizi sociali francesi.

Il 30 agosto a seguito di una sentenza del Tribunale civile di Roma sono arrivati via aereo, per presentare domanda di protezione internazionale, cinque richiedenti asilo eritrei che l'Italia aveva illegalmente respinto in Libia nel 2009, dopo averli soccorsi in mare con una nave militare.

L'11 settembre un tribunale di Madrid ha condannato l'ex colonnello ed ex viceministro della Difesa di El Salvador Inocente Montano a 133 anni, quattro mesi e cinque giorni di prigione per l'assassinio di sei sacerdoti gesuiti avvenuto nel 1989.

Il 6 ottobre, dopo due anni e mezzo, un tribunale di Barcellona ha assolto dall'accusa di "incitamento a disordini pubblici" Tamara Carrasco, attivista dei Comitati di difesa della repubblica, gruppi della società civile catalana creati dagli attivisti indipendentisti nel 2017.

Il 16 novembre, dopo un'indagine durata sette mesi, il difensore marocchino dei diritti umani Omar Naji è stato assolto da accuse relative alla gestione governativa della risposta alla pandemia da Covid-19.

Il 17 dicembre, accogliendo le richieste di Amnesty International e dei movimenti per i diritti delle donne, il parlamento della Danimarca ha approvato la legge che stabilisce che il sesso senza consenso è stupro.

Riccardo Noury